Parc du Colosse : Du Bollywood qui fait désordre
Les membres de l’association cultuelle Pandialee du Colosse voient d’un mauvais Å“il le tournage des scènes du court-métrage bollywoodien prévu ce week-end dans la cour du temple. “On ne mélange pas le culturel et le sacréâ€, dénonçant ainsi l’accord passé à leur insu par le président Carlsen Dobi et la société métropolitaine “Cartel Productionâ€, via le sénateur-maire de Saint-André Jean-Paul Virapoullé.
Ottobre 2006
Lun 30 Ott 2006
Ven 27 Ott 2006
Amedeo Trivisonno, polittico cercasi – anno 1941
Posted by Antonio Picariello under arte/teatro , ComunicazioneNo Comments
Mar 24 Ott 2006
Lun 23 Ott 2006
Donato D’Onofrio, immagini di salute mentale
Posted by Antonio Picariello under arte/teatro , FotografiaNo Comments
Ven 20 Ott 2006
Gio 19 Ott 2006
i ragazzi di calabria
Posted by Antonio Picariello under Comunicazione , manifesti/CriticaNo Comments
Mar 17 Ott 2006
la cura mestruale dell’arte e della critica
Posted by Antonio Picariello under ComunicazioneNo Comments
ciao giuseppe
come va?
è tanto che non ci si vede lo so
ho letto la lettera una bella sfuriata
sei arrivato ai ferri corti a quanto pare
comunque ho letto sia l’editoriale che il tuo testo
e francamente
(naturalmente visto dall’esterno per così dire e da
tanto che non ci si
sente)
m’è sembrato esagerato quando nel tuo sfogo sei quasi
giunto
all’invettiva
cmq il carattere di Bertozzi è quello e te lo sapevi
però devo dire che il tuo testo è ben articolato
ed è una gran bella critica dell’INIsmo
tuttavia devo dire che uno si può mettere a fare
l’interpretazione
critica di una cosa magari seguendo un altro filone
del pensiero
nel senso che magari nell’inismo uno ci può ravvisare
una strada che
viene proprio da quello che è etichettato come
irrazionale fantastico
visionario e anche mistico, chi ti dice che non vi è
contemplazione nel
visionario
cmq se devo dirti il vero preferisco più il tuo
approccio
come dire di ragione
piuttosto che far intendere l’inismo da una critica che
verte sui temi
di prima e può scadere per fascino accentuato
nell’esoterismo e in
quelle cose così
ripeto
a prima vista l’editoriale mette solo che tra te e
diciamo l’inista
bertozzi c’è una divergenza di opinione, ma no di
stima
non mi sembrava una stroncatura
poi i fatti vostri li sapete voi
insomma non vedo gabriele proprio da quell’anno del
convegno
più o meno come per te
quindi sto abbastanza distante per vederla in una
prospettiva serena
ho riposto perché la lettera è pubblica e rivolta
anche agli inisti ed
io anche se in maniera un poco distratta sono stato nel
movimento
oh in quel librone c’è solo un mio quadro e manco la
citazione
nell’editoriale!!!!!!!!!!!!!!
cmq a te
tutto a posto il resto?
ciao potrei dilungarmi anche su cose strettamente
legate a come io ho
inteso l’inismo e su alcuni punti non mi sembra di
vederla come la vedi
tu però visto che in questo periodo a tutto penso
forché l’arte
movimento o avanguardia che sia appunto non mi dilungo
oh cmq è tranquillo!
ciao
se rispondesse bertozzi mandami la risposta
la metto insieme alla tua su un foglio per un lavoro
gratuito e
artistico, lo chiamo: bagarre
con un po di segni ma niente alfabeto fonetico
internazionale!!!
ciao
marco
Caro Marco
Ognuno ha il carattere che si merita e lo fa venir
fuori al momento opportuno, e, a tal proposito, a te
giovane amico, t’invio le “10 p” che dovrebbe tener
conto colui che sente impellente di doversi
abbandonare all’azione:
prima
pensa
poi
parla
perché
parole
ponderate
poco
producono
pena.
Chi ha ricevuto quella mia e-mail è stato più volte
avvertito, che non gli avrei più fatto alcuno sconto.
Passo ora a dirti alcune cose che pongono problemi e
vogliono chiarire alcune cose, a te, a quanto pare
semi-inista, o ancora in prova?
Purtroppo un mistico non è un visionario come un
visionario non è un mistico, se qualcuno dei due lo
fosse lo dichiarerebbe e sarebbe segnato dal termine
mistico-visionario. Rimbaud non era un mistico, la sua
visionarietà scaturiva dalla rivoluzione dei sensi,
dall’essere un angelo senza ali che scende nel mondo e
racconta ciò che sente; questo non è misticismo, sono
cose differenti, come ad esempio tu ti chiami Marco ed
io Giuseppe.
L’irrazionale, il fantastico, purtroppo, si avvalgono
di mondi simbolici, o metafore, o tropi ecc. che
cozzano col segno, col fonema, con l’organizzazione
linguistica di una lingua universale. Se non si
capisce questo, il movimento diventa un coacervo di
“stronzate”, dove ognuno dice ciò che vuole e allora a
che serva la critica? Noi abbiamo già affermato che vi
è una evoluzione della struttura linguistica, questa
organizzazione e connotazione di azioni attraverso cui
comunichiamo, che modifica il linguaggio e fa
osservare lo stesso atto da differenti punti di vista.
Ma questo non basta all’artista creatore, ché vuole
che la sua lingua sia universale, cioè sia
riconosciuta da tutti! Molti di loro li vedi intenti a
cercare e trovare nuove forme o strumenti di racconto,
affermando, ad esempio, che tutto il mondo oggi è
diventato informazione; altri li vedi sempre pronti a
chiarire a se stesso e agli altri perché il mondo
della comunicazione è finito; altri cercano di
mostrare agli altri in che modo un sentire è,
attualmente, traducibile e viene trasmesso in una
struttura organizzata; e sono altri ancora che
desiderano far comprendere con le loro opere come la
storia diventa paradigma [organizzazione di una
relazione relativa ad una interpretazione da un punto
di vista di uno spazio-tempo limitato], e pertanto,
sia il mistico, che il logico che l’irrazionale
confluiscono nei segni del mondo, e, per il critico,
vanno distinti ponendo dei punti di vista; e, poi,
tutti insieme oggi creano una infinita varietà di
sentire attraverso le “strutture logiche del logos”.
Siamo entrati nel mondo dell’informazione, ma a molti
non è giunta tale notizia, pertanto, l’irrazionale, il
fantastico, il visionario, ecc. sono ancora
strutturati in vecchi racconti dello psichico, (e
questo accade ancora, specie in Italia,) con cui si fa
riferimento ad un vecchio e sdrucito modo di intendere
il simbolico. Questa vecchia interpretazione del mondo
fa riferimento a desideri e ad una sessualità che non
si manifestano più attraverso le vecchie
interpretazioni del passato (Freud), perché si legano
a nuove forme dell’analisi dello psichico (Hillmann, o
dello storico dei simboli Campbell,) o alle nuove
forme dell’organizzazione linguistica (Chomsky,
Minsky, Maturana e Varala ecc.). (Questo per dirti che
ci sono nuove strutture attraverso il raccontiamo il
mondo).
La confusione INIsta, se volesse essere l’arte
dell’ultima forma di linguaggio verbale, dovrebbe
avvenire per fusione, per sinestesia, con la ricerca
del segno che racconta e sintetizza (la struttura di)
un’opera in un segno.
Sappi che parlare è raccontare, raccontare è
riconoscere le azioni e trasmetterle in forme
linguistiche… dal punto di vista del proprio
territorio linguistico (i limiti del mio linguaggio
sono i limiti del mio mondo [Wittgenstein]). Le inie
dovrebbero essere, caro Marco, il segno sintetico di
un evento, che viene dal riconoscimento di azioni
attraverso i nostri percorsi linguistico-letterari e
di vita, con espressioni e forme nostre, riconoscibili
da coloro che hanno vissuto la stessa esperienza,
nella Torre di babele della scrittura o della visione,
col racconto e con la giusta interpretazione, mettendo
a posto correttamente i segni e le relazione tra le
immagini. Comunichiamo le relazioni di un’azione che
riusciamo a connettere e ad individuare attraverso il
nostro linguaggio, nell’ambiente a noi prossimo. Il
racconto, col segno del presente, va usato per
chiarire e non per confondere. Va mostrato come si
possono vedere le cose con uno sguardo nuovo, con
nuove relazioni, e solo allora sorge una struttura
nuova d’interpretazione. In questo percorso verso la
novità dov’è l’INIsmo, dov’è il suo sguardo? Malgrado
ciò io ho trovato il racconto di questo movimento, ho
individuato come si esplorano i nuovi linguaggi col
sentire INIsta. Essere liquidati, con un “non sono
d’accordo con molte interpretazioni di Giuseppe Siano”
allora significa, nel gergo amicale, mio caro e
giovane amico, va’ a quel paese, le tue
interpretazioni stanno fuori da ciò che dico io.
Allora io rispondo, col mio sapere rizomatico contro
le arborescenze che hanno fatto mettere delle radici
all’Avanguardia, (all’anarchia, alla rivoluzione, …
che una parola evoca,) con un “NON SECCATEMI” di
“Edith Piaf”, citandolo questa affermazione dal libro
“Rizoma” di Gilles Deleuze. Agli amici, come te,
INIsti ricordo che la chiusura all’avanguardia fu
realizzata anche per l’intervento di un critico,
Lukacs, innanzitutto bollando i surrealisti, che
Breton aveva fatto entrare nel Comintern, e facendoli
mettere alla porta perché da lui accusati di
“sensazionalismo” e di “individualismo
piccolo-borghese”. Le Avanguardie, inoltre, hanno
tutte avute rapporti col progressismo rivoluzionario
di sinistra, lo stesso Futurismo, che, come tu ben
sai, è confluito nel fascismo, ma era fino ai primi
anni del ’20 molto apprezzato dai vertici del
bolscevismo. Comprendere le posizioni “rivoluzionarie”
di un’Avanguardia non è un fatto secondario, anzi fa
comprendere le posizioni dei singoli in che modo sono
sincere o sentite, in che termini sono classificabili
come velleitarie o retoriche, o se sono solo ipocrite
ed opportuniste. Nel loro essere un’Avanguardia c’è la
petizione del loro modo di fare la rivoluzione, di
essere dei rivoluzionari, comunitari e di sinistra.
(C’è chi come Strassoldo afferma che “In realtà , le
avanguardie “storiche” per lo più non avevano alcuna
precisa visione politica, ma solo vaghi umori
antiborghesi, disagi, “ribellioni senza causa”; se
politicizzate, lo erano in modo difficilmente
classificabile in “destra o sinistra”.Autoritarismo o
anarchismo, tendenze totalitarie o libertarie,
decadentismo o progressismo, nero o rosso, erano molto
commisti; come sempre fanno gli opposti estremismi”).
Questo però mette sotto altra luce l’Avanguardia, è
piccineria, neanche un gioco, è una serie di
atteggiamenti che l’artista assume per fare i propri
comodi.
Lascio a te dove porre l’INismo. Secondo te dove si
colloca? Qual è il modo di questo movimento – se ce
n’è uno – di essere organizzato come un’Avanguardia?
Io non ho chiesto alcuna indicazione a nessuno, nel
redigere tutti i miei scritti sul movimento. Mi sono
basato sui documenti, pertanto, la critica ha seguito
questo corso che tu hai appellato “razionale”
Un abbraccio
Tuo Giuseppe
Dom 15 Ott 2006
Ven 13 Ott 2006
Arts libres et filière “alternative”
Utopie : étymologiquement, lieu de nulle part. Art’senik est une utopie réalisée, unique en son genre à la Réunion, fondée sur des principes libertaires etsympathiques, sans dogme, autour d’une maison ouverte aux quatrevents et à tous les artistes qui souhaitent y faire escale,écrire, peindre, sculpter, composer, jouer de la musique ouplus simplement exposer.
Sophy Rotbard en est l’âme, petit bout de femme perdu aubeau milieu d’un atelier anarchique de création permanente,riche de trésors esthétiques et d’innombrablesamitiés. Art’senik vit depuis 1991, date à laquelle onteu lieu les premières actions sur le site de la ravine desSables “qui était à l’époque un parc à cabris”. L’inauguration “officielle” remonte à 1993-1994, avecse souvient Sophy en tirant sur sa clope, “Dom-Tom,Hélène Coré, Sabina Azgarali” et plein d’autresencore. D’emblée le contexte “alternatif” a étéposé par une confrontation des styles et des genresinédite à la Réunion. “Dom-Tom venait dedébarquer à la Réunion, en provenance de Paris,de la zone des banlieues, avec ses détournements de cartons”,du junk art, très urbain. Dom-Tom c’est Dominique Garcia. Ilavait découvert la Réunion par l’intermédiaired’amis à lui, des relations de Raymond Odoz, l’homme au pianomaloya, qui fréquentaient l’appartement des artistesréunionnais de passage à Paris, la mouvance deCarroussel, Lloy Herlich et bien d’autres. Les cartonsdétournés de Dom-Tom contrastaient rudement avec lesstatues de coco d’Hélène Coré, très”roots” au sens propre du terme. “Cette première exposition aété magique”. Sophy Rotbard a des étincellesdans les yeux lorsqu’elle évoque ces moments.
Elle s’est posée à la Réunion, en provenance deMaurice, où elle avait participé aux premièresmanifestations du seggae, avec des groupes comme Ras Natty ou encoreRacine Tatane. Une amie de longue date de feu Kaya, familierd’Art’senik lorsqu’il était de passage à laRéunion – Sophy n’a de cesse de dénoncer son assassinatpar la police mauricienne et d’appeler au boycott de tout ce quitouche à l’Etat mauricien – ou d’Erik Triton, le bluesmanmauricien qui a donné ses premiers concerts sur lascène ouverte du lieu. En un premier temps elle atravaillé à l’expérience culturelle Pinson deSaint-Leu, puis a poursuivi seule son voyage sur les sables de laravine, qui de parc à cabris s’est muée en happeningpermanent. Pour Sophy, le choc culturel, l’histoire d’amour avec lesartistes de la Réunion a débuté par unerencontre avec Anne Cheynet, artiste peintre, dont lacréativité faisait le lien entre cultureréunionnais et culture mauricienne. “Anne qui exposait sestoiles, disait ses poèmes créoles avec Lelou et sonravann”
Pour Sophy, Art’senik ne serait qu’une coquille vide sans lesplasticiens qui lui donnent vie, en dépit du dénuementdu lieu, privé d’électricité depuis toujours.”Les premières soirées, les premières expos ouperformances, elles ont eu lieu à la lumière debougies, ou encore sur des batteries de voiture. Quand lalumière baissait, on faisait tourner le moteur pour rechargerla batterie, alors fatalement, à chaque fois, il y avait unintermède d’obscurité..” Autour d’Art’senik s’estdéveloppée toute une constellation d’artistes,peintres, écrivains, poètes, musiciens, qui vont etviennent, se posent là pour confronter leurs idées,oser des expos que personne n’accepterait ailleurs, et surtout pasles galeries “officielles” et subventionnées. C’est le cas deJoëlle Sommier qui avait exposé “Chaussures” – plusexactement “Pointures et peintures” – une création,explique-t-elle basée sur des semelles des années 70,”c’est le cyclone Hollanda qui les avait exhumées,emportées en mer; et les flots les avaientdéposées sur le rivage. Je les airécupérées, elles correspondaient vraiment auxannées 70, semelles compensées pour pattes d’eph”Peintes, décorées, détournées et mises enscène, chaque chaussure était agrémentéed’un poème de Patricia Poutet.
Plus tard, du 7 au 30 juin 97, il y a eu”Etats de siège pourune image de rêve”. Art’senik transformé en une salled’attente onirique, invitait à l’introspection “sans divanderrière la porte”, mais avec des chaises et sièges,détournés de leur fonction originelle, tel le fauteuil”Pénélope” qui achève de se fondre dans lanature, en compagnie des épouvantails du jardin. Au nombre deshabitués de la maison, des écrivains comme JeanneBrézé, ou encore Isabelle de la Michellerie, qui aimentà venir travailler là , au calme, entouréesd’artefacts insolites, qui ont chacun une histoire à raconter.La case aux merveilles de Sophy a logé bien des voyageurs,nomades de la création artistique parallèle, enprovenance des pays de la zone, pays frères encréation, en dépit des frontières ou despréjugés.
Et puis, il y a encore les musiciens, heureux de trouver sous lesfilaos un lieu où répéter librement, donner desconcerts parallèles, sans être tracassés par tousles à côtés pénibles imposés pardes salles qui se la jouent Olympia des tropiques Pierre Myrthe etTeddy Babet du groupe de maloya electric Gadiamb sont des supportersenthousiastes de ce qui se passe à Art’senik. Tout comme les”Lakistes” dont nous reparlerons ultérieurement. Ils ontdonnés là bien des concerts, lors des premiers kabarsde la ravine des Sables, après des débuts difficilesdans l’ombre des groupes “politiquement corrects” , soutenus par leréseau, “la mafia” précise Pierre, des pros de lakiltir pays. Leur credo, le maloya electric, ils y sont farouchementattachés, refusant les compromissions. Ils déplorent,sans geindre, qu’on veuille leur faire “craser un séga”gnangnan pour passer sur les radios. Faut pas trop leur parler desusines à gaz subventionnée de “Babylone Saint-Leu, del’ODC” ou d’autres machins du même genre. Sous les filaosd’Art’senik la parole est libre, comme la création, et lesartistes attendent du “public” une réponse immédiate,une critique vive, un feeling qui ne soit pas de convention. Ph. Le. C.
Ven 13 Ott 2006
Macolino, Mascia, Giordano. (f.to Bario)