Agosto 2006
Ven 18 Ago 2006
Appello in favore di Barrett
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Ven 18 Ago 2006
Pilò, “Hopital Général”
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Gio 17 Ago 2006
Christos; Umanità impacchettata, ultima soluzione contro i falsi allunaggi
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Mar 15 Ago 2006
Prima di passare a Bauman, rivedere Foucault
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da MICHEL FOUCAULT a Zygmunt Barman.pdf
[…]Nello scambio, qualcosa si guadagna e qualcosa va irrimediabilmente perduto: questo era il messaggio di Freud. Come “cultura” o “civiltà “, la modernità ha a che fare con la bellezza (“questa cosa inutile che ci aspettiamo la civiltà stimi”), la pulizia (“ogni genere di sporcizia ci sembra incompatibile con la civiltà “) e l’ordine (“ordine è una specie di coazione a ripetere che decide, grazie ad una norma stabilita una volta per tutte, quando, dove e come una cosa debba essere fatta, in modo da evitare esitazione e indugio in tutti i casi simili tra loro“). – [Non solo, ma Nietzsche ha indicato nella genealogia il metodo che permette di individuare i modi in cui i discorsi si generano e scompaiono, senza postulare un ordine necessario o un senso unitario della storia. Foucault dice che ‘ ogni società ha il suo proprio ordine della verità , la sua politica generale della verità : essa accetta cioè determinati discorsi, che fa funzionare come veri]–La bellezza (cioè tutto ciò che produce il piacere sublime dell’armonia e la perfezione della forma), la pulizia e l‘ordine sono acquisizioni non trascurabili a cui certamente non si rinuncia senza dispiacere, dolore, o rimorso. Ma neppure si possono ottenere senza pagare un prezzo elevato. Gli esseri umani non hanno alcuna predisposizione “naturale” a ricercare e preservare la bellezza, a fare le pulizie e ad osservare la routine dell’ordine. (Anche se in qualche occasione sembrano mostrare un tale “impulso“, si tratta sempre di una inclinazione inventata, acquisita e coltivata, il segno più evidente di un processo di incivilimento in atto.)
Mar 15 Ago 2006
Flash.pdf “This exhibition is in some way a contribution to the beauty, the ugliness, the stupidity and the cheerfulness in life”
Lun 14 Ago 2006
Premio Termoli 2006; vuoto a perdere negli archivi
Posted by Antonio Picariello under Comunicazione , manifesti/CriticaNo Comments
Lo scultore Michele Carafa ha ragione da vendere. Sembra che in questi ultimi tempi il Molise, da Campobasso a Termoli, passando per Casacalenda,( dove verrà seppellita Kalenarte) senza minimamente scalfire la tradizione del nulla ( in fatto di arti visive) di Larino, ( il vanto storico vive ormai da generazioni di mutuo ipotecato sulle spalle degli antenati) voglia dimostrare alla sua stessa giovane esperienza amministrativa, (1963) di saper fare molto di più, in fatto di programmazioni culturali e artistiche, che le sue più anziane sorelle regionali figlie di Italia mammona. Quest’anno con il cambiamento politico avvenuto, come ben spiega Carafa, per i fatti di cronaca che ben si conoscono, la nuova amministrazione termolese ha deciso di passare alla storia con una manovra di alta strategia militare: la battaglia di Salamina, ma non quella descritta da Eschilo. Si tratta, invece, di quella tanto amata da Jacovitti nelle sue elaborazioni di elevata intelligenza grafica e di contenuti ( Alonza per la malonza e tutt’intorno salamini podistici, fette animate di cibarie e apine titubanti e ingenue). La Salamina nostrana dice che dopo cinquanta anni di onorata carriera internazionale, il “ Premio Termoli†verrà licenziato senza neanche una comunicazione, un preavviso canonico di otto giorni. Si è deciso di passare alla storia che nel futuro degli annali scriverà più o meno così – Correva l’anno (….) quando lo notaro, constatata la genialità artistica del figliolo Lionardo decise di protocollare un anno sabbatico per la categoria e le confederazioni delle arti e mestieri, abolendo lo affaticante impegno proprio de lu premio della città marinara. Tanto lu Molise molto confina con lu litorale adriatico, chilometri e Kilometri di costa fino a tangere l’altra sponda. Così avvenne, fatto curioso, che destra e sinistra finirono per convergere nello stesso punto onde passa lu meridiano di Greenwich. – Una sommessa domanda: Cosa avranno mai fatto di male gli artisti e la cultura a questa giovane regione per essere trattati a modo di reietti e vagabondi?. Forse è davvero emblematica la rappresentazione revocatrice dell’ invasione dei turchi. E poi dicono che non pensiamo alla cultura straniera….
Dom 13 Ago 2006
Roberto Cotroneo; le strategie del “veccio” per governare il nuovo
Posted by Antonio Picariello under arte/teatroNo Comments
La sinistra e il cinema hanno sempre avuto un rapporto stretto, controverso, e talvolta schizofrenico. Stretto perché dalla seconda metà degli anni 40, con la nascita del neorealismo, il Pci capì assai bene il potere immenso che poteva avere il cinema sugli strati popolari e operai. Un potere pedagogico e qualche volta un potere dottrinale. E questo valeva per il cinema assai più che per la letteratura, che rimaneva una pratica d’élite.
Sul cinema la sinistra ha litigato per cinquant’anni, e sul cinema si sono incontrati e scontrati mondi, e sono stati commessi dei delitti intellettuali consapevoli e talvolta feroci. Attraverso il cinema si sono aperti e saldati nuovi e vecchi conti, si sono lanciati anatemi, si è combattuta una parte di quella guerra fredda culturale su cui ancora ci sarebbe molto da scrivere e da scoprire. Per cui critici come Guido Aristarco, per fare un nome su tutti, erano capaci di ignorare intere parti di cinematografia mondiale, ad esempio quella americana, come se il cinema in America non fosse mai esistito.
Con gli anni, venuti meno i dogmatismi, abbandonata l’idea che il cinema sovietico e dei paesi satelliti, fosse il punto di riferimento più importante per chiunque si avvicinasse all’arte cinematografica, diminuite le ristampe einaudiane (e di Editori Riuniti) delle lezioni di regia di Eisenstein, o degli scritti sul cinema di Bela Balasz, si è proceduto a tutte le riabilitazioni possibili. La prima fu quella di Totò a opera di Goffredo Fofi e Franca Faldini, le ultime, quelle dei b-movie a opera di Marco Giusti, con la collaborazione esterna di Quentin Tarantino.
Il cinema non era più diviso in quello epico e retorico utile alla consapevolezza delle masse, ma era tutto quanto si poteva rileggere in una chiave inedita e diversa, anche quando si trattava di spazzatura, o poco più. Così tra un capolavoro di Truffaut, i Disperati di Sandor di Miklos Jancso e un reazionario Bunuel, trovavi anche il modo di dibattere su Lino Banfi, o rivisitare gli anni dei telefoni bianchi.
Nasceva e si imponeva sempre di più l’intellettuale da cineforum. Che negli anni Settanta, per la mia generazione, era addirittura un tipo fisico, e su cui, con citazioni su citazioni, si sono girati molti film, a cominciare da Nanni Moretti per finire con The Dreamers di Bernardo Bertolucci. La diversità tra il letterato e il cinephile era marcata. C’era una bella differenza tra il tenere in tasca i «Cahiers du Cinéma», e tenere in tasca riviste letterarie come «Paragone», «Nuovi Argomenti» o «Aut Aut». Il cinema era moderno, il cinema era politico, il cinema era denuncia, il cinema era anche scandalo e trasgressione, ed era capace di aprire scenari su cui la letteratura arrancava, se andava bene. E il cinema era «star system» (oggi spesso è solo starlette), mondanità , e dentro questa cornice era soprattutto quell’evento inventato dal fascismo (che capì in anticipo su tutti la forza mediatica dell’ottava arte) che è la Mostra del Cinema di Venezia.
Solo che con gli anni è accaduto qualcosa che forse non era prevedibile. Il cinema è tornato a essere dogmatico, chiuso e conformista. E quello che sta accadendo con la Festa del Cinema di Roma lo spiega assai bene. Ieri, il Corriere della Sera titolava: «Festa del cinema a Roma, i mal di pancia della sinistra». E metteva in evidenza il fatto che molti critici cinematografici, e molti cinephile dei giornali di sinistra come Liberazione e il manifesto, hanno espresso fortissimi dubbi sull’iniziativa romana targata Veltroni-Bettini. In realtà il Corriere della Sera tra i giornali con il «mal di pancia» mette anche l’Unità , ma commettendo un errore. l’Unità non ha mai polemizzato con l’iniziativa di Bettini e di Veltroni, anche se ha pubblicato un articolo dello scrittore Antonio Scurati dove si esprimevano, ma con pacatezza, alcuni dubbi sulle conseguenze che l’iniziativa di Roma porterebbe alla storica Mostra di Venezia. Però è vero che gli altri giornali della sinistra si sono espressi in modo assai più netto e polemico; perché Roma, secondo loro, metterebbe a repentaglio il prestigio e l’importanza della Mostra del Cinema di Venezia.
Tutto questo ha un assunto di fondo. L’iniziativa di Roma sarebbe proprio un’operazione di potere contro Venezia, un’operazione di potere voluta dal sindaco Veltroni, che come tutti sanno, è un appassionato di cinema. Però, il sindaco Veltroni è un uomo di sinistra, ed è di sinistra il senatore Goffredo Bettini, che della nuova Festa del Cinema è il presidente. Magari sono entrambi più di sinistra di Marco Müller. E in questo non c’è nulla di male. Il Corriere, reputa che tutto questo è un affare di famiglia, dentro la sinistra. Ma non è così. Tutto questo ha a che fare con un’altra storia.
Il mondo del cinema è in questo momento il più chiuso e il meno rinnovato che ci sia. Negli anni i critici letterari si sono succeduti, con generazioni che si sono confrontate una con l’altra. Curiosamente erano più moderni i critici che parlavano di letteratura, che i letterati che scrivevano i libri da recensire. Per cui certe volte era più piacevole leggere i recensori che i libri recensiti. Caduta la sacralità della terza pagina, tutta una serie di rigidità , di filologismi inutili, si sono sciolti come neve al sole. Con qualche eccesso, forse. Ma così è stato. Nel cinema è accaduto il contrario. Mentre con molte fatiche, e qualche caduta, il cinema italiano, cercava strade nuove, la critica cinematografica prendeva due direzioni lontanissime. Da un lato un giornalismo di settore che privilegiava lo star system e sostanzialmente il gossip, come un rotocalco esasperato. Dall’altro un mondo assolutamente autoreferenziale, e inaccessibile dove si entra per cooptazione. Insomma, i critici cinematografici sono sempre gli stessi e da troppi anni. E c’è pochissimo spazio dato ai più giovani.
Quando i più giovani trovano questo spazio è perché gli viene concesso dai senatori della critica, che preparano la loro successione scegliendo i delfini che dovranno un giorno, assai lontano, sostituirli. Tutto questo però dimenticando un piccolo dettaglio, che dettaglio non è. Le direzioni dei giornali, non tutte ma la maggior parte, hanno una spiccata antipatia per il cinephile, e una grande simpatia per quelli che fingono di scrivere di cinema ma fanno gossip, nel segno dello spettacolo. Come tutti sanno, il gossip fa vendere copie. Quindi alla fine i critici non vengono sostituiti, o vengono sostituiti con figure a cui viene dato poco spazio, e scarsa autorevolezza.
Risultato finale: sono più moderni, più spregiudicati gli accademici dei Lincei di certi critica cinematografica. Diventata di un conservatorismo sorprendente. Per questo la storia della Festa del cinema di Roma non va giù a nessuno. Come è possibile che fuori dal Lido possa accadere qualcosa? Quel Lido dove i critici sono riveriti, coccolati e incensati come delle star d’altri tempi?
Però ormai è il cinema a essere il protagonista di questi anni. E a Roma hanno visto giusto. Di Festival del Cinema è pieno il mondo. E gli eventi culturali non sono come due panetterie aperte sulla stessa strada che si fanno concorrenza a vicenda. Ma più idee ed eventi ci sono, e più si spera di trasformare questa Italia in qualcosa di meglio di un paese culturalmente marginale e ininfluente, come da un decennio a questa parte è diventato.
Ma per i mandarini della critica cinematografica questo conta poco; contano molto di più vecchi schematismi che non rendono giustizia a uomini intelligenti come Müller. Conta il fatto che i mal di pancia sarebbe meglio farseli passare. Soprattutto a sinistra. Venezia, se è Venezia come tutti pensiamo, saprà difendersi da sola. Se non ci riuscirà vorrà dire che qualcosa già non funzionava. Forse ci vorrebbe un Bersani anche per la cultura italiana, che sia cinema o editoria. Proprio questa dogmatica e baronale cultura italiana che, sorprendentemente, diventa sempre più il peggior ostacolo alla vera modernizzazione di questo paese, una modernizzazione su cui Prodi e i suoi hanno appena iniziato a lavorare. Ma questo è un altro capitolo sulle contraddizioni di questi anni, ancora tutto da scrivere.
Dom 13 Ago 2006
Sauti za Busara – l’arte della danza e della musica
Posted by Antonio Picariello under arte/teatroNo Comments
Sab 12 Ago 2006
“RETE ATELIER MOLISE” a cura di Luigi Mastrangelo
Posted by Antonio Picariello under arte/teatro , ComunicazioneNo Comments
Ven 11 Ago 2006
Pilò, le anime del purgatorio
Posted by Antonio Picariello under arte/teatro , manifesti/CriticaNo Comments