Aprile 2009


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Marco Sclarandis.WAV

Potevamo noi
che siamo ossa in bilico
tenute in tale stato
da soffice e pensosa carne
sì da poter mirare
profondo d’orizzonte
dove dritte vie si fondono
potevamo non pagare noi
onore tanto grande
senza onere pesante
noi che scaviamo grotte
e delle cavate pietre
rotte con fatica e ingegno
innalziamo torri snelle
cupole bastioni e forti

posti ad ornare colli
e indurre a invidia monti
noi vertice di follia al mondo
abissi di pazienza e astuzia
di Damocle

sottostiamo a spada
la Terra dal profondo
ostinata ci ricorda il compito
lo fa con tremendo rombo
con aleatoria scossa
a pura coincidenza unita
stiamo su questa crosta
in transito verso altre oasi
forse più permanenti
macerie salme profughi
ne sono suoi testimoni
sisma acquattato al buio
insidioso come serpente
tu non sei mandante
neanche sei tu sicario
ma salomonico esecutore
sapremmo inocularci antidoto
scampare al tuo fatale morso
eppure ci distraiamo
incauti ammassiamo fango
fingendoci che sia marmo
scesa che sia la polvere
alzatosi su di lei il silenzio
piante le dovute lacrime
rialziamo le nostre vertebre
drizziamole come colonne

se noi erigiamo templi
può essere lo facciamo
per rispecchiarci in essi
ammirare luccichio d’eterno
filtrato da un divino lampo
altrimenti abiteremmo tane
di vesti non ci copriremmo
non avremmo soggiogato il ferro
non avremmo indagato il sangue
non dato nome ai campi

nemmeno c’interesserebbero
le angustie degli antenati
che pane mangeranno i posteri
se dal suolo veniamo scossi
è solo per ricordarci d’essere
viventi quanto mai speciali.
Marco Sclarandis

 

http://mysticdriver.blogspot.com/2009/04/potevamo-noi.html

poesia inedita

Tu

Tu che sai

Perché mai noi umani

Ci siamo riempiti le mani

Di ordigni sempre più immani

Perché mai alla sciagura imminente

Opponiamo così minuto rimedio

Perché mai sempre più eliminiamo

Chi ci può rammentare

I segreti del perpetuarsi

Perché mai

Ci muniamo con tale mania

Per affrontare il domani

Perché mai

Raggiunta ogni meta

Rimaniamo comunque così menomati

Perché mai

Cos’è stato

Che ci spinge a voler essere immuni

Dal desiderio d’amarci

Parla spiegaci

Te lo intimiamo

Diccelo Tu

Che devi saperlo

Almeno sapremo anche noi

Che cosa davvero temiamo.


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Bo-héme

H2O Art Space

a cura di C.Voltaire

 

INAUGURAZIONI ore 19

H20 Art Space, via S.Isaia 80/a – Bologna

Info – 3388530817

 

04 maggio GIANNI PEDULLA’                  18 maggio RAIMONDO GALEANO

05 maggio AURORE MARTIGNONI           19 maggio LUIGI LEONIDI

06 maggio RICCARDO ANGELINI             20 maggio SALVO PALAZZOLO

07 maggio SIMONA GAVIOLI                  21 maggio RAFFAELLA MIOTTELLO

08 maggio LAURA LEONE                        22 maggio ERIKA LATINI

11 maggio MICHELE BRANCATI               25 maggio LUIGI MASTRANGELO

12 maggio FRANCESCA PASQUALI          26 maggio FABIO MAURI

13 maggio CATERINA DE LUCA               27 maggio NINO GALOGRE

14 maggio MARCO FORTUNATO             28 maggio WANG YU

15 maggio MARTA HERNANDO              29 maggio FRANCO SAVIGNANO

 

Bohème-Pittura, Fotografia, Installazioni, Performance.

Una Kermesse di 20 artisti, che vivono a Bologna e sfilano uno al giorno nel piccolo ma elegantissimo H2O Art Space, spazio temporaneamente improprio. Alcuni sono già noti ma la maggior parte sono giovanissimi

Cosa li accomuna?…nulla!…tranne la voglia di uscire dall’isolamento a cui spesso questa città li costringe e il tentativo di mettere in moto pensieri nuovi e liberare energie creative insospettabili. Oppure…probabilmente visto l’imbarazzante impasse di presenzialismo, mediocrità e vuotezza che caratterizzano soprattutto nell’arte la nostra epoca, nostalgia di Bohème, voglia di questo stile di vita scomparso. Come da sempre nello stile di C-Voltaire.

 

C-VOLTAIRE

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Dante V Canto.WAV

INFERNO
CANTO QUINTO

  1 Cosí discesi del cerchio primaio
giú nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto piú dolor, che punge a guaio.

  4 Stavvi Minos orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe nell’entrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia

7Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor delle peccata

10 vede qual luogo d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giú sia messa.

13 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
dicono e odono, e poi son giú volte.

16 «O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,

19 « guarda com’entri e di cui tu ti fide:
non t’inganni l’ampiezza dell’entrare!»
E ‘l duca mio a lui: «Perché pur gride?

22 Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi cosí colà dove si puote
ciò che si vuole, e piú non dimandare».

 25 Ora incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percote.

28 Io venni in luogo d’ogni luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.

31 La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina:
voltando e percotendo li molesta

34 Quando giungon davanti alla ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtú divina.

37 Intesi ch’a cosí fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento. 

  40 E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo a schiera larga e piena,
cosí quel fiato li spiriti mali

  43 di qua, di là, di giú, di su li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena. 

  46 E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
cosí vidi venir, traendo guai, 

  49 ombre portate dalla detta briga:
per ch’i’ dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l’aura nera sí gastiga?» 

  52 «La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper» mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.

55 A vizio di lussuria fu sí rotta,
che libito fe’ licito in sua legge
per tòrre il biasmo in che era condotta.

  58 Ell’è Semiramís, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ‘l Soldan corregge.

  61 L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa. 

  64 Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi il grande Achille,
che con amore al fine combattéo.

  67 Vedi París, Tristano»; e piú di mille
ombre mostrommi, e nominommi, a dito
ch’amor di nostra vita dipartille.

70 Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e’ cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

73 I’ cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ‘nsieme vanno,
e paion sí al vento esser leggieri».

76 Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
piú presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

79Sí tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s’altri nol niega!»

82 Quali colombe, dal disio chiamate,
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere dal voler portate;

85 cotali uscir della schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sí forte fu l’affettüoso grido. 

88 «O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
noi che tingemmo il mondo di sanguigno

91 se fosse amico il re dell’universo,
noi pregheremmo lui della tua pace,
poi c’hai pietà del nostro mal perverso.

94 Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a vui,
mentre che ‘l vento, come fa, ci tace.

97 Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ‘l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.

100 Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui della bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. 

103 Amor, ch’a nullo amato amar perdona
mi prese del costui piacer sí forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

106Amor condusse noi ad una morte
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fur porte.

109 Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso, e tanto il tenni basso,
fin che ‘l poeta mi disse: «Che pense?» 

112 Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!» 

115 Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai:«Francesca, i tuoi martiri
a lacrimar mi fanno tristo e pio.

118 Ma dimmi: al tempo de’ dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?»

121 E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
nella miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.

124 Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

127Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

130 Per piú fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

130Quando leggemmo il disïato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

133 la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno piú non vi leggemmo avante».

Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea, sí che di pietade
io venni men cosí com’io morisse;
e caddi come corpo morto cade.

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Viaggio a Montevideo

 

Io vidi dal ponte della nave

I colli di Spagna

Svanire, nel verde

Dentro il crepuscolo d’oro la bruna terra celando

Come una melodia:

D’ignota scena fanciulla sola

Come una melodia

Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola…

Illanguidiva la sera celeste sul mare:

Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell’ale

Varcaron lentamente in un azzurreggiare: …

Lontani tinti dei varii colori

Dai più lontani silenzii

Ne la ceste sera varcaron gli uccelli d’oro: la nave

Già cieca varcando battendo la tenebra

Coi nostri naufraghi cuori

Battendo la tenebra l’ale celeste sul mare.

Ma un giorno

Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna

Da gli occhi torbidi e angelici

Dai seni gravidi di vertigine. Quando

In una baia profonda di un’isola equatoriale

In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno

Noi vedemmo sorgere nella luce incantata

Una bianca città addormentata

Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti

Nel soffio torbido dell’equatore: finché

Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,

Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore

Noi lasciammo la città equatoriale

Verso l’inquieto mare notturno.

Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi

gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente:

Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina

Una fanciulla della razza nuova,

Occhi lucenti e le vesti al vento! ed ecco: selvaggia a la fine di un giorno che apparve

La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina:

E vidi come cavalle

Vertiginose che si scioglievano le dune

Verso la prateria senza fine

Deserta senza le case umane

E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve

Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume,

Del continente nuovo la capitale marina.

Limpido fresco ed elettrico era il lume

Della sera e là le alte case parevan deserte

Laggiù sul mar del pirata

De la città abbandonata

Tra il mare giallo e le dune…

DINO CAMPANA

(Voce A.Picariello)

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(via mogadonia)

http://www.youtube.com/watch?v=fnsQ6syijsQ&feature=PlayList&p=ABF275C8A5D2D1A6&index=0

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MUSEO CON CATASTROFE
 
A causa del disastroso terremoto il MU.SP.A.C. Museo Sperimentale d'Arte
Contemporanea dell'Aquila, riconosciuto come museo di prima categoria dalla Regione Abruzzo,
 ubicato nel centro storico, in via Paganica 17 , ha subito ingenti danni,sia alla struttura
 che alle opere di artisti di rilievo internazionale della collezione permanente degli anni
 '60 e '70 come Fabio Mauri, Joseph Beuys, Jannis Kounellis, Mario Schifano, Carmelo Bene,
 Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto e molti altri, anche delle nuove generazioni,
 ampiamente documentati nel sito
http://www.museomuspac.com. 
Sono stati distrutti dalla caduta di pietre ed intonaci anche computer con banca
dati, archivio e multimediateca. Ancora oggi molto materiale è sepolto sotto i
calcinacci ed alcune pareti antiche molto spesse si sono purtroppo gravemente
lesionate.Proprio quest'anno il MU.SP.A.C. avrebbe dovuto festeggiare i 25 anni di 
attività conla partecipazione di tutti gli artisti che nel corso degli anni hanno 
collaborato epartecipato all'organizzazione di importanti eventi.
 Il direttore Enrico Sconci,docente di Beni Culturali e Ambientali presso 
l'Accademia di Belle Arti dell'Aquila,spera vivamente di poter contare sul 
sostegno degli enti locali e del Ministero dei Beni Culturali per poter riprendere 
al più presto l'attività con iniziative aperte al pubblico aquilano e ai numerosi studenti,
 anche stranieri, che giornalmente frequentavano il museo e le numerose mostre, 
conferenze ed iniziative culturali.Senza perdersi d'animo gli operatori del
 MUSPAC si stanno già riorganizzando per poter offrire, all'interno dei vari
 campi organizzati dalla protezione civile, il proprio contributo con interventi
 artistici e culturali. Si cercherà inoltre di organizzare, per quanto sarà possibile,
 mostre e laboratori didattici con bambini e ragazzi riguardanti la tragica esperienza 
vissuta, cercando di esorcizzare la paura e il dolore. Verranno tenuti inoltre 
incontri sulla storia della città e dei suoi monumenti: elementi conoscitivi da 
cui partire per poter riconnettere la memoria del passato al presente,
 base fondamentale per la ricostruzione e la rinascita dell'Aquila, 
città territorio, che fin dalla sua fondazione ha rappresentato, 
dal punto di vista urbanistico e architettonico, un esempio unico nel panorama europeo.

MUSPAC -  Museo Sperimentale d'Arte Contemporanea
via Paganica, 17 67100 L'Aquila
tel./fax 0862 410505
info@museomuspac.com
http://www.museomuspac.com

 

 

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(via mogadonia)

Caro Tony, prima di tutto ti ringrazio ancora una volta per la bellissima dedica che hai scritto per Gino. È  stata una rievocazione che ha commosso tutti coloro che lo ricordavano con affetto, soprattutto gli amici che gli sono stati vicini nel momento della sua malattia e della sua morte. Quando penso a tutti voi, ricordo gli anni della giovinezza trascorsi a Bologna, in modo particolare l’amicizia che c’era tra te e Gino. Una riflessione che faccio spesso riguarda ciò che tu hai realizzato nella tua vita, sei riuscito a fare quello che desideravi nella tua professione, sei un critico d’arte competente e intelligente. Leggo spesso le tue recensioni sull’arte contemporanea e sugli artisti di cui presenti le opere sul tuo sito. Per Gino sono appropriate le parole che il poeta francese Baudelaire ha scritto nella sua prefazione all’opera di Edgar Allan Poe:” In questi ultimi tempi, avanti ai nostri tribunali, fu condotto uno sventurato sulla cui fronte figurava un tatuaggio raro e singolare: NESSUNA FORTUNA! L’angelo cieco dell’espiazione si è impadronito di loro e li sferza col massimo vigore ad edificazione della gente. Invano la loro vita rivela talenti, virtù, grazia: la Società ha per essi uno speciale anatema e li accusa delle infermità che la stessa sua persecuzione ha dato loro. Esiste forse una Provvidenza diabolica che predispone la disgrazia sin dalla culla, che spinge premeditatamente delle creature spirituali ed angeliche in ambienti ostili, come i martiri nei circhi? Vi sono dunque delle anime consacrate, votate all’ara, condannate a marciare alla morte ed alla gloria attraverso le proprie rovine?” . Vorrei , se possibile anche con la tua collaborazione, riprendere quelle canzoni che tu avevi scritto e lui aveva cantato, renderle attuali e farle pubblicare. Spero di trovare un modo possibile.Spero di realizzare questo sogno soprattutto per non dimenticare. Non vorrei disturbarti con questa mia richiesta e spero di rivederti. Grazie ancora per come l’hai ricordato. Non ti chiedo niente della tua vita, perché mi ricordo ancora di come eri restio a parlare di te stesso. Ti abbraccio con affetto e aspetto un tua risposta.                                                                                                                   Giusy

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