Aprile 2007


persone190x253.jpgldvespa1.jpgcalabr.jpg49796.jpgbettini calabrese.jpg20030516t.jpgBETTINI_bizzaramente0.gifFirenze 1949. Laurea in Storia della lingua italiana a Firenze (1971).
Borsista (1972-74), poi contrattista (1974-78), poi professore
incaricato di Semiotica delle Arti all’Università di Bologna (1979-3) e
infine associato (1983-1992). Trasferimento a Siena nel 1993.

 

Ha insegnato nelle maggiori università del mondo: Yale (1983), Zurigo
(1984), Ecole des Hautes Etudes di Parigi (1986), Amsterdam (1986),
Freieuniversitat Berlino (1987), Buenos Aires (1987), Bilbao (1988),
Aarhus, Den. (1988), Anversa (1989), Barcellona (1990), Bogotà (1996),
Merida, Ven. (1998), Helsinki (1998).

E’ stato redattore di riviste scientifiche: “Casabella” (1976-80),
“Versus” (1974-98), “Alfabeta” (1980-90), “Visio” (1997-98), “Estudios
semioticos” (1987-98), “Zeitschrift fu Semiotik” (1996-98). Dirige
“Carte semiotiche”. E’ stato prima vicepresidente e poi presidente
dell’Associazione Italiana Studi Semiotici.

Principali pubblicazioni: Il linguaggio dell’Arte (Bompiani 1985),
tradotto in quattro lingue; La macchina della pittura (Laterza 1985);
L’età neobarocca (Laterza 1987), tradotto in sei lingue; Mille di questi
anni (Laterza 1992); Il Telegiornale: istruzioni per l’uso (Laterza
1996).  **************

Intervista al prof. Omar Calabrese, critico ed esperto della comunicazione, curatore di mostre e esposizioni, gia rettore del complesso museale Santa Maria della Scala di Siena.
Quali sono le sue indicazioni su come comunicare la cultura?
Bisogna smettere di pensare che la comunicazione sia il supporto di qualcos’altro. Viceversa è l’elemento costitutivo del progetto. Non si può comunicare nulla se manca una sostanza comunicabile. Comunicare la cultura non significa fare pubblicità della cultura ma è piuttosto la buona forma da dare per i buoni progetti culturali.
Il mio consiglio è quello di inventarsi dei buoni progetti culturali che siano: collegati al territorio, che posseggano un tasso di innovazione discreto e che siano immaginati non come eventi o occasioni singole ma come sistema.
Così come nell’editoria un editore è riconoscibile per un tratto culturale, anche un Comune deve essere riconoscibile in quanto editore di eventi culturali.
Qual è l’importanza dell’identità?
Quando si parla di identità non bisogna riferirsi soltanto alla dimensione storica. Occorre avere le antenne alzate per capire ciò che si muove nel territorio: che tipo di produttività esiste, anche rispetto alla dimensione contemporanea. L’identità può infatti derivare dalla tradizione ma può anche essere costruita ex novo. Ogni territorio possiede una biografia, come le persone, se questa biografia vive un momento di “calo” si possono immaginare cambiamenti radicali di innovazione totale costruendo una “carta d’identità” ad hoc.
Il concetto di identità inoltre può essere tematico (di contenuto) o formale: ad esempio i modi in cui si organizzano mostre, concerti o eventi. In ogni caso, il riferimento identitario è fondamentale e vale per qualsiasi tipo di impresa e quindi anche per i Comuni che sono delle “imprese sociali”.
Avere una forte identità permette infine anche di risparmiare le risorse: la quarta edizione di un festival, ad esempio, avrà bisogno di un quarto delle risorse che servono per pubblicizzare la prima edizione, grazie alla creazione di un sistema di fidelizzazione.
Per comprendere il valore del tratto identitario basti pensare al “caso Schwarzenegger”: che è stato rieletto in California perché, pur essendo un repubblicano ha portato avanti una politica sui diritti civili che corrisponde all’identità californiana.
Cosa significa “fare sistema”?
Si tratta di un aspetto correlato al discorso sull’identità. Fare sistema significa valorizzare o produrre un identità e su questo far convergere settori apparentemente diversi fra loro. In particolare, il sistema della cultura è anche sistema delle imprese, economico, scolastico e della protezione sociale. Le imprese culturali possono seguire o anche pilotare il sistema. Ad esempio a Siena, grazie a una maggiore organizzazione degli eventi si è riusciti ad attivare il turismo invernale: la mostra su Duccio da Buoninsegna è stato un incentivo alle attività di alberghi e ristoranti.
C’è stata una discontinuità nell’organizzazione delle mostre rispetto al passato?
Si, e purtroppo non in positivo. Assistiamo al lancio di mostre spettacolo con grandi nomi, grandi capolavori e sempre meno alla realizzazione di mostre di ricerca. E’ questo un aspetto quasi televisivo: anche nell’ambito dell’arte e della cultura è stato introdotto il sistema del divismo. Si tratta di esposizioni apparentemente molto produttive, penso al caso della mostra dei Gonzaga a Mantova che ha richiamato oltre 500.000 visitatori, ma cosa succede dopo? L’elenco dei grandi nomi si esaurisce: hai fatto spettacolo ma non hai prodotto nulla dal punto di vista pedagogico, della ricerca e dell’innovazione. Il pubblico di massa viene assorbito ma si tratta di un filone dalla durata limitata. Sono viceversa necessarie politiche culturali più ardite. La sfida è di far arrivare pubblico a quello che il pubblico ancora non conosce. Le istituzioni pubbliche devono creare il pubblico di domani, non il successo di oggi.
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 Voi non siete qui
Geografie reali, geografie immaginarie
“Per quanto fantastico, il territorio su cui si svolge una narrazione ha un’esistenza non dissimile da quella di un territorio vero. E infatti qualsiasi mappa, anche quella di un territorio reale, è inutile senza un sistema segnaletico a terra: se sa dirmi dove sono è perché io collaboro riconoscendo i segnali a terra.” (Omar Calabrese)
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I sistemi di segnaletica e, latu sensu, le mappe e la topografia, sono quindi essenziali per conoscere davvero ciò che ci circonda. Un mondo reale, o immaginario, può essere conosciuto, riconosciuto, usato, soltanto se i codici interpersonali di riferimento sono attivati o attivabili. Potrò guidare fino a Parigi solo se conosco i segnali del codice della strada e la ‘carta’ di percorso; potrò trovare il tesoro dell’isola solo se saprò leggere la mappa che Stevenson pone a esergo della sua narrazione.

Stesso meccanismo, stesso fascino, stessa seduzione. Per secoli l’uomo si è baloccato su come rendere ‘oggettiva’ e trasmissibile la sua nozione del mondo, mescolando spesso il piano esperenziale con il piano narrativo, la realtà con il sogno, il regno della conoscenza con quello di Utopia.

Hic sunt leones, nelle antiche carte, indicava terre sconosciute e misteriose, luoghi di cui si poteva solo immaginare, territori dove il solo pensar di avventurarsi costituiva pericolo. Nelle stesse terre però, insieme ai leones, stazionavano anche, mescolando i piani, promesse di tesori strabilianti, piante e animali fantastici, popoli sconosciuti, strani e meravigliosi. Il pericolo della realtà diventando così il sogno di Ulisse, la lusinga forte dell’immaginario.

Poteva l’arte resistere ad una tentazione così? Certo che no, ed ecco quindi la pletora di intellettuali, pittori, letterati, fabulatori, astronomi e cartografi che si sono affannati per secoli a immaginare la geografia sotto forma di segni non solo comprensibili ma anche fascinosi, in grado di essere decifrati non solo sul piano della realtà, ma capaci anche di creare universi paralleli altrettanto veri, almeno per chi ad essi può o vuole far riferimento.

Di questa materia (‘materia di sogni’ avrebbe detto Shakespeare) è fatta la mostra che Omar Calabrese e Maurizio Bettini hanno allestito alle Acciaierie di Cortenuova, Bergamo, e che, fino al 24 dicembre, presenta opere di Savinio e De Chirico, Carrà e Mirò, Tadini e Parmiggiani, Paolini, Fabro e compagnia cantando. Opere significative dunque, per qualità e importanza degne di figurare in ogni collezione.

La mostra si innesta in un quadro di riferimento ambizioso: il progetto Estetica dei non luoghi che intende ‘rivitalizzare’ un ‘luogo’ di per sé indifferenziato (un non luogo, appunto, come dalla definizione celebre di Marc Augé!), come un immenso centro commerciale, per restituirgli identità.

Presentando il progetto alla stampa Omar Calabrese ha classificato questa avventura come una sfida, un mettersi in gioco certo non facile né consolatorio. Portare grande arte in un centro commerciale, in mezzo alla campagna e al granturco, tra svincoli autostradali e sentieri poderali, può spostare significativamente l’idea di consumo, ma può anche spostare l’idea sacrale, museale e intirizzita, che troppo spesso si ha dell’arte. Ecco dunque che il non luogo augeriano potrebbe diventare un ‘luogo possibile’, con diramazioni identitarie, di senso e di potenzialità d’uso, ad oggi del tutto sconosciute.

Voi (non) siete qui, a cura di Maurizio Bettini e Omar Calabrese, Acciaierie Arte Contemporanea, Cortenuova, 21 settembre-24 dicembre 2006, catalogo Skirà.

by Umberto Eco, Omar Calabrese

“Here is the entertaining history about the most successful ‘cult-scooter’ Vespa in its 50th anniversary. Not many products reach the goal of a fifty-year-life-span. The 50 years of Vespa are even more striking if one considers the condition and the period in which it came to existence. Many post-war inventions were forgotten when income rose and life standard improved. But Vespa instead, developed from a utility vehicle, into an international success, a ‘cult-object’, which has given rise to the creation of associations and collector’s guilds world-wide. Text by Umberto Eco, Omar Calabrese, Lina Wertmuller, Francois Burkhardt, Maurizio Bertini, and many other celebrities.”

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regia, scene luci e costumi: Nicola Macolino
Episodio già narrato dal drammaturgo francese Alexandre Dumas nel romanzo “Un regno insanguinato”
SABATO 21 APRILE, ORE 21:00
TEATRO SAVOIA

La Provincia di Campobasso il Teatro Savoia hanno prodotto il progetto teatrale promosso dalla Pro-loco di Larino che ha l’intento di promuovere il patrimonio culturale del centro frentano e, in questa occasione, in particolare, rievocare la rivolta larinese del 1697, contro il prepotente duca del posto, Francesco Carafa.

note di regia:
“In questo mio progetto ho voluto attribuire ai testi di Dumas un’ importanza particolare, pensando che se non fosse per l’autorevolezza della sua penna, probabilmente non staremmo nemmeno qui a organizzare un lavoro teatrale su un momento storico sicuramente non diverso da altri caratterizzanti tanti altri luoghi.
Un narratore (cantante) su testi riscritti appositamente per l’occasione, ci restituirà la figura del figlio della morta che narrerà in scena gli eventi che porteranno alla sua particolare nascita.
Lo spettacolo si apre con una scena che non è altro che la ricostruzione fisica (se pure rivisitata) dell’”Amor Sacro e l’amor Profano” di Tiziano. I temi di cui tratta Tiziano nella sua opera pittorica quali la vita, la morte, l’amore, sono anche i temi portanti del progetto teatrale in questione e che si vogliono sviluppare proprio a partire da questa citazione.
La vicenda, seppure ambientata in epoca classica (tra seicento e settecento) nel mio caso non viene restituita esattamente in questo tipo di cornice, bensì in una dimensione più onirica e contemporanea. In una scena pulita, bianca, spoglia di tutti i barocchismi dell’epoca, (quasi un piccolo cortile per la libera uscita in un carcere), personaggi in bianco e nero (buoni e cattivi) si muoveranno quasi come automi, nella loro impossibilità a sottrarsi al potere del duca.
Semplici ma mirati interventi di luci e piccoli spostamenti di elementi di scena cambieranno la scena appunto conferendole caratteristiche di più luoghi e apparentemente disparati. L’utilizzo di video e immagini, conferiranno maggiore forza evocativa a momenti gia significanti.
La voce bianca espressa dalla figura del narratore accompagnata dal vivo da un contrabbasso renderanno ancor più sublime alcuni tratti dell’opera. Il tema del sacro e profano naturalmente scandirà il tempo allo sviluppo della struttura drammaturgica, attraverso un incontro/scontro tra i due concetti, creando momenti di grande sacralità, mistica, eleganza, intervallati da momenti più popolari, grotteschi, ironici, armonicamente amalgamati.
Ho lavorato sugli archetipi che la vicenda propone e dai quali scaturiscono le azioni, riproponendoli in un discorso di neutralità, in una dimensione priva di precisi codici estetici ed etici. Pur lasciando nel testo chiari ed espliciti rimandi al territorio, a Larino, al Molise, e al periodo storico, il tutto sembrerà accadere in qualsiasi momento e periodo della storia.  

  

VIDEOINVASIONI

Videoarte – performance – musica

20 aprile 07
cool Via  Garibaldi -Campobasso-

Primo appuntamento  dedicato alle produzioni audiovisive innovative in Europa degli ultimi anni che attinge nell’ampio bacino della videoarte, del cine-video sperimentale e nel circuito degli autori che si dedicano alle performances dal vivo e al broadcasting innovativo.
La particolarità dell’evento è nella possibilità di creare un luogo multimediale, attraverso appuntamenti mensili, per uno scambio di informazioni sugli autori, i curatori, le gallerie.
A cura di
Emanuela De Notariis e Michele Mariano

Se una pecorella prendesse un pugnale per sgozzare i sogni impigliati sul tuo cuscino, su cui un santo scolorito dal fumo delle candele votive poggia il suo sguardo mostrandoti le viscere, reliquie dove intingere pennelli per colorare macchine di cartone e cantare rap per la città, andresti di notte su un aereo di carta a tirar bombe sui topi o disegnare sul grigio asfalto il tuo grido di colore? Per trasformarti in un gallo, basta un uovo offerto da una maschera in stile carnevale di Venezia che nasconde una strega di bellezza sconcertante. Osserva le storie raccontate sott’acqua da fantasmi senza veli, perduti tra meduse che rincorrono cani di carta a dipingere muri, perché c’è un uccellino che impedisce il suicidio del sole. Sai suonare strumenti di cartone? Vorrei chiudere il mondo in una nuvola che lo risputi alla rinfusa, per boi ballare tra le novità aspettando la nave degli scheletri vestita da cellulare.

Ore 22.30 – 00.00
Proiezione di video di:

3xtras – Spagna
Andreco – Italia
Javier Contonente – Spagna
Ericailcane – Italia
Lolo – Argentina
Mariana Ferratto – Argentina
Nicola Micatrotta – Italia
Sosaku Miyazaki – Giappone
Beatriz Sanchez – Spagna
Tom 14 – Brasile
Nuno Valerio aka UiU – Portogallo
Zosen – Barcellona

Dopo mezzanotte:
Performance
di Nicola Macolino

dj set:
Low Field Electrici                                        Invasioni d’arte in luoghi non convenzionali
Cool
Via Garibaldi, Campobasso
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Arte espulsa e artista espulsa.jpgArtista.jpgDiffidate della storia dellarte.jpgJesus & Mohammed.jpgStoria dellocchio.jpgHamam Istanbul.jpg 

SÜKRAN  MORAL

 

PEACE…FUCKING  FAIRYTALE!

a cura di Maria Grazia Torri

 

 

Martedì 8 Maggio ore 19.30

fino al 15 Luglio 2007
 

 

bnd tomasorenoldibracco contemporaryartvision
via pietro calvi 18/1 – Milano
t. 02-54122563, f. 02-54122524, www.bnd.it, bnd@bnd.it
orari: martedì-sabato 10.30-19.30

 

 

PEACE…FUCKING FAIRYTALE! è un’azione dell’artista turca Sukran Moral.

Moral, che ha lasciato da oltre quindici anni il suo paese d’origine, la Turchia, per sfuggire alle persecuzioni che incombevano sulle donne impegnate nel mondo dell’arte e della cultura, attualmente risiede a Roma, ma opera da sempre in ambito internazionale ricevendo importanti consensi.

Ha partecipato con successo all’ultima biennale di Istanbul a fianco di noti autori.

La performance dell’11 aprile 2007 a New York si intitola ‘Underground Istanbul’ e si svolge  quasi in contemporanea con il lavoro che sarà presentato alla bnd di Milano.

Mentre la performance di New York verterà su un tema classico della Moral, toccando i territori del femminile e dell’Arte (il corpo dell’opera paragonato a quello della donna in vendita nel classico luogo underground a cui il titolo allude),  nella performance che avrà luogo l’8 maggio 2007 presso bnd , sgomberato il terreno del feticismo e del narcisismo, si passerà a un tema sociale e universale: La PACE .

Il tema verrà trattato in maniera assolutamente nuova e inimmaginabile per la estrema semplicità dell’azione, per l’immediatezza, icasticità e quasi ovvietà del messaggio che si comunica.

Non si vuole anticipare altro per lasciare all’azione di Sukran Moral tutto lo spazio fertile della sorpresa.

Dai primi anni novanta, data in cui si è trasferita in Italia, il  lavoro scomodo e provocatorio di Sukran Moral ha sfidato impunemente sia il potere occidentale con i suoi stereotipi socio-religiosi che le storture maschiliste del fondamentalismo islamico, il mondo da cui lei proviene.

L’artista, ci ha fatto conoscere per prima, nel lontano 1997, quando ancora era un inviolato tabù, il mistero di un Hamam a Istanbul, in una spericolata performance che l’ha vista entrare in un bagno turco, rigorosamente maschile e farsi massaggiare e lavare da uomini. Questo, mentre in Occidente, criticava le radici cristiane, razziste, maschiliste e sofferenti dell’arte, impersonando lei stessa una Crocefissione (1994) e una Pietà al femminile (1995).

Dal 1996, osservando con attenzione i palinsesti della televisione italiana, Sukran Moral decideva che l’essenza della comunicazione mediatica era un fatto di sociologia mercantile del costume sessuale, che comportava l’esibire ad oltranza e senza necessità alcuna le parti ‘vietate’ del corpo femminile, per cui la ‘vagina dialogante’ diveniva, in realtà, la  protagonista effettiva di tutti i programmi.

 

 

 

L’artista, inaugurava, in tal modo la “Storia dell’occhio”, una serie di performance non proprio d’accordo con Courbet o con Duchamp, scene agite da lei stessa, sul lettino ginecologico, con un monitor visibile al posto della vagina. Questo monitor trasmetteva, di volta in volta, argomenti di varia e assortita marginalità femminile e non solo.

Liberarsi dai condizionamenti di due società, al tempo stesso, non era facile ma non è stato impossibile per Sukran Moral, che ha agito in questo senso fino ad oggi, e la sua arte ha reso la cosa sempre chiara e riconoscibile.

Quando è entrata in un bordello turco, per esempio, si è messa in vendita, affiancata da donne non più giovani e belle e, successivamente, quando ha fatto la sua apparizione in un manicomio femminile a Istanbul, ha esorcizzato una grande e colpevolizzante e millenaria paura sia della donna schiava orientale che di quella emancipata del nostro mondo: la pazzia.  (Si ricordi tutta la storia della psicanalisi occidentale e la cura dell’isteria femminile che agli inizi del secolo scorso avveniva con metodi barbarici fino alla legge Basaglia)

Del 97, successiva al proclama ‘Diffidate della Storia dell’Arte’ del 1996, è la dichiarazione che il museo è tale quale l’obitorio.

Qui, l’artista, in un’altra singolare azione dai caratteri estremi,colloquia con i morti, presso il MLAC dell’Università La Sapienza di Roma, aprendo celle frigorifere e portando fuori ciò che esse contengono.

Incredibile in un cammino così irto di spine poter ritrovare una sorta di romanticismo, un momento di riposo dell’anima stanca e nostalgica di poesia, che coincide con l’azione Bulbul che, ad uno sguardo attento, ricalca ancora una volta un luogo comune della femminilità repressa e segregata dall’Islam: la clausura o la gabbia. Ma successivamente ritorna il dolore, vissuto nel modo più cieco e sordo come nella performance ‘Dolore’ del 99. In ‘Zina’ del 2003, l’artista si fa addirittura  lapidare e seppellire sotto terra secondo le modalità per cui viene eseguita la condanna per un’adultera (Zina) nel mondo islamico.

Altri lavori significativi hanno riguardato le figure maschili dell’emarginazione sociale: gli emigranti  di Despair  sempre del 2003, e i trans, tanto perseguitati e selvaggiamente torturati dalla polizia nel paese d’origine di Sukran.

Nulla, nessuna figura dell’emarginazione sia maschile che femminile è stata tralasciata dalla sua acuta quanto unica ricerca.

Il Progetto attuale ‘PEACE…FUCKING FAIRYTALE!’ e la relativa performance  che avverrà presso bnd riguarda qualcosa di ancora più impegnativo di quanto finora si è detto. Sono toccati i temi della guerra, della pace e della religione. La pace soprattutto, usata anche come pretesto o come bandiera. Ma qui la soluzione al conflitto insanabile tra il bene e il male è posta dall’artista molto singolarmente…

 

 

cartolina1.jpgamor.jpgmanifesto.jpg
cari amici,
 
vi allego invito spettacolo teatrale
 
 
 
ISABELLA E IL DUCA
da “Il regno insanguinato” di Alexander Dumas
 
produzione:
Provincia di Campobasso
Teatro Savoia
Pro-loco Larino (CB)
 
regia, scene luci e costumi:
Nicola Macolino
 
 
21 aprile 2007 Teatro Savoia, Campobasso, ore 21.00
 
23 aprile 2007 Teatro Risorgimento, Larino (CB) ore 21.00
24 aprile 2007 Teatro Risorgimento, Larino (CB) ore 10.00

copertina131_large.jpgjuliet129_large.jpgcop130_large.jpgSommario Juliet n.132, Aprile 2007
* Copertina di Brjan Adams
* “Al di là della pittura” rievocazione di Luciano Marucci
* “Networking” di Vittore Baroni
* “NIZZA”, 1 puntata, testo di Stefania Meazza
* Elisa Sighicelli, testo di Ch. Schloss
* “Viva! Glam” di Bruno Benuzzi, 2 puntata, fine
* J.R.Carroll, intervista di Francesca Giraudi
* Moataz Nasr, testo di Fabiola Faidiga
* Andrea Bianconi, testo di Francesca Baboni
* Rubrica di Vegetali Ignoti
* Rubrica di Angelo Bianco

……..
Sommario di Juliet n.130, Dicembre 2006
* Copertina di Rem Koolhaas
* Ugo Rondinone di S. P. Gorney
* Danilo Eccher, intervista di Luciano Marucci
* Livio Radin, intervista di Roberto Vidali
* Rodney Graham di G. Pixi
* Douglas Gordon di Elisabetta Longari
* Tony Cragg di Annibel Cunoldi Attems
* Rubrica di Vegetali Ignoti
* Rubrica di Angelo Bianco

Sommario di JULIET n.129, Ottobre 2006
* Copertina di Urs Fischer
* “Musei d’arte contemporanea in Campania”, di Achille Bonito Oliva
* Storia della performance in Italia, 3° puntata (fine), a cura di Roberto Rossini
* Massimiliano Gioni, intervista di Lorella Giudici
* “PAV di Torino: Gonzalez-Foerster” di Ivana Mulatero
* Susy Gómez di Ivana Mulatero
* Gabriele Turola, intervista di Roberto Vidali
* Carlo Benvenuto di Francesca Baboni
* il MAXXI di Luciano Marucci (intersta ad Anna Mattirolo)
* Reportage da Berlino di Annibel Cunoldi Attems
* Rubrica di Vegetali Ignoti
* Rubrica di Angelo Bianco
ecc., ecc.
Collaboratori
Collaboratori

Collaboratori http://www.julietart.net/index.php/juliet

Antonio PICARIELLO
Critico D’arte Militante – Saggista, Conferenziere, Direttore Della …

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Alberto PELLEGATTA
Alberto Pellegatta è nato a Milano nel 1978 …

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Francesca TAVARADO
Nasco a Trieste l’11/11/1981, per gli autoctoni: S.Martino la festa dei ‘bechi’ (che tradotto dal dialetto significa – poco romanticamente – ‘cornuti’) …

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Alessio CURTO
Da collaboratori e amici chiamato er Curtoz, è un sognatore che milita nel partito dell’acquario (corrente moderata). Nato a Trieste nel …

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Rosanna BORASO
artista nata e operante in Italia, professoressa di Discipline Pittoriche al Liceo Artistico di Venezia, si è formata, oltre che su letture visite e visitazioni, riflessioni e …

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Massimo PALAZZI
è collaboratore per la rivista JULIET, redazione Liguria, dal giugno del …

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Ivana Mulatero è un critico torinese che, a differenza di molti …

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Carlo PIEMONTI
E’ nato a Gorizia nel 1973 e si diploma in Pittura, nel ’95, all’Accademia di BB.AA. di …

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BORIS BROLLO è collaboratore della rivista “Juliet” dal 1984, per la quale …

 

Giulio CIAVOLIELLO
(classe 1959), laureato in Sociologia dell’Arte all’Università …

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Roberto VIDALI
è nato a Capodistria nel 1953, sotto il segno del Sagittario; dal 1955 risiede a Trieste. Dopo aver compiuto …

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230px-Gustave_Courbet.jpgdonna_pappagallo.jpgnudoconcane.jpgCourbet.jpgGustave-Courbet_Origine-du-Monde_1886-779381.jpgomaggio a Coubert  – Peri 
 Si inaugura Sabato 14 aprile alle ore 18, a Carrara nelle stanze d’arte del Palazzotto Ascoli “CHAMPAGNERIA ALBERICUS” in Via Loris Giorgi 6, la quarta mostra della  rassegna “9 artisti per nove poeti”, curata da Paolo Pratali, “OMAGGIO A COURBET”. 
L’iniziativa, di cui vede la stretta collaborazione della stilista di moda genovese Alessia Berruti e dell’italo-giapponese Akio Takemoto, ci propone la lettura della recentissima produzione pittorica realizzata dall’artista molisano Michele Peri.
Peri è nato nel 1947 a Rocchetta al Volturno in provincia di Isernia e dopo aver compiuto gli studi artistici (istituto d’arte e Accademia di Belle Arti), ha iniziato la sua attività creativa producendo importanti mostre fin dal 1985. Si appoggia, inizialmente, ad critico romano Enrico Crispolti e riesce ad ottenere importanti personali che realizza a Napoli, Brescia, Roma, Milano e Genova. Recentemente, data l’amicizia che lo lega da oltre dieci anni a Paolo Pratali, Michele ha cominciato a frequentare i territori della nostra città per  partecipare alle principali iniziative curate da Ateliermostre come: “sensibilmente eros”; e “18 artisti riflettono sulla Shoah”; di conseguenza ha aderito al progetto degli “Omaggi” dedicando, una mostra capace di 10 tele informali, al sorprendente Courbet, meglio conosciuto come l’inventore, l’ispiratore del realismo, e anticipatore di scandalosi costumi fin dal 1850.
Come si racconta nella piccola e interessante monografia di Jean-Jacques Fernier, pubblicata da Art Dossier 99, Courbet viene definito un “uomo selvaggio”; “un oscuro provinciale, venuto da una remota valle delle montagne del Giura”. Come succedeva spesso in quei tempi di pronunciata rivoluzione. questo singolare artista evidenziò le sue attese creative, i suoi esercizi spirituali, travolgendo di colpo tutte le regole stabilite dai Salon parigini. Particolarmente nella sua stesura stilistica si affermarono due particolari contraddizioni: “il suo disprezzo della donna come essere dotato di intelligenza e allo stesso tempo la sua ammirazione per lei come rivelazione carnale ed emotiva”.
In effetti nessun altro pittore ha saputo, meglio di lui, figurare il sovvertimento, lo smarrimento che un corpo femminile è in grado di sollecitare e comunicare. Scrive difatti Pierre Max Orlan: “la donna appare davanti a lui con franchezza maggiore di quanta non se ne conceda davanti al suo specchio. Lo sfavillio sano e stimolante che sprigiona dalle tele dipinte da Courbet davanti allo spettacolo ingenuo di un corpo femminile è sufficiente per comprendere la decenza erotica e il fascino”.
La mostra durerà fino al 27 aprile prossimo e sarà visitabile dalle ore 10 alle 20 (esclusi festivi e domeniche) .
 
 

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