Piu’ ciechi che sordi
I giovani artisti e l’arte contemporanea a Firenze
Scriviamo questa lettera dopo aver letto il duro – e a lungo preannunciato – intervento sulla realtà dell’arte contemporanea a Firenze (Ma l’arte contemporanea finisce in cantina, apparso su “La Repubblica”, il 5 Febbraio 2007) sottoscritto da Marco Bagnoli, Paolo Masi, Maurizio Nannucci, Massimo Nannucci, Paolo Parisi del Collettivo Base/Progetti per l’arte ai quali va
oggi tutta la nostra solidarietà , avendo contribuito a fare luce su uno scenario (a dir poco) disperato.
Vorremmo che si meditasse ulteriormente sulla gravità della situazione dell’arte contemporanea a Firenze, e, in particolare, sulla situazione dei giovani artisti residenti e operanti in questa città . Se le cose continueranno su questa piega (disabilitazione del Forte Belvedere, chiusura di Quarter Centro Produzione Arte, tanto per citare alcune fra le ferite più
eclatanti che la città ha subito) le nuove generazioni non avranno più alcuna opportunità di confrontarsi con i linguaggi contemporanei (non solo l’arte, ma anche l’architettura o il design) e sarà loro negata fin dall’inizio la possibilità di competere creativamente in ambito nazionale e internazionale. Mentre molti alzano le spalle o fingono di non vedere, i
giovani artisti di Firenze sono costretti a fare i bagagli cercando altrove – e spesso all’Estero – quelle opportunità di confronto con il nuovo che la loro città dovrebbe loro offrire e garantire. È a dir poco ignobile che una simile situazione si stia verificando proprio qui, nella cosiddetta culla dell’arte, che vanta visitatori da ogni angolo del pianeta oltre ad una secolare sensibilità per il gusto, ma che oggi si ostina a tagliare fuori se stessa – il suo pubblico, i suoi giovani, le sue forze – da un maturo confronto con i linguaggi specifici dell’arte del proprio tempo.
A scanso di ogni equivoco, chiariremo il fatto che gli artisti di Firenze – siano essi più o meno giovani – non mendicano spazi o eventi che li celebrino agli occhi della città , né si aspettano chissà quali onorificenze. Ciò che invece i giovani artisti di questa città esigono è ricevere sufficiente informazione per poter competere, per poter far parte di un dialogo interculturale e internazionale che non possiamo e non dobbiamo permetterci di ignorare.
Marco Mazzi
Non adottate un artista
Dopo Madonna e la Jolie, “adottare” è la parola d’ordine. A sembrare bisognosi di cure ci provano anche gli artisti. È una burla, vero?
di Francesca Bonazzoli
Nella Serenissima Repubblica di Venezia il giovane Tintoretto sbaragliava la concorrenza dei colleghi abbassando in modo sleale le tariffe; nella Napoli del Seicento, la più grande, brulicante e putrescente metropoli d’Europa, il bolognese Domenichino, avendo osato sfidare la camorra dei pittori locali, venne alla fine avvelenato. Guido Reni, che fu chiamato a sostituirlo per decorare la cappella di San Gennaro, fu subito avvertito che gli sarebbe toccata una sorte simile: prese sul serio l’agguato teso al suo servo e rifece subito le valige per Bologna. A Roma Borromini si suicidò, trafiggendosi con la spada, fiaccato dalla spietata concorrenza del Bernini.
L’elenco potrebbe continuare, coinvolgendo i più grandi come Michelangelo e Raffaello, e i minori, come le migliaia di olandesi, fiamminghi, francesi e tedeschi che si contendevano il mercato romano. Tutti, indifferentemente, uomini e donne, si battevano con virilità per lavorare. Era un mondo adulto dove, per dirla con le parole di Paolo Conte, si sbagliava da professionisti.
Ma che fatica! Oggi il marketing mette a disposizione soluzioni più pratiche per sopravvivere. Vuoi mettere la comodità di internet, per esempio? Lungi dallo sfidarsi a colpi di testosterone, un gruppo di trenta artisti italiani (tutti sopra i trent’anni e tutt’altro che sfigati esordienti) ha creato un sito, http://www.adottaunartista.org, per chiedere di essere adottati, 11 euro al giorno, come i bambini dell’Africa o come le capre della Valtellina.
Quando ho letto la notizia sul sito http://www.undo.net, ho pensato a un’idea pubblicitaria. Ma poi ho sentito puzza di scherzo: l’annuncio, infatti, con la sostituzione della parola “bambino” con “artista”, suona identico a quelli pubblicati dalle Ong che si occupano di adozioni a distanza: “Adotta un artista, lo fai crescere nel sistema dell’arte. L’adozione a distanza è l’aiuto più efficace per gli artisti: grazie a te potranno godere del calore della tribù dell’arte, andare a scuola, ricevere adeguate cure mediche e prepararsi all’indipendenza”.
Adeguate cure mediche, possibilità di andare a scuola?! Vuoi vedere che ho perso la centoduesima puntata della finanziaria in cui Prodi decideva di escludere gli artisti dal servizio sanitario nazionale e dai programmi di istruzione scolastica?
Ma andando avanti a leggere sono stata assalita dal dubbio: non sarà mica che è tutto incredibilmente vero? Dopo la richiesta d’adozione comincia infatti l’excusatio, formula retorica impiegata da chi sa di tenere una posizione debole. Il piagnisteo inizia col giustificare la scorrettezza di sottrarre l’aiuto a un bambino africano. “Essere veramente scorretti – si legge nel comunicato in puro stile da collettivo anni Settanta – è continuare a vivere in questo sistema che si basa sullo sfruttamento del terzo mondo”.
L’excusatio, però, si conclude con la domanda retorica: “Non vi sembra un’operazione un po’ cattelaniana, come la biennale dei Caraibi? L’ironia e il cinismo italiani non li ha inventati Cattelan”.
Ah! Ecco! Questa è la prova che si tratta di uno scherzo, mi sono detta, perché l’idea è d’accatto! La parodia di una burla già vista (la Biennale dei Caraibi, quella di Tirana, la wrong gallery e la finta Saatchi gallery), una semplice variante da far circolare nel mondo dell’arte che non sa più cosa inventarsi.
E allora anche io ho deciso di buttarmi, anche io da oggi voglio fare l’artista. Perché no, se basta così poco? Cerco soci per aprire il sito www.artisticonlepalle.it. Prima di essere ammessi, gli aspiranti, uomini e donne, indifferentemente, dovranno superare una prova di virilità consistente in:
1) mangiare pane e insalata come Caravaggio nei primi anni romani;
2) sopportare gli insulti del collega di successo, come toccò a Borromini;
3) vivere in una soffitta nutrendosi di solo alcool e senza penicillina, come Modigliani;
4) formulare almeno un’idea originale.
Mantra consigliato per chi non ce la fa: il finale di Gomorra, romanzo dell’esordiente Roberto Saviano, 29 anni. “Avevo i piedi immersi nel pantano. L’acqua era salita sino alle cosce […] Avevo voglia di urlare, volevo gridare, volevo stracciarmi i polmoni con tutta la forza dello stomaco, spaccandomi la trachea, con tutta la voce che la gola poteva ancora pompare: “maledetti bastardi, sono ancora vivo!”.
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40 anni: Mid – Career nei paesi anglosassoni, ma in Italia si parla ancora di ‘giovani artisti’. Una crisi di crescita o una realta’ che tende ad essere immobilizzata da troppe istanze, lontane dalla reale conoscenza dell’operato e del percorso di maestri ancora troppo giovani per essere tali, ma affermati da non poter piu’ essere considerati promesse. (Andrea Bruciati)
1966: l’inizio drammatico della guerra in Vietnam, l’alluvione di Firenze, il primo episodio di Star Trek, il governo di Indira Gandhi in India. Ma non solo: soprattutto, per noi, anno di nascita di Carlo Benvenuto, Simone Berti, Enrica Borghi, Monica Carocci, Armin Linke, Delfina Marcello, Eva Marisaldi, Marcello Maloberti, Ottonella Mocellin, Davide Nido, Sabrina Torelli.
In 11 incontri illustreranno al pubblico la ricerca apportata alle arti visive e si esprimeranno sulla non facile condizione dell’essere artista oggi, in un sistema caotico e stravolto da logiche effimere.
dal 5 al 28 marzo 2007 alla GC.AC – Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea, Comitato Trieste Contemporanea
info su 40 appuntamento con i protagonisti della scena italiana
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“Non di sola arte” e’ il titolo che Giulia Bondi e Silvia Sitton hanno dato al lavoro di ricerca realizzato, tra gennaio 2005 e marzo 2006, su una rete di 250 persone attive nel mondo dell’arte contemporanea italiana, raccogliendo dati sulla condizione economica e sociale degli artisti, in particolare giovani, attraverso interviste, questionari e dibattiti.
Il lavoro, di prossima pubblicazione, e’ stato reso possibile dalla prima borsa di ricerca in Economia dell’arte contemporanea in memoria dell’Avvocato Agnelli, promossa nel 2004 da Fondazione Giovanni Agnelli e UniCredit Private Banking sul tema “Giovani artisti in Italia nel campo delle arti visive: carriere, strategie, mercati e politiche”.
Lavoro artistico e secondo lavoro, condizioni economiche e sociali della famiglia e degli artisti, ruolo del mercato e delle istituzioni pubbliche, spazi gestiti dagli stessi artisti e forme di collaborazione tra reti di persone nel sistema dell’arte sono alcuni dei temi su cui le ricercatrici hanno sondato il parere degli intervistati, cercando di restituire un ritratto accurato e partecipe degli artisti italiani tra i 20 e i 50 anni, delle possibilita’ che hanno di fronte, dei loro percorsi di formazione, delle loro ambizioni e aspirazioni, spesso rivolte anche all’estero.
Giulia Bondi, 30 anni, modenese, e’ giornalista e videoreporter. Laureata in Discipline economiche e sociali all’Universita’ Bocconi di Milano, nel 2006 ha vinto con “Diversi sguardi olimpici” il Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi sezione giovane. Nel 2005 ha pubblicato con il Mulino “Ritorno a Montefiorino – Dalla resistenza sull’Appennino alla violenza del dopoguerra”, scritto insieme a suo nonno Ermanno Gorrieri.
Silvia Sitton, 31 anni, modenese, sposata con un figlio, e’ responsabile dell’Ufficio progetti economici del Comune di Modena, dove si occupa di valorizzazione dell’economia locale. Laureata in Economia politica all’Universita’ degli studi di Modena e Reggio Emilia, sta lavorando al librogame che raccogliera’ i risultati del progetto europeo “Urbe viva” per il confronto e lo scambio su progetti innovativi di economia urbana.