Ottobre 2006


temple-colosse.jpgParc du Colosse : Du Bollywood qui fait désordre
Les membres de l’association cultuelle Pandialee du Colosse voient d’un mauvais œil le tournage des scènes du court-métrage bollywoodien prévu ce week-end dans la cour du temple. “On ne mélange pas le culturel et le sacré”, dénonçant ainsi l’accord passé à leur insu par le président Carlsen Dobi et la société métropolitaine “Cartel Production”, via le sénateur-maire de Saint-André Jean-Paul Virapoullé.

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L'immagine “http://encandescente.home.sapo.pt/fotos/god-speaks-through-bush.gif” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.

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ciao giuseppe

come va?

è tanto che non ci si vede lo so

ho letto la lettera una bella sfuriata

sei arrivato ai ferri corti a quanto pare

comunque ho letto sia l’editoriale che il tuo testo

e francamente

(naturalmente visto dall’esterno per così dire e da

tanto che non ci si

sente)

m’è sembrato esagerato quando nel tuo sfogo sei quasi

giunto

all’invettiva

cmq il carattere di Bertozzi è quello e te lo sapevi

però devo dire che il tuo testo è ben articolato

ed è una gran bella critica dell’INIsmo

tuttavia devo dire che uno si può mettere a fare

l’interpretazione

critica di una cosa magari seguendo un altro filone

del pensiero

nel senso che magari nell’inismo uno ci può ravvisare

una strada che

viene proprio da quello che è etichettato come

irrazionale fantastico

visionario e anche mistico, chi ti dice che non vi è

contemplazione nel

visionario

cmq se devo dirti il vero preferisco più il tuo

approccio

come dire di ragione

piuttosto che far intendere l’inismo da una critica che

verte sui temi

di prima e può scadere per fascino accentuato

nell’esoterismo e in

quelle cose così

ripeto

a prima vista l’editoriale mette solo che tra te e

diciamo l’inista

bertozzi c’è una divergenza di opinione, ma no di

stima

non mi sembrava una stroncatura

poi i fatti vostri li sapete voi

insomma non vedo gabriele proprio da quell’anno del

convegno

più o meno come per te

quindi sto abbastanza distante per vederla in una

prospettiva serena

ho riposto perché la lettera è pubblica e rivolta

anche agli inisti ed

io anche se in maniera un poco distratta sono stato nel

movimento

oh in quel librone c’è solo un mio quadro e manco la

citazione

nell’editoriale!!!!!!!!!!!!!!

cmq a te

tutto a posto il resto?

ciao potrei dilungarmi anche su cose strettamente

legate a come io ho

inteso l’inismo e su alcuni punti non mi sembra di

vederla come la vedi

tu però visto che in questo periodo a tutto penso

forché l’arte

movimento o avanguardia che sia appunto non mi dilungo

oh cmq è tranquillo!

ciao

se rispondesse bertozzi mandami la risposta

la metto insieme alla tua su un foglio per un lavoro

gratuito e

artistico, lo chiamo: bagarre

con un po di segni ma niente alfabeto fonetico

internazionale!!!

ciao

marco

Caro Marco

Ognuno ha il carattere che si merita e lo fa venir

fuori al momento opportuno, e, a tal proposito, a te

giovane amico, t’invio le “10 p” che dovrebbe tener

conto colui che sente impellente di doversi

abbandonare all’azione:

prima

pensa

poi

parla

perché

parole

ponderate

poco

producono

pena.

Chi ha ricevuto quella mia e-mail è stato più volte

avvertito, che non gli avrei più fatto alcuno sconto.

Passo ora a dirti alcune cose che pongono problemi e

vogliono chiarire alcune cose, a te, a quanto pare

semi-inista, o ancora in prova?

Purtroppo un mistico non è un visionario come un

visionario non è un mistico, se qualcuno dei due lo

fosse lo dichiarerebbe e sarebbe segnato dal termine

mistico-visionario. Rimbaud non era un mistico, la sua

visionarietà scaturiva dalla rivoluzione dei sensi,

dall’essere un angelo senza ali che scende nel mondo e

racconta ciò che sente; questo non è misticismo, sono

cose differenti, come ad esempio tu ti chiami Marco ed

io Giuseppe.

L’irrazionale, il fantastico, purtroppo, si avvalgono

di mondi simbolici, o metafore, o tropi ecc. che

cozzano col segno, col fonema, con l’organizzazione

linguistica di una lingua universale. Se non si

capisce questo, il movimento diventa un coacervo di

“stronzate”, dove ognuno dice ciò che vuole e allora a

che serva la critica? Noi abbiamo già affermato che vi

è una evoluzione della struttura linguistica, questa

organizzazione e connotazione di azioni attraverso cui

comunichiamo, che modifica il linguaggio e fa

osservare lo stesso atto da differenti punti di vista.

Ma questo non basta all’artista creatore, ché vuole

che la sua lingua sia universale, cioè sia

riconosciuta da tutti! Molti di loro li vedi intenti a

cercare e trovare nuove forme o strumenti di racconto,

affermando, ad esempio, che tutto il mondo oggi è

diventato informazione; altri li vedi sempre pronti a

chiarire a se stesso e agli altri perché il mondo

della comunicazione è finito; altri cercano di

mostrare agli altri in che modo un sentire è,

attualmente, traducibile e viene trasmesso in una

struttura organizzata; e sono altri ancora che

desiderano far comprendere con le loro opere come la

storia diventa paradigma [organizzazione di una

relazione relativa ad una interpretazione da un punto

di vista di uno spazio-tempo limitato], e pertanto,

sia il mistico, che il logico che l’irrazionale

confluiscono nei segni del mondo, e, per il critico,

vanno distinti ponendo dei punti di vista; e, poi,

tutti insieme oggi creano una infinita varietà di

sentire attraverso le “strutture logiche del logos”.

Siamo entrati nel mondo dell’informazione, ma a molti

non è giunta tale notizia, pertanto, l’irrazionale, il

fantastico, il visionario, ecc. sono ancora

strutturati in vecchi racconti dello psichico, (e

questo accade ancora, specie in Italia,) con cui si fa

riferimento ad un vecchio e sdrucito modo di intendere

il simbolico. Questa vecchia interpretazione del mondo

fa riferimento a desideri e ad una sessualità che non

si manifestano più attraverso le vecchie

interpretazioni del passato (Freud), perché si legano

a nuove forme dell’analisi dello psichico (Hillmann, o

dello storico dei simboli Campbell,) o alle nuove

forme dell’organizzazione linguistica (Chomsky,

Minsky, Maturana e Varala ecc.). (Questo per dirti che

ci sono nuove strutture attraverso il raccontiamo il

mondo).

La confusione INIsta, se volesse essere l’arte

dell’ultima forma di linguaggio verbale, dovrebbe

avvenire per fusione, per sinestesia, con la ricerca

del segno che racconta e sintetizza (la struttura di)

un’opera in un segno.

Sappi che parlare è raccontare, raccontare è

riconoscere le azioni e trasmetterle in forme

linguistiche… dal punto di vista del proprio

territorio linguistico (i limiti del mio linguaggio

sono i limiti del mio mondo [Wittgenstein]). Le inie

dovrebbero essere, caro Marco, il segno sintetico di

un evento, che viene dal riconoscimento di azioni

attraverso i nostri percorsi linguistico-letterari e

di vita, con espressioni e forme nostre, riconoscibili

da coloro che hanno vissuto la stessa esperienza,

nella Torre di babele della scrittura o della visione,

col racconto e con la giusta interpretazione, mettendo

a posto correttamente i segni e le relazione tra le

immagini. Comunichiamo le relazioni di un’azione che

riusciamo a connettere e ad individuare attraverso il

nostro linguaggio, nell’ambiente a noi prossimo. Il

racconto, col segno del presente, va usato per

chiarire e non per confondere. Va mostrato come si

possono vedere le cose con uno sguardo nuovo, con

nuove relazioni, e solo allora sorge una struttura

nuova d’interpretazione. In questo percorso verso la

novità dov’è l’INIsmo, dov’è il suo sguardo? Malgrado

ciò io ho trovato il racconto di questo movimento, ho

individuato come si esplorano i nuovi linguaggi col

sentire INIsta. Essere liquidati, con un “non sono

d’accordo con molte interpretazioni di Giuseppe Siano”

allora significa, nel gergo amicale, mio caro e

giovane amico, va’ a quel paese, le tue

interpretazioni stanno fuori da ciò che dico io.

Allora io rispondo, col mio sapere rizomatico contro

le arborescenze che hanno fatto mettere delle radici

all’Avanguardia, (all’anarchia, alla rivoluzione, …

che una parola evoca,) con un “NON SECCATEMI” di

“Edith Piaf”, citandolo questa affermazione dal libro

“Rizoma” di Gilles Deleuze. Agli amici, come te,

INIsti ricordo che la chiusura all’avanguardia fu

realizzata anche per l’intervento di un critico,

Lukacs, innanzitutto bollando i surrealisti, che

Breton aveva fatto entrare nel Comintern, e facendoli

mettere alla porta perché da lui accusati di

“sensazionalismo” e di “individualismo

piccolo-borghese”. Le Avanguardie, inoltre, hanno

tutte avute rapporti col progressismo rivoluzionario

di sinistra, lo stesso Futurismo, che, come tu ben

sai, è confluito nel fascismo, ma era fino ai primi

anni del ’20 molto apprezzato dai vertici del

bolscevismo. Comprendere le posizioni “rivoluzionarie”

di un’Avanguardia non è un fatto secondario, anzi fa

comprendere le posizioni dei singoli in che modo sono

sincere o sentite, in che termini sono classificabili

come velleitarie o retoriche, o se sono solo ipocrite

ed opportuniste. Nel loro essere un’Avanguardia c’è la

petizione del loro modo di fare la rivoluzione, di

essere dei rivoluzionari, comunitari e di sinistra.

(C’è chi come Strassoldo afferma che “In realtà, le

avanguardie “storiche” per lo più non avevano alcuna

precisa visione politica, ma solo vaghi umori

antiborghesi, disagi, “ribellioni senza causa”; se

politicizzate, lo erano in modo difficilmente

classificabile in “destra o sinistra”.Autoritarismo o

anarchismo, tendenze totalitarie o libertarie,

decadentismo o progressismo, nero o rosso, erano molto

commisti; come sempre fanno gli opposti estremismi”).

Questo però mette sotto altra luce l’Avanguardia, è

piccineria, neanche un gioco, è una serie di

atteggiamenti che l’artista assume per fare i propri

comodi.

Lascio a te dove porre l’INismo. Secondo te dove si

colloca? Qual è il modo di questo movimento – se ce

n’è uno – di essere organizzato come un’Avanguardia?

Io non ho chiesto alcuna indicazione a nessuno, nel

redigere tutti i miei scritti sul movimento. Mi sono

basato sui documenti, pertanto, la critica ha seguito

questo corso che tu hai appellato “razionale”

Un abbraccio

Tuo Giuseppe

raffaele sozio.gifraf sozio.gifraf sozio bott.gifvento da.jpg

Arts libres et filière “alternative”plage_art_senik_03_.jpgplage_art_senik_02_.jpgplage_art_senik_.jpglogo.JPG
Utopie : étymologiquement, lieu de nulle part. Art’senik est une utopie réalisée, unique en son genre àla Réunion, fondée sur des principes libertaires etsympathiques, sans dogme, autour d’une maison ouverte aux quatrevents et à tous les artistes qui souhaitent y faire escale,écrire, peindre, sculpter, composer, jouer de la musique ouplus simplement exposer.

Sophy Rotbard en est l’âme, petit bout de femme perdu aubeau milieu d’un atelier anarchique de création permanente,riche de trésors esthétiques et d’innombrablesamitiés. Art’senik vit depuis 1991, date à laquelle onteu lieu les premières actions sur le site de la ravine desSables “qui était à l’époque un parc àcabris”. L’inauguration “officielle” remonte à 1993-1994, avecse souvient Sophy en tirant sur sa clope, “Dom-Tom,Hélène Coré, Sabina Azgarali” et plein d’autresencore. D’emblée le contexte “alternatif” a étéposé par une confrontation des styles et des genresinédite à la Réunion. “Dom-Tom venait dedébarquer à la Réunion, en provenance de Paris,de la zone des banlieues, avec ses détournements de cartons”,du junk art, très urbain. Dom-Tom c’est Dominique Garcia. Ilavait découvert la Réunion par l’intermédiaired’amis à lui, des relations de Raymond Odoz, l’homme au pianomaloya, qui fréquentaient l’appartement des artistesréunionnais de passage à Paris, la mouvance deCarroussel, Lloy Herlich et bien d’autres. Les cartonsdétournés de Dom-Tom contrastaient rudement avec lesstatues de coco d’Hélène Coré, très”roots” au sens propre du terme. “Cette première exposition aété magique”. Sophy Rotbard a des étincellesdans les yeux lorsqu’elle évoque ces moments.
Elle s’est posée à la Réunion, en provenance deMaurice, où elle avait participé aux premièresmanifestations du seggae, avec des groupes comme Ras Natty ou encoreRacine Tatane. Une amie de longue date de feu Kaya, familierd’Art’senik lorsqu’il était de passage à laRéunion – Sophy n’a de cesse de dénoncer son assassinatpar la police mauricienne et d’appeler au boycott de tout ce quitouche à l’Etat mauricien – ou d’Erik Triton, le bluesmanmauricien qui a donné ses premiers concerts sur lascène ouverte du lieu. En un premier temps elle atravaillé à l’expérience culturelle Pinson deSaint-Leu, puis a poursuivi seule son voyage sur les sables de laravine, qui de parc à cabris s’est muée en happeningpermanent. Pour Sophy, le choc culturel, l’histoire d’amour avec lesartistes de la Réunion a débuté par unerencontre avec Anne Cheynet, artiste peintre, dont lacréativité faisait le lien entre cultureréunionnais et culture mauricienne. “Anne qui exposait sestoiles, disait ses poèmes créoles avec Lelou et sonravann”
Pour Sophy, Art’senik ne serait qu’une coquille vide sans lesplasticiens qui lui donnent vie, en dépit du dénuementdu lieu, privé d’électricité depuis toujours.”Les premières soirées, les premières expos ouperformances, elles ont eu lieu à la lumière debougies, ou encore sur des batteries de voiture. Quand lalumière baissait, on faisait tourner le moteur pour rechargerla batterie, alors fatalement, à chaque fois, il y avait unintermède d’obscurité..” Autour d’Art’senik s’estdéveloppée toute une constellation d’artistes,peintres, écrivains, poètes, musiciens, qui vont etviennent, se posent là pour confronter leurs idées,oser des expos que personne n’accepterait ailleurs, et surtout pasles galeries “officielles” et subventionnées. C’est le cas deJoëlle Sommier qui avait exposé “Chaussures” – plusexactement “Pointures et peintures” – une création,explique-t-elle basée sur des semelles des années 70,”c’est le cyclone Hollanda qui les avait exhumées,emportées en mer; et les flots les avaientdéposées sur le rivage. Je les airécupérées, elles correspondaient vraiment auxannées 70, semelles compensées pour pattes d’eph”Peintes, décorées, détournées et mises enscène, chaque chaussure était agrémentéed’un poème de Patricia Poutet.
Plus tard, du 7 au 30 juin 97, il y a eu”Etats de siège pourune image de rêve”. Art’senik transformé en une salled’attente onirique, invitait à l’introspection “sans divanderrière la porte”, mais avec des chaises et sièges,détournés de leur fonction originelle, tel le fauteuil”Pénélope” qui achève de se fondre dans lanature, en compagnie des épouvantails du jardin. Au nombre deshabitués de la maison, des écrivains comme JeanneBrézé, ou encore Isabelle de la Michellerie, qui aimentà venir travailler là, au calme, entouréesd’artefacts insolites, qui ont chacun une histoire à raconter.La case aux merveilles de Sophy a logé bien des voyageurs,nomades de la création artistique parallèle, enprovenance des pays de la zone, pays frères encréation, en dépit des frontières ou despréjugés.
Et puis, il y a encore les musiciens, heureux de trouver sous lesfilaos un lieu où répéter librement, donner desconcerts parallèles, sans être tracassés par tousles à côtés pénibles imposés pardes salles qui se la jouent Olympia des tropiques Pierre Myrthe etTeddy Babet du groupe de maloya electric Gadiamb sont des supportersenthousiastes de ce qui se passe à Art’senik. Tout comme les”Lakistes” dont nous reparlerons ultérieurement. Ils ontdonnés là bien des concerts, lors des premiers kabarsde la ravine des Sables, après des débuts difficilesdans l’ombre des groupes “politiquement corrects” , soutenus par leréseau, “la mafia” précise Pierre, des pros de lakiltir pays. Leur credo, le maloya electric, ils y sont farouchementattachés, refusant les compromissions. Ils déplorent,sans geindre, qu’on veuille leur faire “craser un séga”gnangnan pour passer sur les radios. Faut pas trop leur parler desusines à gaz subventionnée de “Babylone Saint-Leu, del’ODC” ou d’autres machins du même genre. Sous les filaosd’Art’senik la parole est libre, comme la création, et lesartistes attendent du “public” une réponse immédiate,une critique vive, un feeling qui ne soit pas de convention. Ph. Le. C.

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Macolino, Mascia, Giordano. (f.to Bario)

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