Maggio 2009


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FORCE LINES

MOSTRA MADI’ di

Vincenzo MASCIA e Gaetano PINNA

a cura di Zsuzsa DARDAI critico d’arte

Presentazione a cura di Zsuzsa ORDASI storico dell’arte

Allestimento e catalogo a cura di SAXON

 

Testo critico in catalogo: Prof. Lorenzo CANOVA

Università agli studi del Molise

 

Vernissage 28 maggio 2009 dalle 17.00 alle 19.00 presso

Accademia di Scienze d’Ungheria – Centro Studi Regionali

 

Orari di apertura: dal 28 maggio 2009 al 4 settembre 2009

dalle 9.00 alle 16.00 Sabato e domenica chiuso

 

MTA MADI Gallery: 9022 Gyor, Liszt Ferenc St. 10 – HUNGARY

Direttore della galleria: Iànos RECHNITZER

 

mobil-madi@mobil-madi.hu – www.mobil-madi.hu

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http://www.tellusfolio.it/index.php?cmd=v&lev=58&id=425

Questi sono i funerali di Tristan Tzara. Ho inserito l’immagine del defunto partecipe alle sue esequie.

Bisogna considerare che tutti i presenti nel quadro della fotografia, in questo momento,  sono tutti morti. Per questo motivo vale la pena leggersi  il testo di Claudio Di Scalzo.

twink:   snuh:   grandeurbydelusions: (via spastic)

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http://www.imamolise.it/

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(via expo7000)

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Dio in Genere, Mandra Cerrone.

“E lo Spirito dei principi maschile e femminile si librava sulla superficie dell’informe e la creazione ebbe luogo”.

Adesso, Mandra Cerrone, non ha più tempo per giocare. Chiede agli dei la verità sulla  propria natura. L’opera si fa potente. Ho appena parlato al telefono  con il mio amico fraterno A.G. ritornato nella sua Città, L’Aquila, dopo la notte della catastrofe. La città degli dei maschili e femminili non esiste più. Esistono ancora le spiritualità degli uomini e delle donne che dal principio originario, quella città speculare alla Gerusalemme degli dei, l’hanno incarnata nella memoria, nelle ossa, nel proprio sistema biologico, maschile femminile, e la fanno vivere oltre le mura crollate, oltre i confini delle pietre spostate dal sisma. Oltre la morte, oltre tutto l’immanente e l’ascetico che pur regge nella spiritualità discussa di un Celestino V. Mandra Cerrone ha un proprio linguaggio a cui non può sottrarsi. L’immagine dirompe la facciata della significazione, rimuove il concettualismo riflessivo, smarca ogni semantica possibile; non pretende dare o avere spiegazioni. Non ambisce a provocazioni che pur sarebbero lecite davanti alle percezioni semplificate dello spettatore. Qui l’opera d’arte diventa simulacro di un endogeno senso antropico: il culto delle divinità. Se è universalmente distribuito nell’equilibrata dicotomia maschile femminile apre inquietudini sottili a ritrovarsi con  un potere assoluto dettato dalla volontà di chi ha timore della polarità e forza la determinazione di un posizionamento al vertice, un potere  vettoriale esclusivamente a carattere maschile elemento assoluto nella medianicità tra il dio e l’umano. Un maschile assoluto in morsa strutturale che ignora il suo lato essenziale dettato dalla significazione, anche letteraria, del femminile. Sappiamo qualunque polarità genera movimento. Sappiamo il pianeta non tollera monotematiche impositive. Qualunque sia la condizione e il pensiero, qualunque empatica solitaria riflessione sul senso esistenziale, premette una necessaria oscillazione dialettica tra ciò che veramente esiste in natura e che è madre assoluta. Maschile/femminile; un uno per il tutto. Ed ecco la domanda che l’opera divulga. I motivi volontari che pongono in rappresentanza di un solo Dio un solo uomo inteso nella sua natura di specie e di genere: un solo piano maschile in peso alla sostanza della verità esistenziale che vuole l’alternanza polare  femminile per poter essere ed esistere. Mandra Cerrone  ha profondità spirituali e affezioni gnoseologiche che non lasciano scampo. La sua stessa conformazione culturale le obbliga, attraverso l’espressione artistica, di non evitare la verità del mondo. La più bella città del pianeta è appena scomparsa. Lo sento dalla voce del mio amico fraterno, l’aquilano di razza. La bellezza non chiude i battenti. Fin quando ci saranno uomini e donne di questo calibro, l’arte e le città saranno in ogni punto dell’anima e della vita sempre presenti e vive. Adesso, Mandra Cerrone, non ha più tempo per giocare. Chiede agli dei la verità sulla  propria natura. L’opera si fa e ci rende potenti.

Antonio Picariello

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(via mogadonia)

Era stato adottato dall’intera cittadinanza circa 15 anni fa. Tutti avevano notato che Peppino (questo il nome scelto), era un cane tranquillo, mansueto. E così la gente di Matrice ha cominciato a dargli da mangiare. Ed in poco tempo Peppino è diventata la mascotte del paese. In ogni manifestazione il capofila era lui. Fino a due giorni fa. Ieri l’altro infatti il randagio è morto di vecchiaia. Ed a Matrice, piccolo centro centro alle porte del capoluogo di regione, hanno deciso di mobilitarsi affinchè gli venga concessa la cittadinanza onoraria. In paese è pure spuntato un manifesto funebre. Ad affiggerlo un cittadino che ha voluto «ringraziare» Peppino: «Lui era presente al funerale di mio fratello e dunque ho voluto ricambiargli la cortesia». La proposta della cittadinanza onoraria è stata lanciata da alcuni cittadini. Il sindaco di Matrice ha accolto con entusiasmo la richiesta e così sul sito internet del comune è stato aperto un forum. In sostanza, con una semplice email, i cittadini poranno dare il loro consenso alla cittadinanza onoraria di Peppino. Il meticcio per la cronaca, è stato seppellito da un tecnico del Comune lungo la strada che da Matrice conduce a Santa Maria della Strada. Per ora c’è solo una comune fossa coperta di terra ma i cittadini si sono già mobilitati per fare presto una piccola lapide al cane che in paese era una vera e propria istituzione. «Peppino – ha detto in coro un gruppo di abitanti del piccolo centro – rappresentava un pezzo della storia recente di Matrice. In qualsiasi manifestazione lui era presente. C’era la banda? Peppino era davanti a tutti. Alle feste? Lui era lì a guidare i cortei. Ma non solo. Perchè Peppino la mattina era solito accompagnare i bimbi a scuola. Poi si rilassava davanti all’istituto e aspettava con calma il suono della campanella e con i bambini tornava per le strade del centro del paese. Qualcuno potrebbe prenderci per pazzi ma non è così – hanno concluso i cittadini – Il nostro è un gesto di amore e di gratitudine nei confronti di una creatura che in questi anni ci è stata sempre vicino. In paese tutti conoscevano e volevano bene a Peppino che era diventato a tutti gli effetti un membro della nostra comunità». Una storia, quella del cane Peppino, che potrebbe essere una bella campagna pubblicitaria, un esempio per combattere il barbaro fenomeno dell’abbandono degli animali.

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