Marzo 2007


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Foto-rossi-landi.jpgL’opera di Ferruccio Rossi-Landi (Milano, 1921 – Trieste, 1985) spazia dalla semiotica alla filosofia del linguaggio, dall’economia politica all’antropologia e alle scienze umane, in un arco temporale che va dagli anni cinquanta alla metà degli anni ottanta. Con il suo lavoro di ricerca, divulgazione e traduzione Rossi-Landi ha favorito il cambiamento della cultura italiana degli anni cinquanta e sessanta, contribuendo alla costituzione dell’attuale scienza dei segni.
L’impegno di promotore culturale è testimoniato dalla partecipazione a numerosi comitati direttivi o redazionali di riviste come “Methodos” (1949-1952), “Occidente” (1955-1956), “Nuova Corrente” (1966-1968), “Dialectical Anthropology” (a partire dal 1975) e “Scienze Umane” (1979-1981), oltre che la fondazione e direzione a proprie spese della rivista “Ideologie” (1967-1972).
Il suo contributo alla conoscenza di ricerche filosofiche e semiotiche che avevano luogo in varie parti del mondo, si coniuga con una spiccata originalità intellettuale. Rossi-Landi è autore di numerose pubblicazioni specialistiche tra cui i libri: Significato, comunicazione e parlare comune (1961), Il linguaggio come lavoro e come mercato (1968), Semiotica e ideologia (1972), la monografia sull’Ideologia (1978) e Metodica filosofica e scienza dei segni (1985). Con grande ricchezza di idee e di proposte teoriche, Rossi-Landi ha assunto punti di vista che sono risultati talvolta in evidente anticipo rispetto al dibattito generale e premonitori della conclusione che sarebbe stata raggiunta successivamente.
Nel 1995, anno in cui ricorre il decennale della scomparsa di Rossi-Landi, le Università di Bologna e di Padova ed il Centro Internazionale di Storia dello Spazio e del Tempo (Cisst) di Brugine hanno promosso due giornate di studio (24 novembre e 6 dicembre) per ricordare la sua personalità scientifica e per approfondire la sua multiforme opera.

Ritratto leggero.jpgquesta che state per vedere è una pubblicazione che ha carattere storico, è di per sé un evento documentante l’opera ritrovata ( per magia) di un grande artista di nome MARCELLO SCARANO. Seguiranno, oltre le informazioni dettagliate, una serie di presentazioni critiche fondamentali al corpo organico della storia dell’arte e delle storia della critica. a.p.

Gentile Dott. A. P.,come promesso, le invio da parte di Antonio Fatica un breve racconto del ritrovamento del “Ritratto di Angela Amicarelli” di Marcello Scarano e le relative immagini.Cordiali saluti Antonio Porpora Anastasio

Marcello Scarano
Siena 1901- Campobasso 1962

Trascorre a Siena l’infanzia e l’adolescenza. Il padre è professore di letteratura italiana, critico letterario, miniaturista e disegnatore. Nel 1918 torna a Campobasso e qui frequenta i corsi di pittura di Nicola Biondi, cominciando a partecipare a mostre. A Pisa frequenta l’università (medicina) che poi abbandona per trasferirsi a Roma nel 1922; qui frequenta gli artisti e i luoghi di ritrovo degli intellettuali. La prima mostra personale è del 1926, a Campobasso, seguita dalla seconda nell’anno successivo. Nell’ambiente artistico campobassano conosce e frequenta Amedeo Trivisonno. A Napoli, dove si trasferisce nel 1928, tiene la terza mostra personale, e, grazie agli artisti molisani Arnaldo De Lisio e Francesco Paolo Diodati, entra nell’ambiente artistico napoletano. Nel 1930 partecipa alla mostra del Sindacato fascista di Belle Arti campano, poi alla stessa in Abruzzo, quindi espone a Firenze. Premi e riconoscimenti diventano sempre più frequenti, e frequenti sono anche le sue partecipazioni ad esposizioni in Italia (Roma, Cremona, Milano, poi ancora Napoli, Francavilla a Mare) e all’estero (Hannover). Nel 1942 è invitato alla XIII Biennale di Venezia.
Un numero considerevole di opere della cospicua produzione dell’artista è rappresentato dai ritratti (e autoritratti) soprattutto familiari (la sorella Silvia in particolare), che coprono il primo ventennio di attività. Altro tema, profondamente caro, è il mondo contadino molisano, sia con i personaggi che con il paesaggio. “Nell’aver tenuto fede al carattere e vien fatto dire, al “sapore” della sua terra, egli ne ha interpretato il significato in una pittura che va considerata di importanza “europea” superando di slancio le suggestioni documentarie e particolaristiche per inserire la sua arte nel vivo del gusto moderno: in tal modo l’artista riesce a cogliere l’aspetto schietto e autentico d’un mondo che sembra sgorgato più dal suo cuore che dall’instancabile pennello”. (Mariani): Dal Piccolo pastore (1925) alla Vallata del Trigno (1923), dal Mietitore (1930) alla Trebbiatura (1935), dal Contadino (1935) alla Raccolta del Grano (1940) con cui ottiene a Cremona il premio speciale “Triennale di Milano” e che mostra all’esposizione di Hannover. Altro filone a lui molto caro è il sacro, affrontato soprattutto nel decennio dal 1930 al 1940, con I Pellegrini, il Mese Mariano. Paesaggi molisani, Campobasso con il castello Monforte, Trivento con la valle del Trigno e i casolari, le Mainarde, Termoli e il mare sono temi ricorrenti in tutto l’arco della sua produzione.

oliver sack.pdfIn questo libro Oliver Sacks abbandona il terreno dei disturbi neurologici per indagare un altro mondo, che generalmente viene ignorato: il mondo dei sordi. Qui, come in altri casi di menomazione, Sacks riesce a scoprire che il meno può anche nascondere un più: per esempio, una capacità acutissima di sviluppare l’esperienza visiva – base, questa, su cui si è formato un affascinante linguaggio visivo, i “Segni”, che permette ai sordi di costituire comunità. Ancora una volta, è l’enorme dono di empatia, in Sacks, a guidare l’indagine, che toccherà alcuni problemi fondamentali del rapporto fra parola, immagine e cervello, ma anche renderà conto di esperienze dirette dell’autore, sino alla sua partecipazione alla rivolta nell’unica università per sordi al mondo, la Gallau-det University, nel marzo 1988. Per questa nuova edizione italiana, Sacks ha scritto una prefazione nella quale delinea la storia dei sordi in Italia, e racconta della sua visita, nel novembre 1990, alla comunità dei sordi e alla scuola di via Nomentana a Roma.
“Tre anni fa non sapevo nulla della condizione dei sordi e non avrei mai immaginato che essa potesse far luce in tanti àmbiti diversi, soprattutto in quello del linguaggio. Poi, e fu una scoperta sorprendente, venni a conoscenza della storia dei sordi e delle straordinarie sfide (linguistiche) che essi devono affrontare; scoprii anche, con meraviglia, che esisteva un linguaggio completamente visivo, i Segni, che si esprimeva in una modalità diversa dalla mia lingua, il parlato. E terribilmente facile dare per scontato il linguaggio, la propria lingua – può occorrere l’impatto con un’altra lingua, o piuttosto con un’altra modalità di linguaggio, per ritrovare la nostra antica meraviglia.

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crat.jpgOs esperamos el 16 de Marzo a partir de las 20:00
See you on March 16th from 20:00
Vi aspettiamo il 16 Marzo a partire dalle 20:00

Sala Caminal
Pallars 172
Barcelona
Emanuela De Notariis
http://www.ema-nu.com

luna05.jpgluna05.jpgluna011.jpgluna01.jpgCari amici,
dal 23 marzo al 9 aprile
parteciperemo a Janana Festival – festival itinerante di primavera
che si svolge in Libano.

Il Janana Festival ha carattere ludico-itinerante, e prevede attività
teatrali e di animazione da presentare nei campi profughi e nelle aree
svantaggiate ed emarginate del Libano, coinvolgendo le comunità
libanesi e palestinesi durante la settimana delle vacanze di primavera.
Un autobus itinerante porterà nei luoghi, arte, clownerie, teatro di
strada, e divertimento.

La peculiarità di questo festival è quella di vedere in scena non solo
gli artisti ma anche i giovani stessi dei campi profughi e delle aree
emarginate in veste di attori e animatori, i quali sapientemente
addrestati nella settimana che precede il festival presenteranno
drammatizzazioni e animazioni elaborate con gli artisti internazionali
giunti lì da diversi paesi.
Il Festival infatti prevede una prima fase di preparazione e
allestimenti scenici,
e una seconsa fase di spettacolazioni itineranti.

Prresenteremo stralci dello spettacolo di teatro di strada “la
Distanza
dalla Luna”
e condurremo un workshop in cui elaboreremo e coordineremo con i
partecipanti una parata che sarà dinamizzata con azioni sceniche e
performance.

Il Janana FestivaI è promosso e organizzato dal centro Al Jana di
Beirut.

con cuore Cam e Jörg – deposito dei segni

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Sabato 17 marzo 2007 alle ore 18.00
s?inaugurerà presso la Galleria Sessantuno
(via XX Settembre, 61 – Palermo)
la mostra
LUCI DEL SUD (Prima dell?estate)
 
con opere di
Sonia Alvarez, Sandro Bracchitta, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Piero Guccione, Giovanni Iudice, Giovanni La Cognata, Salvatore Paolino, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi, Franco Sarnari, Pietro Zuccaro.
 
A venticinque anni dalla sua formazione, quasi una germinazione spontanea, il Gruppo di Scicli è una realtà artistica riconosciuta. Il lavoro di Piero Guccione, Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Franco Polizzi e Franco Sarnari è diventato a livello nazionale portatore di una precisa identità creativa cui negli anni si sono aggiunte le individualità espressive degli altri artisti oggi presentati in mostra.
 
?Creare era ed è possibile anche in quella che economicamente e produttivamente una periferia, ribaltando e respingendo quell?atteggiamento alienante che molto spesso ci porta a dire che il mondo è altrove, che la vita è altrove?.
(Paolo Nifosì)
 
Il fatto che tutto questo sia avvenuto all?interno di una provincia siciliana ne amplifica la portata contenutistica. La Sicilia, il Sud, da sempre considerato come periferia del mondo oggi rilancia la sfida più grossa alla società il saper fare creativo e artistico.
Le opere del Gruppo parlano del reale, sono figurazioni delle campagne iblee, delle città ragusane arroccate dentro le conche e le discese a mare dell?altipiano. Gli artisti del Gruppo di Scicli procedono nella loro ricerca artistica raccontando il mondo in cui vivono, il mare, gli interni di una casa, le chiese barocche del Val di Noto. Paradossalmente partendo dalla prossimità, intesa come fisica e di significato, gli artisti raggiungono l?universalità dell?attuale inteso come bisogno sociale e individuale: la riaffermazione del principio creativo, la germinazione spontanea.

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CANOVACCIO DELLA COMUNICAZIONE TENUTA DA ERNESTO SAQUELLA, Il 6 MARZO 2007, PRESSO L’OPEN SPACE DE “IL SORBETTO” AD ORATINO.
 
L’ultima mostra antologica in cui fu possibile vedere riunite un numero significativo di opere del Maestro Marcello Scarano risale ad una quindicina d’anni fa. Mostra che fu allestita, su pannelli mobili, all’interno delle stanze del Convitto Nazionale Mario Pagano di Campobasso. Pertanto i diciottenni di oggi, magari neo diplomati del locale liceo artistico molto difficilmente avranno avuto occasione di vederne direttamente una raccolta. È stata questa la principale – ma non l’unica – ragione che ci ha spinti ad organizzare nell’Open Space del Sorbetto di Oratino un piccolo omaggio all’assoluto genio di Marcello Scarano. Tanto piccolo e limitato omaggio, quanto significativo per le implicazioni e gli interrogativi che solleva alla coscienza dei molisani tutti.
Per quanti tra voi sono qui per la prima volta è doveroso ricordare che le attività espositive de “IL SORBETTO” sono iniziate nel 2005, quasi contemporaneamente all’apertura del locale. Il proprietario Antonio Fatica ha messo a disposizione la struttura affidando – sin da subito – la direzione artistica al Maestro Antonio Porpora Anastasio: un connubio vincente. Nel tempo altre energie sono confluite sul progetto che ha visto, per quel che riguarda le arti visive, una interessante successione di mostre che dal 2005 terminerà alla fine dell’anno in corso: Michele Gammieri, Ernesto Saquella, Mario Serra, Michelangelo Janigro, Gino Fiorucci, Marcello Scarano, Vincenzo Mascia, Gabriele Fanelli, Elio Cavone. Questa è solo una prima successione, perché negli anni a venire ci sarà spazio per tutti gli artisti molisani, professionisti e non, che vorranno umilmente partecipare per essere parte attiva d’un progetto di lungo respiro. Lo si è fatto in tono dimesso, quasi sotto voce, lasciando parlare le opere esposte… 
I luoghi in cui si può “incontrare la cultura”, passatemi quest’espressione che pur stressando il concetto però lo rende con grande immediatezza, non possono essere statuiti per decreto legge. Non si può decidere a tavolino se un luogo sarà una galleria d’arte ed è parimenti folle attaccare un’insegna su cui si statuisce che quello spazio sarà – da quel momento in poi – un caffè letterario! Invece, proprio in questa accogliente gelateria d’Oratino si susseguono presentazioni, serate a tema musicale, incontri con fotografi e molte altre occasioni di confronto. Ma, SOPRATTUTTO, questa gelateria è diventato il luogo in cui è possibile incontrare molti degli artisti molisani – e non – :  scultori, pittori, fotografi, musicisti, scrittori e poeti. Tutto ciò è accaduto progressivamente, gradualmente e naturalmente, per inclusione e mai per esclusione. Per il piacere di discutere e di confrontare le proprie idee con quanti sono portatori d’idee anche molto diverse dalle nostre. Per il circolo virtuoso che Antonio Fatica, nostro anfitrione, ha saputo alimentare e generare con un atto di generosità: vulgo, assumendosi l’intero onere delle spese vive e rimettendo la direzione artistica nelle mani d’un professionista indiscusso: Antonio Porpora Anastasio che è il direttore artistico, ANCHE, del festival internazionale di musica di Ravello. C’è poi stata una progressiva, entusiastica e significativa adesione dei tanti che hanno collaborato fattivamente e senza alcun tipo di “ritorno d’immagine” personale, come s’usa dire oggi…
Questa lunga premessa era necessaria per comprendere perché HIC ET NUNC, qui ed ora, ancora meglio SOLO QUI ED ORA, sono state rese nuovamente disponibili alla visione del pubblico un certo numero di opere di Marcello Scarano. Non è un caso.
Dopo aver letto la locandina della mostra un giovane mi ha posto questa “semplice” domanda: ma perché Marcello Scarano è così poco presente nelle attività espositive ufficiali degli Enti Locali?
Domanda diretta e quesito ineludibile, a cui non intendo sottrarmi. Ho risposto ricordando che Marcello Scarano è Morto nel 1962 ed è quindi impossibile che possa essere tra quanti continuamente bussano alle porte dei vari assessori, sindaci e presidenti degli enti locali. Chi è vivo, pur se mediocre e forse proprio per questa ragione, riesce ad avere udienza, attenzione e talvolta riceve finanziamenti per poter realizzare, magari financo con cadenza annuale, tutta una serie di eventi marginali, ridicoli e per certi versi dannosi. Paradossale? Assurdo? Fantascientifico? Indubbiamente si, ma è ciò che si verifica nella nostra amatissima regione Molise.
Questa è stata la seconda ragione per cui abbiamo voluto, fortissimamente voluto, realizzare un omaggio a Marcello Scarano. Gli addetti ai lavori ed i collezionisti d’arte hanno di certo contezza delle scale di valori ed è pertanto inutile rivolgerci a loro, ovvero a chi ha già un sufficiente livello di conoscenza. Invece abbiamo reputato che fosse utile porre la questione al centro di un più ampio ed articolato dibattito culturale, per rompere il silenzio assordante, per avvicinare i giovani all’opera di un genio della pittura italiana della prima metà del XX secolo. Un pittore che può essere considerato, a tutti gli effetti, un esponente della Scuola Romana. Quella di Scipione e Mafai, tanto per intenderci.
à (citare lettera di Giulio Carlo Argan) ß
Chi vi parla è un artista professionista quasi cinquantenne che vive a Campobasso e tiene studio della borgata di S. Stefano. Quindi non un critico e tanto meno uno storico dell’arte. Il mio contributo dovrà, pertanto, limitarsi a testimoniare li valore che l’opera di Marcello Scarano ha avuto sull’evoluzione mia e della mia generazione. Su tutta una generazione di creativi, a prescindere dai mezzi che hanno poi scelto per esprimere la loro arte.
In tal senso vorrei evidenziare la presenza di un’altra figura che giganteggia nella storia dell’arte e della cultura della prima metà del XX secolo: lo scultore Antonio Venditti. Scarano e Venditti sono i giganti sulle cui spalle possono trovare posto quanti vogliono, umilmente e proficuamente, continuare a lavorare nel solco di una Tradizione molisana. Si, siamo nani sulle spalle di giganti ed è solo grazie a questi ultimi che possiamo vedere ben più lontano…  L’ultima – LA SOLA? – grande mostra realizzata per Venditti risale al 1984 e fu organizzata grazie alla sensibilità dell’allora assessore alla cultura del Comune di Campobasso, Adalberto Cufari. Poi scende un silenzio totale. Non intendiamo polemizzare con quanti, in perfetta buona fede e ritenendo di fare cosa giusta, hanno canalizzato energie e risorse finanziarie su altri esponenti del variegato mondo delle arti visive molisane: l’accademico Trivisonno ed i tanti viventi che hanno sfornato mostre e cataloghi a cadenze imbarazzanti. Non solo, perché alcuni dei “viventi” hanno ritenuto, bontà loro, d’improvvisarsi storici e critici d’arte, essi stessi organizzatori di rassegne periodiche, d’improbabili e risibili eventi auto-referenziali. Occorre evidenziare che tutto ciò non sarebbe potuto accadere in un contesto diverso con un diverso sistema di contrappesi, dove gli Enti non finanziano, indifferentemente, la mostra di Venditti o Scarano, da una parte, e dall’altra quelle proposte da qualche hobbista della domenica o dall’associazione culturale presieduta da benemeriti dopolavoristi. 
Cosa rispondere se qualcuno tra i presenti, oggi, dovesse chiederci a chi attribuiamo la responsabilità d’una tale situazione di mediocrità diffusa? Ribalto a voi l’interrogativo. È più colpevole chi entra in un assessorato proclamando d’essere Napoleone Bonaparte redivivo o chi l’accoglie con un: “prego Imperatore, s’accomodi pure, siamo a sua disposizione”?
Riproporre le opere di Marcello Scarano equivale a lanciare un guanto di sfida verso un sistema che s’è avvitato su se stesso, che s’è avvitato sulla mediocrità e sull’auto-referenzialità. Dobbiamo uscire fuori da questa strisciante sindrome della riserva indiana della molisanità. Dobbiamo avere il coraggio di chiedere e favorire la riflessione critica di chi è terzo rispetto a noi. Di prendere atto delle valutazioni, di farne tesoro per decidere chi e cosa sia meritevole d’attenzione e, qualora sia possibile, dei finanziamenti delle pubbliche amministrazioni.          
 La vita ed il Magistero artistico di Marcello Scarano sono stati per me e per quelli della mia generazione un esempio vivo e vitale di come si possa produrre cultura anche decidendo di restare in un contesto che apparentemente può essere definito marginale. Di certo marginale era il Molise degli anni quaranta, cinquanta e sessanta, ma Scarano ha dimostrato che un professionista poteva vivere qui e produrre opere che stessero quanto meno al pari con quanto si produceva allora in Italia. Scarano ci ha lasciato un tesoro immenso, migliaia di quadri affidati alle mani d’un numero molto alto di collezionisti. Anche in questo possiamo cogliere una lezione che giriamo” – pari pari – alle nuove generazioni di artisti: lavorare da professionisti, dedicare la propria vita unicamente all’arte. Quindi affrontare il primo, ineludibile, vaglio generato dal mercato, dai collezionisti. Perché un artista produce per un pubblico reale, in carne ed ossa, e non solo per qualche circuito alternativo di associazioni culturali, di spazi pubblici e di riviste specializzate.  
Un grande Maestro del primo ‘900, Klee, amava ricordare ai suoi allievi che un albero isolato è difficilmente valutabile; solo all’interno d’una foresta saremo in grado di stabilire se è un albero alto o basso, a chioma folta ecc. ecc. Fuor di metafora credo fermamente che sia necessaria tutta una pluralità di presenze e di azioni e che pertanto anche le associazioni culturali di  professionisti e non siano parimenti utili. Lo affermo sinceramente e senza alcuna vena ironica. Ma, allo stesso tempo, voglio affermare con altrettanta fermezza che quando gli hobbysti ed i dopolavoristi prendono il sopravvento ed addirittura sono messi nella condizione di poter gestire le cose dell’arte, di pontificare sul valore degli artisti… ebbene allora la misura è colma. Anche chi è rimasto per decenni in silenzio sente il dovere etico e morale di testimoniare che le cose non stanno così.   
 Che esiste un’altra visione ed un’altra pratica dell’arte. Che anche nel piccolo Molise si può vivere unicamente della propria arte. Esistono artisti professionisti del calibro dello scultore GABRIELE FANELLI che possono essere considerati i degni eredi di Antonio Venditti. Così come MICHELE GAMMIERI, MARIO SERRA, MICHELANGELO JANIGRO e PAOLO CARDONE possono essere considerati i degni continuatori di Marcello Scarano. Osservate con attenzione i paesaggi ed i ritratti che oggi sono esposti qui, intorno a voi. Non sono paesaggi e ritratti accademici ma, bensì, paesaggi e ritratti dell’anima… luoghi ed abitanti d’una terra elettiva che ritroverete – seppur mutati ed attualizzati – nelle tele e nelle fotografie degli artisti appena citati.     
 Dalla Buona Terra di Oratino, sei marzo duemilasette.

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