Aprile 2010


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RISONANZE – PAESAGGI DELLA MENTE

  FRANCO SAVIGNANO E ROSSELLA PIERGALLINI

A cura di Vittoria Coen

Giovedì 8 aprile 2010 ore 18.00

 

Durata della mostra: 8 – 30 aprile 2010

Orario: da martedì a domenica, ore 10 – 18

Lunedì: chiuso  – Ingresso: gratuito

 

Il giorno 8 aprile alle ore 18 si inaugura la mostra “Risonanze” che accoglie le opere recenti diFranco Savignano e  Rossella Piergallini. 

Ospitata nel dicembre 2009 nella sala delle Colonne presso il Museo Cà la Ghironda di Zola Predosa, la rassegna consente un dialogo aperto tra due artisti molto diversi stilisticamente, ma affini, in un certo senso, per ciò che concerne l’analisi interiore dell’uomo.

Gli orizzonti, i paesaggi notturni di Savignano sono popolati da oggetti, esseri viventi, vegetazioni sospese tra montagne lunari e architetture urbane appena delineate. Il lupo, in particolare, rappresenta l’altro da noi, che bisogna conoscere senza averne  timore, per affrontare la vita con consapevolezza.

Piergallini costruisce una dimensione intimista attraverso segni sottili e leggeri sospesi nello spazio che, soprattutto negli esiti monocromi, confermano un’attenzione esistenziale in cui la forma si definisce.

 

 

Informazioni: 

MAGI’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche

via Rusticana A/1, 40066 Pieve di Cento, Bologna

Tel. +39 051 6861545  – Fax +39 051 6860364

info@magi900.com  - www.magi900.com

Orario: tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00. Lunedì chiuso

 

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Anche la tremante terra aquilana ha compiuto un giro ellittico attorno al sole

di Antonio Gasbarrini

Cosa dire o scrivere e, soprattutto cosa fare creativamente per rivivere con un pizzico di distanza emotiva la paurosa, sobbalzante, luttuosa nottataccia delle 3.32?

Una delle vie praticabili è indicata da questa Rassegna d’arte contemporanea già nel suo emblematico titolo-sottotitolo LA DERIVA ALLE 99 CANNELLE. Anche la tremante terra aquilana ha compiuto un giro ellittico attorno al sole. (continua in commenti)

[…] Di  fronte all’abbandono in cui tuttora versano i Beni artistici, architettonici e monumentali distrutti o polverizzati dal sisma (non solo in città), le 9 installazioni di LA DERIVA ALLE 99 CANNELLE intendono porsi e proporsi, pertanto, come “cattiva coscienza” delle incredibili omissioni sino a qui registrate in materia di recupero e restauro dell’ingente patrimonio danneggiato. Su 3,5 miliardi di euro necessari, ne sono stati racimolati circa 35 (vale a dire un centesimo) con i più svariati stratagemmi. Si pensi alle fallimentari adozioni dei 44 monumenti da parte dei Capi di Stato intervenuti lo scorso luglio al faraonico G8 dell’Aquila.

Con la parola d’ordine “Ricominciamo dall’arte”, ogni artista invitato ha elaborato un bozzetto-progetto della sua opera germinata dal terremoto aquilano, sia in senso retrospettivo che proiettivo. L’immagine del bozzetto, insieme al testo di una dichiarazione poetica dell’autore, è stata inserita nel WEB, dove, oltre alla nota critica del curatore, saranno successivamente caricate le immagini ambientali dell’esposizione.

La Rassegna pur essendo effimera nella sua durata avrà una serie di risvolti documentali e mediatici. Tra gli altri, è prevista una ripresa filmica e fotografica dell’evento da parte dello scrittore e Reporter Sans Frontière Pino Bertelli, che saranno proiettate il 23 aprile alla Fondazione Morra di Napoli, in concomitanza della presentazione del suo ultimo libro sul cinema di Guy Debord.

Nell’impareggiabile scenario delle 99 Cannelle gli artisti VITO BUCCIARELLI / DOMENICO BOFFA / CRISTIANA CALIFANO / LEA CONTESTABILE / FABIO DI LIZIO / FRANCO FIORILLO / LICIA GALIZIA /  SERGIO NANNICOLA / RAUL RODRIGUEZ esporranno le loro installazioni sulla base di una preindividuata, quanto concertante collocazione ambientale.

Sulla facciata o vicino alla diruta Chiesa di S. Vito Cristiana Califano propone l’opera Reconstruction, dichiarata metafora del noto videogioco Tetris applicato alla complessa ricostruzione aquilana. Dichiara l’artista: «La metafora del tetris è opportuna poiché è un gioco che “riesce” se si hanno le abilità per costruire e incastrare in maniera precisa e veloce tutti i pezzi. Una cattiva costruzione determina la perdita e quindi il Game over». Entro un paio d’anni sarà possibile valutare, da parte degli aquilani, come andrà a finire un gioco che sembra innocente, ed è invece cominciato con una serie di perversioni (per tutte, la compiaciuta risata dei due imprenditori qualche minuto dopo il sisma).

Sempre all’esterno della Fontana, Fabio Di Lizio erige il monumentale tripode in legno Frammenti, quale evocazione di un ex-voto per un ex-luogo. Un congegno parascientifico atto a misurare, con il solo ausilio della fantasia, la bontà dei selvaggi, quanto tardivi puntellamenti in corso nella città:  «L’opera Frammenti traduce sensibilmente le architetture di contenimento, della messa in sicurezza degli edifici danneggiati dal sisma. Non cerca di imitare la funzione, ma il senso. Il tripode che regge ed è a sua volta retto dal peso del masso, ne parla, lo esorcizza».

Anche Lea Contestabile  affida il suo personale ringraziamento e quello dei concittadini scampati alla morte, incastonando tra  le singole maglie della cancellata 308 poetici, angelici cuori bianchi. La medioevale inferriata, proveniente quasi certamente dalla Basilica di S. Maria di Collemaggio, sembra così una ringiovanita trapunta protettrice dei corpi maciullati: «Questi cuori bianchi dedicati alle 308 vittime del terremoto aquilano sono di garza, un materiale usato per lenire le ferite e risanare il corpo martoriato. Sono lì a ricordarci che quei morti sono i morti di tutta la città e che ognuno di noi è tenuto a conservare e a preservarne la memoria per tutti quelli che verranno».

Raul Rodriguez tende la sua grande tela di ragno della memoria lacerata, dal pavimento al cielo, per raccontarsi e raccontare scenograficamente la temeraria sfida lanciata dal Popolo delle carriole non già al destino o agli dei, ma a tutti gli incalliti imbroglioni mediatici che hanno fatto passare il rassicurante messaggio di una ricostruzione mai cominciata: «Come il narratore ambulante di Mario Vargas Llosa, racconterò le miserie dell’uomo in questa città ferma nel tempo, così qualcuno racconterà a suo figlio come, nell’Impero, il popolo degli uomini che camminano sappia cosa è successo in questo mondo a specchio, dove la gente ha perso la sua ombra».

Sergio Nannicola, alle estremità di due travi incrociate per evocare urbanisticamente gli antichi Quarti in cui era divisa La città negata / La città sospesa (titolo dell’opera), appende, ma anche  sospende a mezz’aria, altrettanti sacchi di plastica trasparenti  riempiti con le macerie e gli oggetti prelevati personalmente in ognuna delle aree urbane martoriate «a testimonianza di una distruzione che a un anno di distanza non trova ancora la strada della ricostruzione. Storia – Arte – Memoria – Presente e Futuro delle persone le quali restano dunque prigioniere di un’attesa senza tempo».

Anche Franco Fiorillo e la sua Una storia alla deriva interloquiscono con l’increspato andirivieni memoriale, salvando dentro 9 bottiglie galleggianti in una delle grandi vasche della Fontana (l’oceano), i frammenti sismici insieme all’immagine fotografica della destrutturata forma originaria: «Questo è il senso: non so se rimarrà qualcosa né come questo avverrà, tutto è nuovo. La cosa certa è che la storia di cui persino la polvere è intrisa, diviene rifiuto, cambia forma».

Dolore, speranza, viaggi ultramondani e agravitazionali s’intersecano, infine, nelle tre restanti opere.

Domenico Boffa completa alle 99 Cannelle il suo lavoro Duecentonovantanoveterzi iniziato all’indomani del sisma su facebook, esponendo tre teche bianche in rovere contenenti 299 “sorrisi mancati” incisi sulla paglierina carta da pacco. Affianchiamoci al suo sconvolto e sconvolgente attraversamento del WEB: «Ho realizzato un trittico incidendo con un taglierino su carta-pacco duecentonovantanove sorrisi, le vittime del sisma [tante erano al momento dell’input su facebook, ne diverranno 308, n.d.a], sorrisi alla Ensor. Era ancora poco, troppo poco. Ho pensato subito a internet, la rete che mi ha mantenuto in contatto con la vera realtà dei post-terremotati. Facebook poteva essere usato creativamente in maniera diversa. Come una tela. Ho iniziato a pubblicare sul mio profilo  dall’undici giugno, ogni giorno,  un sorriso diverso che componeva il trittico accanto al nome e alla data di nascita della persona scomparsa.  Ogni giorno un nome, una data di nascita e un fantasmatico sorriso cartaceo. Questa operazione mi ha aiutato a stare un po’ più vicino al popolo aquilano, a non dimenticare». L’immancabile appuntamento con la DERIVA è fortunosamente arrivato 299 giorni dopo.

Quasi a controbilanciare l’inevitabile pathos dell’installazione precedente, Licia Galizia fa danzare i suoi colorati 99 nodi da sciogliere (in forex) nel vascone frontale della Fontana. In ognuno di essi enigmatici segni e parole-chiave si rincorrono alla stregua degli smozzicati, spesso confusi racconti che gli aquilani continuano a farsi reciprocamente sulla sventurata esperienza sismica e postsismica (provate a sopravvivere in una non-più-città sequestrata ed abbrutita in cui non è più consentito fare nemmeno i rilassanti, familiarissimi quattro passi al Corso): «Le parole sono quelle che in questo ultimo anno si sono ripetute e a volte sono state martellanti, ma sono anche riferite ad azioni poco lecite come ad esempio speculare, ridere, svendere».

Ne LA DERIVA ALLE 99 CANNELLE  non poteva mancare il simbolo par excellance della tragedia:  la tenda. Solo che entrando nel  luminescente Luogotenda di Vito Bucciarelli,  non si respira più l’aria stantia degli anonimi luoghi-spazio in cui sono stati stipati promiscuamente per circa 10 mesi esseri-numeri ridootti progressivamente a simil-larve. La verdeggiante energia fotonica sprigionata al suo interno è segno vivificatore del divenire eracliteo in quanto le sue irrinunciabili equazioni coincidono con: «La terra come territorio, il territorio come umanità, umanità come uomo, uomo come comunità, comunità come villaggio,  villaggio come città: L’Aquila. L’Aquila nel tempospazio agravitazionale del luogo-tenda: contenitore e memoria».

Qui il visitatore può sedersi all’araba, stare in silenzio o raccontare quel che gli passa per la testa: quando si è ALLA DERIVA la parola “divieto” (di entrare nella zona rossa, ad esempio: provate a dirlo ai carriolisti) è scritta sulla fresca, rinfrescante e musicale acqua delle stupefacenti 99 Cannelle.

P. S. Fino a l’altro ieri 1 aprile 2010 l’acqua delle 99 Cannelle continuava a zampillare avendo resistito, com’era già avvenuto nei terremoti dei secoli precedenti, allo scossone mortale delle 3.32.

Poi, nel sopralluogo effettuato insieme a Giancarlo Gentilucci per stabilire gli ultimi dettagli dell’allestimento, ci siamo trovati di fronte all’imbracamento dell’intero monumento e all’”essiccazione” delle fontane. Un duro colpo al progetto. La mostra si farà lo stesso, adattando l’ambientazione delle singole opere alla nuova, penalizzante scenografia architettonica.

Una sola raccomandazione al visitatore: forzi al massimo la sua sensibilità immaginifica e faccia scomparire, come d’incanto, i ponteggi chiudendo gli occhi per ascoltare al meglio lo stereofonico concerto irradiato dall’acqua sorgiva.

P. S. al P. S. A rassegna conclusa, un bel sospiro di sollievo. Tutto è andato per il meglio. Come ogni progetto e work in progress che si rispetti, le opere finali di Sergio Nannicola e Raul Rodriguez sono state “accordate” al nuovo scenario ossificato.

Le 99 ristoratrici borracce della Deriva sono andate a ruba in una manciata di minuti: nonostante tutto….(chi vuol intendere, intenda).

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L’informazione, quale “nuova” metodologia di ricezione e trasmissione dell’esperienza estetica nella cibernetica

ovvero

L’arte della logica e il racconto come strutture della percezione; il calcolo dei “fatti” e dello “stato” di un organismo, in relazione all’ambiente statale e alla situazione politica attuale, sotto il dominio della società dei profitti.

Il saggio è stato scritto dopo uno scambio di scambio di e-mail con Francesco Piselli ed un suo amico e, pertanto, qui conserva il contesto della lettera che risponde a specifiche domande

 

 

Caro Prof Franz

al solito, in allegato alla presente il file di riposta, la seconda parte la invierò entro il primo maggio la terza e quarta parte a giugno e il finale ad ottobre. Prima di spedire questa prima parte della lettera l’ho riletta, e ho constatato sezioni parti superflue; purtroppo, non ho ora il tempo di operare i molti tagli necessari — dal momento che sarà pubblicata per giugno da Juliet, e domani parte per Trieste — perciò, le chiedo scusa per le reiterazioni che sono qui presenti, ma il flusso dell’energia si muove ancora in tante direzioni rendendomi più complessa un’attuale esposizione del discorrere su argomenti così fluidi e fluttuanti. Per questo motivo adotterò, per il prosieguo, la divisione in paragrafi. Non mi soffermerò sui tipi di energia (energia cinetica, sononora, della luce ecc.) né farò riferimento a come essa è prodotta o si propaga (attraverso frequenze, o pressione, o tensione, ecc.), perché un nuovo mondo è sorto dall’energia fotoelettrica, che ha generato lo studio delle radiazioni elettromagnetiche. La sua intensità varia col variare degli elementi presenti in un ambiente dove circola questo nuovo aspetto dell’energia, che può oggi essere amplificata per mezzo di circuiti termoionici.

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Per conoscenza, grazie

BUGIE E FALSITA’
DI LUCREZIA DE DOMIZIO
NEL COMIZIO PUBBLICO DEL 30 MARZO 2010

La recente mostra “PescaraArt 2010? al Museo Colonna di Pescara (dal 6 al 30

marzo) con opere di una quarantina di giovani artisti e l’omaggio ad alcuni

artisti storici (da Beuys a Warhol con opere grafiche e serigrafie, dipinti

e sculture) ha scatenato l’ira di Lucrezia De Domizio, per un presunto falso

della serigrafia di Beuys “Tram stop” presentata in mostra, ma da lei edita

nel 1977 in maniera diversa. L’accusa più diretta della De Domizio è stata

rivolta al catalogo edito da noi (Sala editori) con la pubblicazione del

presunto falso,  e alla responsabilità dell’Assessore alla Cultura del

Comune di Pescara che ha semplicemente patrocinato una iniziativa culturale,

senza esborsi economici.

Premesso che nessuna responsabilità  può essere attribuita ad un Assessore

alla Cultura che recepisce e patrocina  in buona fede i contenuti di una

mostra e del relativo catalogo, è soprattutto il curatore di una mostra il

responsabile attore della qualità  e dei percorsi culturali di una

esposizione, compreso opere esposte in prestito, comunicati stampa e

relativo catalogo. Pur non entrando nel merito della mostra e delle opere

esposte, non ci sembra grave tuttavia l’esposizione di una presunta

serigrafia o prova di stampa artefatta, poiché il significato culturale di

un’opera di un grande artista – anche nella sua falsità o copia – rimane

culturalmente significativa e indelebile, come nel caso di Beuys. Il falso o

la copia di un’opera d’arte attiene esclusivamente al mercato dell’arte ed

alla lealtà  di chi produce, commercia e vende. Più grave e incongruente ci è

sembrata la determinazione di affidare ad una perizia costosa la valutazione

di originalità  di una serigrafia o stampa offset del valore di poche

centinaia di euro!

 

La De Domizio in virtù di una sua presunta storica attività di gallerista e

di sponsor di alcune altre tra le centinaia di serigrafie, multipli offset,

prove di stampa dell’opera di Beuys, prodotti da numerosi altri editori

italiani e stranieri, si è preoccupata di difendere il commercio delle sue

edizioni, scatenando un enorme polemica di accuse sulla stampa quotidiana

locale (Il Centro, Il Messaggero, Il Tempo, ecc.), completata, a chiusura

della mostra, da una sua  “performance-show” sull’ingresso del Museo, con

una divertente pubblica conferenza, piena di insulti per i curatori, bugie e

falsità della sua carriera di gallerista, applaudita ironicamente da qualche

fallito critico locale.

Tra le falsità  dichiarate soprattutto quella della sua generosità nei nostri

confronti di editori e della nascita della Rivista Segno, ….da lei

inventata in concorrenza a Flash Art, unica rivista dell’epoca secondo la De

Domizio. È  Una enorme bugia, giacché  la Rivista Segno, nasce spontaneamente

nell’ottobre del 1976 sulle ceneri della rivista NAC di Roma del critico

Francesco Vincitorio (di cui eravamo amici), e in alternativa alla rivista

abruzzese Art Dimension Art (prodotta a Lanciano e

dalla stessa De Domizio sponsorizzata), alla Rivista Data di Milano di

Tommaso Trini, a Marcatre della Lerici Editore, e naturalmente Artforum

rivista americana già  molto nota in Italia. Una grande falsità esternata

dalla De Domizio all’ inconsapevole pubblico, poiché il numero 1 della

Rivista Segno nasce dalla collaborazione grafica e inventiva del designer

pescarese Ivano Villani per la testata e formato, dalla collaborazione

critica effervescente di Peppino D’Emilio della Galleria Convergenze di

Pescara e dalla generosa partecipazione di Andrea Pazienza alle sue prime

esperienze di vignettista, dalla disponibilità   dei critici romani Giuseppe

Gatt e Giorgio Di Genova. Solo successivamente, mostrando la nostra prima

pubblicazione (contenente una breve intervista alla stessa De Domizio) e

l’intenzione di consultare critici d’avanguardia come Achille Bonito Oliva e

Filiberto Menna, la De Domizio si rende disponibile a finanziare qualche

pagina di pubblicità  con poche migliaia di lire, che invece già  dispensava

in larga misura alle altre riviste citate, attingendo alle generose casse

del barone Buby Durini (prima di sposarlo) in virtù delle sue ampie

proprietà  e dei cospicui introiti derivati dagli indennizzi dei terreni

percorsi dalla costruenda Autostrada A/14 Bologna-Vasto. Spese e risorse

varie per ospitare a Pescara, mostre di qualità , giornalisti, critici d’arte

e artisti, per affermare una credibilità  nazionale e internazionale, a lungo

termine mal gestita, sfociata  (con la morte di Beuys nel 1986) in un

prosciugamento delle risorse economiche da lei stessa a noi rivelate ed ora

pubblicamente ammesso. Risorse che  ritrova a Milano, dove trasferisce

la sua attività , comprando un loft grazie alla generosità economica di tal

Carlo Ciarli, (imprenditore e artista di Alessandria) al quale promette fama

e gloria di artista (mai acquisita o accertata), pagando mostre e fiere

d’arte, recensioni critiche, interviste e pagine di pubblicità  sulle

migliori riviste (anche sulla nostra), con risultati modesti e mai

credibili. Con la morte del marito Buby Durini (vero signore e stimato

personaggio dell’arte), la baronessa Lucrezia De Domizio diventa falsa

figura di se stessa, annullando il meglio della sua immagine storica, per

assumere quella di una vedova pretestuosa e avida di ripercorrere una storia

già  consumata sfruttando ancora oggi la benevolenza o la ingenua credulità

di molte Istituzioni comunali italiane o estere. Una storia che molti

importanti critici d’arte, a suo tempo collaboratori, hanno voluto

dimenticare (da Bonito Oliva, a Germano Celant, da Tommaso Trini a Italo

Tomassoni),  per gli scompensi della sua cultura con il sapere

contemporaneo, per l’insopportabile carattere irascibile e deleterio nei

confronti delle nuove generazioni.

Infine, a proposito delle altre falsità  che la De Domizio ha affermato nei

nostri confronti nel suo pubblico comizio, c’è da dire che se è vero che

abbiamo prodotto insieme una grafica offset “Joseph Beuys – 7000 querce” in

150 copie firmate in nostra presenza dall’artista, la baronessa ha

trascurato di dire che le abbiamo divise in 75 copie ciascuno, da lei tutte

vendute e che successivamente in una fiera a Parigi ce ne ha chieste in

prestito altre 10 copie, mai restituite o pagate!

Pertanto in relazione alle pubbliche affermazioni diffamatorie enunciate

dalla De Domizio, viene dato adito alle vie legali a tutela della nostra

immagine e società  editrice, con richiesta di un cospicuo risarcimento dei

danni provocati.

 

UMBERTO SALA
fondatore e direttore editoriale della Rivista Segno
e membro della Sala Editori snc

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Print.
Lithograph on gray cardstock. 103×26 cm.
Edition: 120, signed and numbnered.
Publisher: Edizioni Lucio Amelio, Naples. Excellent condition. Schellmann, 249.

 

 

 

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Addio a Carinci, lo stampatore di Beuys

PESCARA. Lucio Carinci , 72 anni, lo stampatore dell’ artista tedesco Joseph Beuys , è¨ scomparso nella sua casa di Montesilvano la mattina di Pasqua. Malato da tempo, lascia la moglie Aurelia e i figli Gianluca e Chiara che, ieri pomeriggio, si sono raccolti attorno al feretro nella chiesa colma di Montesilvano. Laureato in Economia e commercio, anche docente per un breve periodo, Carinci è stato un personaggio eclettico: appassionato di musica e soprattutto di arte. Negli anni Settanta, Carinci, che era originario di Chieti, è stato lo stampatore di molti artisti tra cui Beuys, l’artista tedesco che proprio in quegli anni aveva scelto l’Abruzzo, in particolare Bolognano, come sua seconda patria elettiva. Sempre in quel periodo, Carinci ha aperto a Orsogna la discoteca Focus, mecca della musica afro, come viene ricordata, che ha ospitato tanti dj tra cui anche Claudio Di Rocco . Dalla fine degli anni Ottanta, Carinci ha scelto di dedicarsi solo all’arte diventando uno stimato mercante, girando il mondo per comprare opere contemporanee e poi rivenderle. Negli ultimi anni, aveva fissato il suo ufficio a Pescara, in viale Bovio. Carinci non è potuto intervenire nel dibattito sollevato, nell’ ultimo mese, sulla serigrafia «Tram Stop» di Beuys che è stata esposta al museo Colonna di Pescara durante la mostra PescarArt. La serigrafia, secondo il racconto del proprietario, un corniciaio di Montesilvano, era stata stampata proprio da Carinci e recava la firma dell’artista tedesco. Sull’opera esposta al museo Colonna si è aperta per una disputa sulla sua autenticità. Lucrezia De Domizio Durini , amica e seguace di Beuys, ha gridato al falso perché l’opera, secondo la baronessa di Bolognano, era diversa da quella autentica da lei posseduta, sia per le dimensioni che per i colori. Opposto il parere degli organizzatori e dei curatori della mostra che avevano più volte ribadito che su quella serigrafia c’era l’autografo di Beuys. Così ha raccontato Angelo Mucci , il corniciaio di Montesilvano, proprietario dell’opera. Durante i vari incontri delle scorse settimane, Mucci ha ricordato di aver ricevuto in regalo la serigrafia autografata proprio da Carinci. (p.au.) il Centro  06 aprile 2010

 

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                                                    LA DERIVA ALLE 99 CANNELLE                    

Anche la tremante terra aquilana ha compiuto un giro ellittico attorno al sole

di Antonio Gasbarrini

Cosa dire o scrivere e, soprattutto cosa fare creativamente per rivivere con un pizzico di distanza emotiva la paurosa, sobbalzante, luttuosa nottataccia delle 3.32?

Una delle vie praticabili è indicata da questa Rassegna d’arte contemporanea già nel suo emblematico titolo-sottotitolo LA DERIVA ALLE 99 CANNELLE. Anche la tremante terra aquilana ha compiuto un giro ellittico attorno al sole.

L’aperto invito: lasciarsi andare liberamente  tra i marosi ed i flussi irrigiditi di un’intera città pietrificata nelle sue rovine dallo sguardo malefico della Gorgone.

Per rileggerne, in un anarchico vagabondare NON STOP tra le 21 del 5 aprile e le 21 del 6, le magistrali lezioni urbanistiche, architettoniche, monumentali ed artistiche lasciate in eredità alle future generazioni dai padri fondatori a partire dalla metà del Duecento.

LA DERIVA come metafora della  macroscopica diaspora degli aquilani, montanari d’indole più che di nascita, approdati nell’aprile dello scorso anno in circa 30-35.0000 sulla costa abruzzese. Un esodo biblico e di massa, questo, mai verificatosi nella storia postbellica europea. Ovviamente anche per gli altri 30-35.000 ammassati nelle tendopoli e negli altri alloggi di fortuna, si è trattato di una vera e propria deriva esistenziale.

Nell’ambito delle arti visive la parola Deriva, è collegabile a due movimenti d’avanguardia: in modo indiretto al Surrealismo ed in maniera più appropriata al Situazionismo. Si è trattato,  nella prassi avanguardista, di un approccio ludico, ma anche scientifico (a livello inconscio per i compagni di strada di André Breton e psico-geografico per quelli di Guy Debord) instaurato dall’artista con il territorio, mediante la deambulazione senza meta e senza scopo, o in aperta campagna (surrealisti negli anni Venti), o nella metropoli parigina (situazionisti, anni Cinquanta-Settanta).

LA DERIVA aquilana parte storicamente da ben altri presupposti. Innanzitutto si è di fronte all’impossibilità fisica di “camminare” nelle strade, vicoli e vicoletti del centro storico dell’Aquila reso irriconoscibile dal sisma. Sequestrato da un anno dalla Protezione Civile, ma da poco più di un mese riconquistato per qualche ora domenicale nei due lembi di Piazza Palazzo e Piazzetta Nove Martiri dal fiero Popolo delle carriole. Sfondando cancellate e transenne, facendosi sequestrare gli “attrezzi eversivi” (carriole, pale, secchi, rastrelli) e beccandosi promesse denunce penali da parte della Prefettura, su segnalazione della DIGOS (Divisione Investigazioni Generali Operazioni Speciali). E poi, occorrerà affidarsi esclusivamente alla propria immaginazione, per travalicare i “fili spinati” messi a tutela non già dei barcollanti palazzi, chiese e case, ma semplicemente per occultare tutta l’immondizia fisica e morale riversata sulle macerie da ignobili speculatori politici e imprenditoriali senza scrupoli.

Come dare una bruciante risposta a questa tragica situazione? Eccola: riappropriarsi, simbolicamente e visivamente, della città morta. In che modo? Il 6 aprile del 2010 ri/cominciando la risalita verso il Centro antico partendo dalla Fontana delle 99 Cannelle, ancestrale luogo-spazio imbevuto di una sacrale magicità  rivitalizzata con le nove installazioni ispirate al sisma.

Avevo già auspicato in un mio articolo su internet: «Andando a zig zag e non in processione. Spostandosi a caso, per l’intera giornata, liberamente, senza cibo e senza meta, dentro le protettrici mura uterine della loro città fondata sull’acqua (Acquila è una delle etimologie più accreditate) ed innalzata con le pietre. Adesso sbriciolate, metamorfizzate in milioni di tonnellate di macerie indecorosamente ammucchiate da un anno – e lo si può constatare di persona nella fantasmatica Chiesa di S. Vito e nell’intero Borgo della Rivera –  quasi fossero un puzzolente sterco e non già schegge impazzite d’una fragrante memoria sfregiata».

Nell’invocato rito di purificazione, si sorseggi ogni tanto l’acqua delle 99 Cannelle

“ amorevolmente raccolta” nelle 99 borracce recanti la firma degli artisti, «inseparabili compagne di strada dei camminatori di montagna. Guardando in alto per scorgere l’avvento ed assecondare il primaverile volteggio di un’aquila regale. Fermandosi per riprendere fiato. Perdendosi, ritrovandosi e abbracciandosi: nonostante tutto».

***

Dalle stalle alle stelle: Anche la tremante terra aquilana ha compiuto un giro ellittico intorno al sole. Il sottotitolo della mostra ha inteso richiamare l’attenzione sul fatto che non solo il 6 aprile 2010 sarà trascorso un anno di calendario, ma un intero anno astronomico. Durante il quale, mentre la città fantasma dell’Aquila è rimasta paralizzata nel suo inquietante ammasso di rovine, la terra ha compiuto il suo dinamico ed ellittico moto intorno al sole, percorrendo circa 940 milioni di Km. Ma, la scoperta delle orbite ellittiche dei pianeti del sistema solare da parte di Keplero, rispetto alle consolidate orbite circolari vaticinate da Aristotile fino allo stesso Copernico, ha aperto le porte alla modernità concettuale di una diversa configurazione dello spazio, approdata, agli inizi del Novecento, nel rivoluzionario spaziotempo einsteiniano. Questo sottotitolo, inoltre, sottende un messaggio subliminale: un aperto invito, agli aquilani, oppressi  e depressi per le loro attuali condizioni di vita e di non-lavoro, di guardare in alto, quell’alto stellato aperto solo al futuro ed in cui qualche giorno fa è stata individuata una galassia sconosciuta distante 10 miliardi di anni luce, da cui è possibile attingere ancora ammaestramenti metafisici, ma anche poetici.

Di conseguenza l’arte e la creatività, per la città spettrale dell’Aquila, dovranno essere già nel presente, e di più nell’immediato avvenire, il volano privilegiato della ri/nascita civile e culturale di una intera comunità attualmente ghettizzata nelle 19 little towns, nella dissestata periferia urbana, nelle malconce frazioni e comuni viciniori, negli alberghi e nelle sistemazioni autonome della costa e della Provincia.

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Di  fronte all’abbandono in cui tuttora versano i Beni artistici, architettonici e monumentali distrutti o polverizzati dal sisma (non solo in città), le 9 installazioni di LA DERIVA ALLE 99 CANNELLE intendono porsi e proporsi, pertanto, come “cattiva coscienza” delle incredibili omissioni sino a qui registrate in materia di recupero e restauro dell’ingente patrimonio danneggiato. Su 3,5 miliardi di euro necessari, ne sono stati racimolati circa 35 (vale a dire un centesimo) con i più svariati stratagemmi. Si pensi alle fallimentari adozioni dei 44 monumenti da parte dei Capi di Stato intervenuti lo scorso luglio al faraonico G8 dell’Aquila.

Con la parola d’ordine “Ricominciamo dall’arte”, ogni artista invitato ha elaborato un bozzetto-progetto della sua opera germinata dal terremoto aquilano, sia in senso retrospettivo che proiettivo. L’immagine del bozzetto, insieme al testo di una dichiarazione poetica dell’autore, è stata inserita nel WEB, dove, oltre alla nota critica del curatore, saranno successivamente caricate le immagini ambientali dell’esposizione.

La Rassegna pur essendo effimera nella sua durata avrà una serie di risvolti documentali e mediatici. Tra gli altri, è prevista una ripresa filmica e fotografica dell’evento da parte dello scrittore e Reporter Sans Frontière Pino Bertelli, che saranno proiettate il 23 aprile alla Fondazione Morra di Napoli, in concomitanza della presentazione del suo ultimo libro sul cinema di Guy Debord.

Nell’impareggiabile scenario delle 99 Cannelle gli artisti VITO BUCCIARELLI / DOMENICO BOFFA / CRISTIANA CALIFANO / LEA CONTESTABILE / FABIO DI LIZIO / FRANCO FIORILLO / LICIA GALIZIA /  SERGIO NANNICOLA / RAUL RODRIGUEZ esporranno le loro installazioni sulla base di una preindividuata, quanto concertante collocazione ambientale.

Sulla facciata o vicino alla diruta Chiesa di S. Vito Cristiana Califano propone l’opera Reconstruction, dichiarata metafora del noto videogioco Tetris applicato alla complessa ricostruzione aquilana. Dichiara l’artista: «La metafora del tetris è opportuna poiché è un gioco che “riesce” se si hanno le abilità per costruire e incastrare in maniera precisa e veloce tutti i pezzi. Una cattiva costruzione determina la perdita e quindi il Game over». Entro un paio d’anni sarà possibile valutare, da parte degli aquilani, come andrà a finire un gioco che sembra innocente, ed è invece cominciato con una serie di perversioni (per tutte, la compiaciuta risata dei due imprenditori qualche minuto dopo il sisma).

Sempre all’esterno della Fontana, Fabio Di Lizio erige il monumentale tripode in legno Frammenti, quale evocazione di un ex-voto per un ex-luogo. Un congegno parascientifico atto a misurare, con il solo ausilio della fantasia, la bontà dei selvaggi, quanto tardivi puntellamenti in corso nella città:  «L’opera Frammenti traduce sensibilmente le architetture di contenimento, della messa in sicurezza degli edifici danneggiati dal sisma. Non cerca di imitare la funzione, ma il senso. Il tripode che regge ed è a sua volta retto dal peso del masso, ne parla, lo esorcizza».

Anche Lea Contestabile  affida il suo personale ringraziamento e quello dei concittadini scampati alla morte, incastonando tra  le singole maglie della cancellata 308 poetici, angelici cuori bianchi. La medioevale inferriata, proveniente quasi certamente dalla Basilica di S. Maria di Collemaggio, sembra così una ringiovanita trapunta protettrice dei corpi maciullati: «Questi cuori bianchi dedicati alle 308 vittime del terremoto aquilano sono di garza, un materiale usato per lenire le ferite e risanare il corpo martoriato. Sono lì a ricordarci che quei morti sono i morti di tutta la città e che ognuno di noi è tenuto a conservare e a preservarne la memoria per tutti quelli che verranno».

Raul Rodriguez tende la sua grande tela di ragno della memoria lacerata, dal pavimento al cielo, per raccontarsi e raccontare scenograficamente la temeraria sfida lanciata dal Popolo delle carriole non già al destino o agli dei, ma a tutti gli incalliti imbroglioni mediatici che hanno fatto passare il rassicurante messaggio di una ricostruzione mai cominciata: «Come il narratore ambulante di Mario Vargas Llosa, racconterò le miserie dell’uomo in questa città ferma nel tempo, così qualcuno racconterà a suo figlio come, nell’Impero, il popolo degli uomini che camminano sappia cosa è successo in questo mondo a specchio, dove la gente ha perso la sua ombra».

Sergio Nannicola, alle estremità di due travi incrociate per evocare urbanisticamente gli antichi Quarti in cui era divisa La città negata / La città sospesa (titolo dell’opera), appende, ma anche  sospende a mezz’aria, altrettanti sacchi di plastica trasparenti  riempiti con le macerie e gli oggetti prelevati personalmente in ognuna delle aree urbane martoriate «a testimonianza di una distruzione che a un anno di distanza non trova ancora la strada della ricostruzione. Storia – Arte – Memoria – Presente e Futuro delle persone le quali restano dunque prigioniere di un’attesa senza tempo».

Anche Franco Fiorillo e la sua Una storia alla deriva interloquiscono con l’increspato andirivieni memoriale, salvando dentro 9 bottiglie galleggianti in una delle grandi vasche della Fontana (l’oceano), i frammenti sismici insieme all’immagine fotografica della destrutturata forma originaria: «Questo è il senso: non so se rimarrà qualcosa né come questo avverrà, tutto è nuovo. La cosa certa è che la storia di cui persino la polvere è intrisa, diviene rifiuto, cambia forma».

Dolore, speranza, viaggi ultramondani e agravitazionali s’intersecano, infine, nelle tre restanti opere.

Domenico Boffa completa alle 99 Cannelle il suo lavoro Duecentonovantanoveterzi iniziato all’indomani del sisma su facebook, esponendo tre teche bianche in rovere contenenti 299 “sorrisi mancati” incisi sulla paglierina carta da pacco. Affianchiamoci al suo sconvolto e sconvolgente attraversamento del WEB: «Ho realizzato un trittico incidendo con un taglierino su carta-pacco duecentonovantanove sorrisi, le vittime del sisma [tante erano al momento dell’input su facebook, ne diverranno 308, n.d.a], sorrisi alla Ensor. Era ancora poco, troppo poco. Ho pensato subito a internet, la rete che mi ha mantenuto in contatto con la vera realtà dei post-terremotati. Facebook poteva essere usato creativamente in maniera diversa. Come una tela. Ho iniziato a pubblicare sul mio profilo  dall’undici giugno, ogni giorno,  un sorriso diverso che componeva il trittico accanto al nome e alla data di nascita della persona scomparsa.  Ogni giorno un nome, una data di nascita e un fantasmatico sorriso cartaceo. Questa operazione mi ha aiutato a stare un po’ più vicino al popolo aquilano, a non dimenticare». L’immancabile appuntamento con la DERIVA è fortunosamente arrivato 299 giorni dopo.

Quasi a controbilanciare l’inevitabile pathos dell’installazione precedente, Licia Galizia fa danzare i suoi colorati 99 nodi da sciogliere (in forex) nel vascone frontale della Fontana. In ognuno di essi enigmatici segni e parole-chiave si rincorrono alla stregua degli smozzicati, spesso confusi racconti che gli aquilani continuano a farsi reciprocamente sulla sventurata esperienza sismica e postsismica (provate a sopravvivere in una non-più-città sequestrata ed abbrutita in cui non è più consentito fare nemmeno i rilassanti, familiarissimi quattro passi al Corso): «Le parole sono quelle che in questo ultimo anno si sono ripetute e a volte sono state martellanti, ma sono anche riferite ad azioni poco lecite come ad esempio speculare, ridere, svendere».

Ne LA DERIVA ALLE 99 CANNELLE  non poteva mancare il simbolo par excellance della tragedia:  la tenda. Solo che entrando nel  luminescente Luogotenda di Vito Bucciarelli,  non si respira più l’aria stantia degli anonimi luoghi-spazio in cui sono stati stipati promiscuamente per circa 10 mesi esseri-numeri ridootti progressivamente a simil-larve. La verdeggiante energia fotonica sprigionata al suo interno è segno vivificatore del divenire eracliteo in quanto le sue irrinunciabili equazioni coincidono con: «La terra come territorio, il territorio come umanità, umanità come uomo, uomo come comunità, comunità come villaggio,  villaggio come città: L’Aquila. L’Aquila nel tempospazio agravitazionale del luogo-tenda: contenitore e memoria».

Qui il visitatore può sedersi all’araba, stare in silenzio o raccontare quel che gli passa per la testa: quando si è ALLA DERIVA la parola “divieto” (di entrare nella zona rossa, ad esempio: provate a dirlo ai carriolisti) è scritta sulla fresca, rinfrescante e musicale acqua delle stupefacenti 99 Cannelle.

P. S. Fino a l’altro ieri 1 aprile 2010 l’acqua delle 99 Cannelle continuava a zampillare avendo resistito, com’era già avvenuto nei terremoti dei secoli precedenti, allo scossone mortale delle 3.32.

Poi, nel sopralluogo effettuato insieme a Giancarlo Gentilucci per stabilire gli ultimi dettagli dell’allestimento, ci siamo trovati di fronte all’imbracamento dell’intero monumento e all’”essiccazione” delle fontane. Un duro colpo al progetto. La mostra si farà lo stesso, adattando l’ambientazione delle singole opere alla nuova, penalizzante scenografia architettonica.

Una sola raccomandazione al visitatore: forzi al massimo la sua sensibilità immaginifica e faccia scomparire, come d’incanto, i ponteggi chiudendo gli occhi per ascoltare al meglio lo stereofonico concerto irradiato dall’acqua sorgiva.

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“La Deriva alle 99 Cannelle”

L’Aquila dalle ore 21,00 del 5 alle ore 21,00 del 6  aprile 2010

 

         Per la rassegna delle arti “Guardarsi dentro, incontrarsi con le arti”  (L’Aquila,12 febbraio-22 maggio 2010), promossa dal Servizio Politiche Culturali della Regione Abruzzo con la direzione artistica di Giancarlo Gentilucci, il 5 aprile alle ore 21,00 inaugurazione della

MOSTRA-EVENTO  NON STOP “La Deriva alle 99 Cannelle”

            La mostra, a cura di Antonio Gasbarrini con il Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea “Angelus Novus” dell’Aquila, vede la partecipazione di 9 artisti che esporranno le loro installazioni ispirate al sisma.

Vicino la Chiesa di S. Vito Cristiana Califano propone l’opera “Reconstruction” (dichiarata metafora del noto videogioco Tetris applicato alla complessa ricostruzione aquilana) e Fabio Di Lizio erige un monumentale tripode in legno “Frammenti”, quale evocazione di un ex-voto per un ex-luogo. Tra  le singole maglie della cancellata Lea Contestabile incastona 308 cuori bianchi, all’interno della Fontana ci saranno le installazioni di Raul Rodriguez (una grande tela di ragno della memoria lacerata), Sergio Nannicola (quattro sacchi di plastica sospesi, riempiti con le macerie e gli oggetti raccolti personalmente nei 4 quarti della città),  Franco Fiorillo (9 bottiglie, galleggianti in una delle grandi vasche della Fontana, contenenti la polvere sismica), Domenico Boffa (tre teche bianche in rovere contenenti “sorrisi mancati” incisi su carta da pacco), Licia Galizia (che scrive una parola-chiave evocatrice in ognuno dei suoi 99 nodi colorati da sciogliere), Vito Bucciarelli (che installa una tenda dove i visitatori potranno incontrare il verde e luminescente universo agravitazionale, sedersi all’araba sui cuscini, raccontare le loro storie, leggere brani, recitare poesie).

            Parte integrante della mostra-evento è costituita dal rito laico propiziatorio della DERIVA: 99 borracce con le firme autografe degli artisti che dovevano essere riempite simbolicamente con l’acqua rigeneratrice delle 99 Cannelle e donate quindi ai visitatori ma, purtroppo, solo da pochi giorni il monumento è stato imbracato e l’acqua è stata chiusa.  La mostra si farà lo stesso, adattando l’ambientazione delle singole opere alla nuova, penalizzante scenografia architettonica.     

Il programma generale di “Guardarsi dentro” è su: www.guardarsidentro.it

info: info@guardarsidentro.it – 3207657511

 

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