Manifestazione: Mostra arti visive, III Edizione “PESCARART 2010†promossa dall’Ass. Cult. PAE ( Pescara Art Evolution ) articolata in tre sezioni. La prima con Omaggio al Maestro Umberto MASTROIANNI (in occasione del centenario della nascita ), la seconda sezione con l’esposizione di 30 Maestri storici da Marcello AVENALI ad Andy WARHOL, la terza con la partecipazione di 40 Artisti Contemporanei. Testo in catalogo  di Antonio GASBARRINI.
In occasione della conferenza e presentazione della mostra interverrà l’artista Tomaso BINGA che presenterà il proprio libro “Valore vaginale†con prefazione di Gillo DORFLES – Ed. Tracce.
Curatori: Floriano DE SANTI – Antonio PICARIELLO
Patrocinio: Assessorato alla Cultura Comune di Pescara
Assessorato alla Cultura Provincia di Pescara
Presidenza del Consiglio Regione Abruzzo
Soprintendenza Beni Artistici ed Etnoantropologici per l’Abruzzo AQ
Università d’Abruzzo
Partecipazione: ONLUS = “Aiutiamoli a vivereâ€
Inaugurazione Sabato 06 Marzo 2010 ore 18.00. Saluto delle Autorità civili e conferenza stampa dei curatori della mostra e degli artisti.
Sedi: Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “ VITTORIA COLONNAâ€
La mostra di Arte Contemporanea Pescarart 2010 è la prima manifestazione che raggruppa in un solo evento Maestri Storici e Contemporanei attorno alla figura di un altro grande Maestro dello spessore di Umberto MASTROIANNI a cui viene reso Omaggio con una mostra parallela.
La mostra, articolata in 3 sezioni assume quindi un carattere poliedrico e polisemantico attivando  la potenzialità e il grado di destare attenzione e partecipazione di un vasto numero di pubblico amante dell’Arte.
La fenomenologia comparativa tra “ i grandi†artisti  del passato e i contemporanei viene sostenuta anche  dalla professionalità riconosciuta e riconoscibile dei partecipanti che tra i tanti  elementi contribuisce   all’elevato  valore della manifestazione in previsione di un evento definibile nella sua originale qualità e unicità storica.
Tomaso BINGA nata a Salerno vive e lavora a Roma.
In arte ha assunto un nome maschile per contestare con ironia e spiazzamento i privilegi del mondo degli uomini. Si occupa dal ’70 di “Scrittura Verbo-Visiva†ed è tra le figure di punta della Poesia Fonetico-Sonora-Performativa.
 E’ stata docente presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone.
Tra i suoi progetti: Scrittura asemantica (1972), Scrittura Vivente (1975), Dattilocodice (1978), Biographic (1985), Picta/Scripta (1995), Ideazione/Esecuzione, progetto multimediale (1997).
Tra le innumerevoli partecipazione a mostre, rassegne e festival in Italia e all’estero sono da ricordare:1978 e 2001, Biennale di Venezia; 1981, Biennale di S. Paolo do Brazil; 1986, Quadriennale di Roma; 1995, III Festival di Polipoesia di Barcellona; 1998, “Poesia Totaleâ€, Mantova; 1999, Festival Internazionale d’Art Vivant “Polisonnerys” di Lione e VII Convegno Internazionale Art Media dell’Università di Salerno; 2005, personale antologica Autoritratto di un matrimonio, MLAC dell’Università “La Sapienza†di Roma; nel 2008 al VIFestival Internazionale “Art Actionâ€, Monza, a cura di Nicola Frangione.
Attiva organizzatrice dirige dal ’74 il centro culturale “Lavatoio Contumacialeâ€, Roma, e dal ’92 partecipa, in qualità di Vice Presidente, alla gestione della “Fondazione Filiberto Mennaâ€, Salerno.
è stata rubata una immagine della fotografa Monica Silva che era stata preparata per l’esposizione fotografica “On my skin” ecco ancora la vecchia moda del farsi conoscere e noi lo nacquimo…va bene
Arte Fiera Art First è anche molto attenta a valorizzare e sostenere le nuove generazioni di artisti emergenti italiani ed internazionali, e presenta anche quest’anno una sezione dedicata a giovani gallerie di ricerca con non più di 5 anni di attività , per permettere anche ad un pubblico che si avvicina all’arte un investimento in un range di prezzi tra i 500 e i 10.000 euro
A vedere quelle inenarrabili scene apocalittiche haitiane tinte di grigio (polvere e macerie), rosso (sangue) e nero (morti), senti il tuo corpo – di terremotato aquilano scampato fisicamente alla tragedia del 6 aprile – pervaso dalle stesse scosse di un elettrochoc inferte ad un malato mentale. La realtà da cui sei attorniato non coincide più, dopo il Big One, con il topos, il luogo in cui credevi di aver ben impiantato le salde radici della tua sfuggevole esistenza terrena: “un’affacciata di finestraâ€, come dice saggiamente un proverbio marsicano.
La tua impotenza e quella degli sventurati fratelli e sorelle haitiani di fronte alle ferocia devastatrice di una natura maligna – sono sempre i più poveri, i diseredati dimenticati da qualsivoglia dio, a “crepare†per primi – ti obbliga, comunque, una volta di più a guardarti intorno.
Il tuo piccolo cosmo di riferimento, il Paese dell’anima (Silone), visto dalla costa teramana in cui sei tuttora esiliato, è ancora la città natale, L’Aquila, o meglio la “Grande Aquila†comprensiva delle sue frazioni. Distrutta subito dopo la sua edificazione nella metà del Duecento da Manfredi, nuovamente legittimata poi da Carlo I D’Angiò (“Sey anni stette sconciaâ€, Buccio di Ranallo), ancora “messa giù†nei quattro secoli successivi da alcuni terribili terremoti, come quello del 1703.
Un difficile confronto speculare tra il sisma aquilano delle 3.32 e quello haitiano delle 16.53, sembra mettere in luce due inconciliabili realtà : il “Paradiso terremotato†dei ricchi (i bianchi, occidentali aquilani, con le loro tende, casette, camere d’albergo, sotto la paterna ala protettiva emergenziale targata Protezione Civile) e l’ “Inferno sismico†dei pezzenti (i neri, caraibici haitiani, senza acqua, cibo, ospedali, medicine, ricoveri di fortuna; in un paio di parole, alle prese, da sempre, con la trionfante anarchia istituzionale).
Ti accorgi, inoltre, come le macerie, ogni tipo di macerie, si somiglino in modo impressionante. Perciò Haiti = L’Aquila, anche per quanto riguarda il cemento “disarmatoâ€, taroccato dalla cupidigia dei costruttori-assassini, attecchiti, come nefasta gramigna, in ogni parte del globo.
Ti si stringe il cuore poi, quando ti tocca constatare come nella tua “fu città â€, a circa 10 mesi dal sisma, i cumuli delle rovine stiano ancora tutti sparsi là , misurati e misurabili in tonnellate e metri cubi smaltibili in vari anni. Nel frattempo le crepe delle miglia di case non puntellate, si sono allargate a vista d’occhio. Con l’arrivo della inclemente stagione invernale, tra uno spanciamento e l’altro dovuti a piogge e gelo, case, palazzi, chiese e monumenti continueranno a cadere a pezzi o a crollare del tutto nelle disabitate zone rosse ancora presidiate da militari, quasi fosse ancora in corso una guerra: tra chi e che?
Il sole ingrigito dalle polveri haitiane oscurerà per sempre – non ci teniamo ad essere malauguranti profeti – i nitidi azzurri sovrastanti i solidificati silenzi della città -morta, geograficamente posizionata alla latitudine di 42,21 ed alla longitudine di 13,23: numeri magici la cui rispettiva somma, pari a 9, ha favorito da parte di alcuni studiosi, una lettura esoterica legata alla genesi del taumaturgico numero 99.
Avrà buon gioco allora, ne siamo sicuri, la propaganda governativa tesa ad esaltare il “miracolo italiano-aquilano†della sistemazione di 15.000-16.000 concittadini nelle “verdeggianti oasi delle c.a.s.e.tteâ€, miracolo da contrapporre al caos, alle violenze di ogni tipo ed alla completa disorganizzazione dei soccorsi in terra haitiana. Sottacendo un particolare non secondario: L’Aquila faceva e fa parte integrante dell’Italia e dell’Europa, cioè dell’Occidente opulento; l’Haiti francofona, da secoli sfruttata colonialisticamente ed i cui abitanti già soffrivano la fame prima del sisma, è, invece, tra i Paesi più poveri e arretrati del mondo. Un confronto, perciò, improponibile. Per di più offensivo per le decine e decine di migliaia di orfani isolani che costituiranno un vero banco di prova per la verifica di una non-pelosa, interessata solidarietà internazionale. L’infido neo-capitalismo globalizzato, soprattutto finanziario, sa perdere il pelo, ma non il vizio.
Anche se a prima vista potrà sembrare un paradosso, la riedificazione di buona parte della capitale Port-au-Prince e degli altri centri minori “appoltigliati†dal sisma di magnitudo 7.3 del 12 gennaio, presenterà aspetti problematici meno complessi di quelli facenti capo al Centro Storico dell’Aquila.
Là , infatti, è solamente un problema quantitativo, data la marginale presenza di edifici di pregio. Con risorse adeguate, peraltro provenienti esclusivamente dal sostegno finanziario di altri Paesi, sarà possibile ripianificare e riqualificare urbanisticamente il distrutto, senza prevedibili complicazioni di rilievo. Qui, a L’Aquila e negli altri centri storici dei dintorni, la salvaguardia dell’aspetto qualitativo (sintetizzabile nella parola d’ordine “dove era e come eraâ€) sarà propedeutica ad una riuscita, sana e salvifica resurrezione. Non si tratterà semplicemente di  ricostruire la città e gli altri centri storici minori devastati con criteri antisismici più affidabili e meno malandrini di quelli del passato. Piuttosto urge e sempre più sarà indifferibile, riprogettare ab ovo, ripensare con agguerriti strumenti scientifici, intellettuali e creativi, una città -territorio al momento inopinatamente smembrata dagli avventati, sciagurati, insediamenti popolari delle 19 little-towns (come continuo a definirle, al posto di new-towns).
Di nuovo, questi anonimi, standardizzati, costosissimi alloggi (chi e quanto ci ha guadagnato?), non hanno proprio niente, mentre di piccolo-piccolo, molto. Ad iniziare dalla caratteristica di essere, e lo saranno ancora per vari anni, dei semplici ghetti-dormitorio dove sarà consentito ai precari occupanti di sopravvivere alla meno peggio.
Un futuro meno opprimente per loro, per gli altri concittadini già rientrati in zona nelle loro abitazioni e per i circa 30.000 desparecidos  nelle autonome sistemazioni e negli alberghi, ha un solo nome e cognome – L’Aquila / Città d’Europa – ed un univoco indirizzo: Centro Storico.
* Critico d’arte – Art Director del Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus, fondato nel 1988 (L’Aquila, Via Sassa 15, ZONA ROSSA). Attualmente “naufrago†sulla costa teramana. antonio.gasbarrini@gmail.com
questo brano è stato una delle più belle scoperte della mia vita da adolescente… e lo è tutt’ora. Se ci fossero persone umili potrebbero rendere questo pianeta una bella cosa, ma a volte….stevenson…
come si vede le due opere presentate ad un premio nazionale da un artista incapace di ricercare linguaggi veri dell’arte, sono esclusivo lavoro di PILO’. i segnetti impressi sull’immagine di fondo, portatrice di un linguaggio silenzioso e misterico contenuto dalle icone rinascimentali e dall’arte sacra, definiscono quanto è ristretta la misura dell’artista che si è preso il pregio estetico, ma che non possiede nessuna capacità di oltrepassare la debole natura della ricerca che lo possiede. Questo tipo di arte può comportare segni di sconforto che appartengono al flusso emanato dalla debolezza strutturale dell’artista appropriatosi del lavoro di PILO’. Meglio evitarlo…
proprio così caro mario e pensare che di fianco c’è tutto un manuale sulla stregoneria in Africa. Basta cliccare per capirne la portata. Ora, in arte, la magia è funzione ieratica. Purtroppo alcuni ultracinquantenni sprovveduti, nati non bellissimi, a un certo punto, per non aver mai vissuto il mondo se non dentro una misera siepe locale, sballano e cominciano a dare i numeri. la loro arte diventa insalubre e negativa, si ritrovano impossessati dal male; qui gli amici devono intervenire per curarli e accudirli, ma quando il male va oltre il confine del riconosciemnto allora gli amici hanno l’obbligo di denunciarlo.
tu sai che un artista, cui sono stato molto legato, ultimamente ha il male dentro… bisogna che tutta la comunità si faccia merito di curarlo… lo chiedo a tutti voi con grande umiltà e fratellanza. aiutiamolo….se è ancora posssibile….