Agosto 2010
Mar 10 Ago 2010
Mar 10 Ago 2010
facebook, il luogo della nuova letteratura: la QUESTIONE beuys
Posted by Antonio Picariello under arte/teatroNo Comments
DAL SITO DI Gian Ruggero Manzoni
Finalmente la verità sul passato di Joseph Beuys – e che vada detta alla buonora !!!
di  Gian Ruggero Manzoni
 domenica 4 luglio 2010 alle ore 13.00
http://www.youtube.com/watch?v=iGJwy_GcUJc&feature=related
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Conosciamo tutti bene il volare sugli Stukas di Joseph Beuys, durante il Secondo Conflitto Mondiale, come sergente mitragliere di coda della Luftwaffe sul fronte russo, il suo abbattimento, la morte del suo pilota, il suo venire recuperato dai ‘camerati’ tedeschi (aiutati da Tartari, notoriamente filotedeschi e antibolscevichi – perciò è una balla che venne curato da loro), poi, portato in ospedale e una volta guarito, il suo arruolarsi (non esistendo quasi più aviazione) nel Battaglione di Paracadutisti “Gespenst” (Fantasma) che agiva oltre le linee alleate, sul fronte occidentale, per azioni di saboraggio, e questo fino a quando non venne catturato dagli inglesi. Quindi il suo “sentimento patrio” fu oltremodo elevato, ma ciò non toglie che sia stato un protagonista della Storia Culturale del 900, come Celine, Pound e infiniti altri che militavano nella destra. Mi disturba che tali passaggi non vengano resi noti (è tabù questo passato di Beuys), meglio, per molti, spacciare la storiella dei Tartari, del grasso, del feltro etc. etc (cosa che del resto anche lui ha alimentato in vita), indubbiamente perché fa-faceva più personaggio alternativo-sciamanico… anche se a me, personalmente, coinvolge, di più, il suo essere andato fino in fondo per un’idea, a prescindere di quale essa fosse. Quindi onore a Joseph Beuys !!!
NB. L’amico Andrea Lombardi, storico e fine conoscitore della Seconda Guerra Mondiale (vista dalla parte dei ‘vinti’) mi ha inviato questo messaggio… lo ringrazio enormemente, così da fare ancora maggiore chiarezza su Joseph Beuys combattente: “Non esiste nessuna gespenst Fallschirm-Division; Beuys entrò nel Fallschirm-Rgt 19, reparto della 7a Fallschirm-Division, unità che operò in combattimenti terrestri contro gli Alleati in Olanda e nella Germania Occidentale. Come parà a terra Beuys fu decorato della Croce di Ferro di 1a classe, del distintivo per i combattimenti terrestri della Luftwaffe (Erdkampfabzeichen der Luftwaffe) e del distintivo per feriti in Argento (dovuto alle 4 ferite riportate in combattimento). Forse il tuo piccolo errore, GRM, deriva che ci fu una 7a Divisione fantasma – gespenster, ma era la 7a Panzer-Division: corazzata, non parà “. Ottimo !!! Ancora grazie Andrea.
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Caro Gia.Rug. è chiaro che siamo tutti d’accordo non per opinione ma per dato di fatto, con l’ analisi scacchistica dei percorsi avvenuti. Siamo intelligenti come Marcel Duchamp e abbiamo più di mezzo secolo nelle ossa. Però mi rode pensare… mio padre s/ufficiale motociclista p.o. del deserto, sette anni a Johannesburg prigioniero nei campi di concentramento degli inglesi. Mi parlava spesso di Rommel ( facendomene innamorare) diceva di un soldato uomo che ha salvato centinaia di volte la vita degli italiani lasciati a seccare come stoccafissi al sole del nord africa. L’arte tedesca la ritengo insieme a quella russa e indiana tra le più serie (soprattutto in campo ottico ed elettronico) l’arte italiana si arrangia alla meglio con picchi di ricerca potentissimi che inevitabilmente finiscono nelle gallerie e aste americane. L’arte africana fino a poco tempo fa era tra le più sincere e potenti. Sinceramente preferisco Jean-Hubert Martin con le Magiciens de la Terre dell’89 al Centre Georges Pompidou che la ricognizione solitaria di beuys o per certi aspetti lo spezialismo materico di burri doctor nei campi texani. Quando penso a burri non so perché mi viene in mente malaparte… se penso a camus sento la scrittura con ancora dentro l’africa… questo per dire semplicemente che la storia del gusto e del dolore non si equivalgono,ma entrambe le storie hanno valore assoluto. Siamo ancora animali; per la robotica ci vuole ancora qualche passettino da GRU il Cattivissimo… e comunque preferisco per affetto Jacovitti che adorava il fasc ma disegnava come la poesia di Majakovskij….
07 luglio alle ore 15.46 ·
Gian Ruggero Manzoni Sei un grande Antonio… concordo.
07 luglio alle ore 16.54 ·
‎@ Carlo Sacripante… nazisti? fascisti? “Di questo passo onoreremo anche i due [senza fare nome]vigliacchi che portarono il loro paese alla rovina.”? Nessuno pensa questo. Che Mussolini, Hitler e Stalin marciscano all’Inferno, se esiste. … Ma tu, dall’alto del tuo “raccolsi un sasso e lo rincorsi buttandogli quel sasso, per fortuna per me e lui, sbagliai mira”, vorresti giudicare un ragazzo di 22 anni, quanti ne aveva Beuys nel 1943, che “per la patria” si è trovato nella carlinga di uno Stuka, con qualche mm dello scatolato di alluminio aeronautico a difenderlo dalla contraerea e dalle 12.7 mm delle mitragliatrici BS dei caccia russi, e poi, nel 1944/1945, cacciato nella sua buca individuale, martellato dall’artiglieria e dall’aviazione Alleata, ogni giorno, per mesi? E @ GRM, molto probabilmente a questo punto Beuys non combatteva più “per quell’idea di mondo”, ma perchè, come tutti i soldati di ogni tempo, dopo che per anni hai marciato accanto ai tuoi commilitoni, seppellendoli battaglia dopo battaglia, dopo che hai difeso un lembo di terra che non avresti -in tempo di pace- pagato due lire, versando il sangue tuo e di quelli che hanno una divisa diversa, non puoi che continuare, in memoria di quelli che sono morti al tuo fianco, compreso quello che eri te stesso prima di andare in guerra, seguendo il rullo del tamburo.Mostra tutto
07 luglio alle ore 21.29 ·
Gian Ruggero Manzoni Giuste considerazioni, Andrea. Grazie.
07 luglio alle ore 23.16 ·
Non c’è nessuna delicatezza del tema, lo scrivo senza arroganza. Il fascismo ed il nazismo non sono due pensieri politici qualsiasi. Si fondano, tutt’ora-la bestia è ben viva- sulla convinzione che l’uguaglianza degli uomini vada spezzata, …che con la violenza vada creata un’umanità diversa di eletti e di dannati. Ogni cosa li ha combattuti ha comunque un merito, ogni cosa li ha sostenuti è stata dalla parte sbagliata.
Le vite invece più che giudicate vanno conosciute e qui la verità è sempre meglio della menzogna, di qualsiasi menzogna.Mostra tutto
09 luglio alle ore 10.26 ·
Gian Ruggero Manzoni Mi trovi d’accordo, Davide, resta il fatto, come dici alla fine, che è fondamentale sapere la verità (o tentare di saperla) senza mai pararsi gli occhi o procedere in base a preconcetti perché, se così succede, il rischio è di cadere in prevenzioni definibili ‘demoniache’ anch’esse e limitanti ciò che dovrebbe essere un sano sviluppo di ordine culturale (nonché e quindi civile).
09 luglio alle ore 10.39 ·
‎@ D. Ferrari: parlare di storia come se essa si focalizzasse sempre e solo in “fascismo e nazismo” (approposito, guarda che la convinzione ” che con la violenza vada creata un’umanità diversa di eletti e di dannati” è proprio al 100% anch…e quella dei Gulag e Katyn) è un pò limitante.
Approposito, per nostra sfortuna la “bestia ben viva” è il berlusconismo, altro che “nazifasssssismo che non pasaran”. Attendiamo pari indignazione, ogni tanto, per i Sartre che sorvolavano sui Gulag e gli Aragon cantori della GPU (e per inciso: non che mi importi “condannarli” per questo, ma così, tanto per cambiare)… Mostra tutto
09 luglio alle ore 10.43 ·
Angelo Riviello su wikipedia c’è quasi tutto…
09 luglio alle ore 12.15 ·
Franz Krauspenhaar molti dei grandi artisti del 900 erano di destra, o perlomeno avevano avuto dei contatti o delle “simpatie”.
09 luglio alle ore 12.25 ·
lo sappiamo…addirittura Ezra Pound (il quale era di destra convinto)…difese il fascismo di mussolini, tanto da essere arrestato con l’accusa di alto tradimento da parte degli anglo-americani e poi fu internato in una clinica psichiatra…… e tanti intellettuali, poeti e artisti italiani, che ingenuamente credettero in una rivoluzione (nazional-socialista)…Anche in Russia, molti artisti credettero alla Rivoluzione bolscevica…Poi una volta istituzionalizzata, abbiamo visto lo viluppo e le varie persecuzioni..soprattutto nei confronti degli artisti, poeti e intellettuali.
Però ci fu, chi in Germania (tanti artisti che hanno fatto la storia dell’arte del 900) fu definito “artista degenerato” che rifiutò il nazismo e scappò negli States…portando così una ventata di contemporaneità in quella nazione…a parte già l’opera decisiva di un Duchamp, che si recò in quella nazione, prima che scoppiasse la guerra mondiale del 1915-18…
Morale delle favola: l’artista deve creare…non è, e non può essere un guerrafondaio…Se Picasso si fosse recato in Spagna nel 1936 a combattere nella guerra civile, contro i franchisti, non avrebbe dipinto “Guernica”…Ebbe più coraggio a restare nel suo atelier che ad arruolarsi nelle forze repubblicane del Fronte popolare…
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09 luglio alle ore 12.53 ·
oddio, come esempio di “artista coraggioso” si poteva magari citare un altro che non fosse il riciclatore del “En muerte del torero Joselito” ;-)))
E non credo sia questione di essere “guerrafondai”… Marc, Orwell e tanti altri non erano ce…rto guerrafondai; sono andati in guerra operando o subendo scelte in un dato momento della loro vita.Mostra tutto
09 luglio alle ore 13.10 ·
Davide Ferrari W Picasso, W Sartre, W la libertà . Poichè in troppi usano cavillosità per distruggere la storia, per avere un’altra chanche, io semplifico il punto di vista. Peraltro, anche così, resta giusto e… Buona giornata.
09 luglio alle ore 14.53 ·
Andrea Lombardi Massì, chessono sti cavilli, sti Gulag, sta Katyn, W Stalin, W Pol Pot, W il Lambrusco, W la fica!!! e… Buona giornata.
09 luglio alle ore 15.22 ·
certo Marc, Orwell e tanti altr…caro @Lombardi…come i futuristi di cui la guerra era “la sola igiene del mondo”…Poi abbiamo visto i rimpianti, il ripudio, le rabbie, le frasi coniate come”guerra=insetti+noia†(di Boccioni) e le morti… in combattimento a soli 28 anni di un genio mancato dell’Architettura moderna come Antonio Sant’Elia!!!
Gli rimase solo una Medaglia d’Argento al valor militare (e un’Italia che non ha mai conosciuto una rivoluzione, cadendo oggi in mano ai mafiosi che ci governano).…e le frasi coniate come”guerra=insetti+noia”, di Boccioni, anch’egli morto a seguito di una caduta da cavallo in una esercitazione militare, nello stesso anno di Antonio…dopo aver aspramente ripudiato la guerra e la violenza dell’uomo sull’uomo!!!
Certo, caro mio, se io venissi provocato, minacciato e assalito, senza avere l’opportunità di prevedere la violenza, per evitare il peggio, la mia reazione sarebbe solo per legittima difesa…e per l’istinto di sopravvivenza. Penso che questo sia umano…o no? Non sono un pacifista tout court….come forse avrai frainteso. L’altra guancia io non la porgo!!
p.s. ognuno è libero di citare gli artisti che vuole…Tu ti citi i tuoi. Io i miei.
Buona giornata
09 luglio alle ore 15.22 ·
‎”un’Italia che non ha mai conosciuto una rivoluzione” bè, la Russia la ha conosciuta, e son finiti con Putin… vedi un pò te.
“ognuno è libero di citare gli artisti che vuole…Tu ti citi i tuoi. Io i miei.” Io non ho “miei” artisti. Un ar…tista è un artista a prescindere. Dire “tuoi-miei” è un pò come giocare con le figurine. Io continuo sempre a giocare, ma con le figurine ho smesso da un pò. Buona giornata.Mostra tutto
09 luglio alle ore 15.26 ·
Andrea Lombardi ‎”L’altra guancia io non la porgo!!” Però.
09 luglio alle ore 15.26 ·
intendevo la Rivoluzione Francese non quella d’ottobre in Russia..E poi, ognuno ripeto esprime le proprie opinioni. Siamo ancora un pò…dico un pò…in libertà ? Che significa un artista è un artista a prescindere? Appunto tu hai un tuo con…cetto ed io ne ho un altro. Ok? …mi sembri Totò…quando diceva “armatevi e partite!”…ma era il grande Totò, il Princpe della rissta…ah ah ah
Sono tutti quelli come me che ripudiando la guerra NON PORGONO Lì’ALTRA GUANCIA! Tu invece mi sembra che non la ripudi affatto…e pretenderesti che tutti gli artisti, dico tutti, si armassero per guerreggiare…ah ah ah !! Vedo che ami veramente l’arte…complimenti.Mostra tutto
09 luglio alle ore 15.50 ·
Oggi la questione, a mio avviso, non si risolve nell’essere (stati) da una parte o dall’altra, ma del come l’Arte non incida più nel sociale, non sia in Avanguardia, sia in nome del Pacifismo, sia in nome della Libertà , sia in nome di una q…ualsiasi idealità . Oggi l’Arte è al traino del Profitto come qualsiasi altra manifestazione ‘creativa’ dell’Occidente e non solo. L’Arte, come spinta, come pungulo, come Movimento, come spinta in funzione di una Fede non esiste più, e ve lo dice chi crede che l’Arte sia comunque un’arma (di difesa o di offesa) come qualsiasi altra. La prima metà del ‘900, rifacendosi a tutto ciò che è avvenuto nell’800, è stato terreno di sfida tra opposte visioni del mondo. Semplificando… da un lato l’onda lunga Romantica, Irrazionale, poi Simbolista, poi Decadente, quindi Nichilista (nell’accezione alta del termine) che approda alle visioni della destra storica e con esse prende forma (non certo della ‘destra’ da barzelletta di Berlusconi & C.), dall’altro lato l’onda lunga che parte dalla Rivoluzione Francese, divenendo Positivista, Scientista, Materialista, dando luogo alla Rivoluzione Russa e all’affermarsi del pensiero Marxista-Leninista. Poi i Totalitarismi (Sociali) in nome di entrambe le onde. Tra le due componenti, se andiamo a fare una botta di conti, sono stati, in percentuale, più gli artisti attratti dalla prima o dalla seconda onda? Forse siamo su posizioni paritarie: 50 e 50. Resta il fatto, però, che la visione Irrazionale-Spirituale-Ultra Umana si sta di nuovo consolidando, mentre quella Materialista-Relativista-Realista si sta indebolendo.
Direi che è questa la riflessione da farsi, così come è necessario, e lo ripeto, quando si studia la Storia dell’Arte, o quella della Letteratura, della Musica etc. etc. sapere più che bene a quale tipo di riferimento ideale un artista (nel senso generale del termine) si rifaceva, si è rifatto e si rifà . Se non si procede così tutto verrà sempre travisato in funzione di coloro che scrivono o, meglio, ri-scrivono la storia a loro uso e consumo… cioè di coloro che dopo lo scontro di pensiero, culturale e anche religioso (com’è poi è stata anche la Seconda Guerra Mondiale), sono risultati i vincitori. E a questo io non ci sto più. necessita che sia fatta totalmente luce sulle dinamiche, sui perché e sui per come senza fasciarsi la testa, cioè nella maniera più obiettiva possibile. Detto questo Beuys prima di divenire il ‘guru’ dell’Ecologismo e dell’Arte condotta a Dialettica, è stato uomo di destra. Onore a lui (e lo ripeto) perché, quale combattente nazionalsocialista (non aguzzino da campo di sterminio, ma combattente in prima linea), è andato fino in fondo. Lo stesso onore delle armi (in base a questo mio codice) va a chiunque altro abbia combattutto fino in fondo dall’altra parte, credendo in un’altra visione del mondo. Quindi onore ai “Che” Guevara, ai Gramsci, ai Rosselli e a chi volete. Che poi nella deriva folle che spesso assumono certe posizioni estreme si giunga al genocidio di massa, alla pulizia etnica, al macellare indiscriminatamente civili inermi in nome di una Fede o di un Dio etc. etc. non certo solo la Seconda Guerra Mondiale ne è stato esempio, ma, a mio modesto avviso, lo è stata tutta la Storia dell’umanità fino ad oggi. E anche ora, come ben sappiamo. Del resto, sempre in base alla mia visione di codice (etico-estetico), rendo l’onore delle armi anche a quei terroristi che hanno messo in atto l’attacco agli USA dell’ 11 settembre 2001… logico che, dopo l’onore delle armi, sarei il primo io a farli fuori se ne fossero usciti vivi, ma questo è un altro discorso… è un altro paio di maniche… non è quello che ho ‘lanciato’ qui, considerato che qui si sta parlando di uomini-artisti che hanno avuto il coraggio e la tenuta di andare fino in fondo. Chi, oggi, ha tale tenuta, visti i milioni di baldracche (a destra come a sinistra) che ci sta proponendo questo siparietto di marionette e pupi alla riscossa? Questo è il punto. La corruzione e la marciscenza sono ormai totali e ammorbanti, sia da una parte sia dall’altra come poi al centro, e gli artisti (quasi del tutto baldracche anche loro) non ne sono immuni e tantomeno si ergono quali esempi, ma seguno il flusso… ‘arrangiandosi’, ‘adattandosi’, succhiando opportunisticamente il più possibile, riciclandosi, quali piccoli arrampicatori, parvenù, travet del Pensiero e dell’Opera.Mostra tutto
09 luglio alle ore 16.44 ·
A ripensarci bene, confesso: sono in crisi….il caro, carissimo Lombardi, mi ha messo in crisi! Mi ha convinto. Non sapevo che Picasso, Duchamp e tutta quella marmaglia di artisti, registi, attori, poeti, scrittori, musicisti degenerati (c…ome Oskar Schlemmer, Otto Dix, Chagall, Paul Klee, Oskar Kokoschka, Fritz Lang, Max Reinhardt, Max Ernst, Arnold Schoenberg e tanti altri che furono costretti a fuggire dalla Germania nazista, dall’Austria, dall’Europa, dopo la chiusura della scuola del Bauhaus e dopo la guerra dichiarata alla cultura, intesa come conoscenza, con migliaia di libri bruciati in piazza …fossero dei vigliacchi. Boccioni poi, oltre che essere un vigliacco è stato anche un traditore della PATRIA…
Si hai ragione…”la guerra come sola igiene del mondo” e “guai ai vinti”!! Picasso era preferibile vederlo morto ammazzato da un franchista anonimo fanatico del nazi-fascismo, e così pure Duchamp come Sant’Eia…e così tutti gli altri….sopracitati…La storia dell’Arte la facevi tu caro Lombardi (e il nostro caro sistema mercantile dell’arte)…e secondo me non ci sarebbe stato nemmeno Beuys !!
Questo non vuol dire “condanna del ragazzo di 22 anni che era Beuys (anzi…a quell’età , il richiamo è chiaramente patriottico) è stato un grande a capire poi, andando letteralmente in crisi, in età ancora giovane, quale doveva essere la sua strada…ravvedendosi in tempo..Un uomo, un artista (lo sciamano) che predica la Rivoluzione interiore, il quale afferma che ogni uomo è un artista,…non può e poteva essere un violento!!
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09 luglio alle ore 18.11 ·
Rileggendo il mio commento sopra mi scuso per le sviste e i refusi ma scrivendolo andavo di fretta. Reputo he comunque il mio punto di vista sia risultato chiaro.
@ Angelo. Come ho scritto il ‘900 è secolo ancora tutto da analizzare, troppe …le cose successe così come il tutto è stato portato all’estremo. Beuys si è ravveduto riguardo nazionalsocialismo (come dici tu aveva 22 anni), ma anche chi partigiano aveva la stessa età . Io non riesco a comprendere perché mio padre, partigiano, fosse lucidamente conscio delle scelta fatta (visto che poi è stata la vincente) invece Beuys no. Cosa significa, che forse quelli che hanno combattutto per Salò, della stessa età di mio padre, erano dei poveretti che non capivano cosa stessero facendo, invece il mio genitore era un saggio? Che mio padre fosse uomo conscio di quello che stava facendo a 22 anni lo so bene, visto che già a 19 era stato rinchiuso nelle galere fasciste, perciò aveva elaborato da tempo il dove collocarsi… alla stessa maniera credo che anche da”altra parte ci fosse gente che sapeva benissimo quello che stava facendo. Perciò, e lo ripeto, è necessario non tanto tirarsi dei pesci in faccia, quanto comprendere. Tutto qui, anche se non è analisi da poco.Mostra tutto
09 luglio alle ore 21.17 ·
Concordo sulla necessitò di ” comprendere” e porre su un piano più dialettico la lettura del problema principale della discussione che mi sembra sia l’adesione ad una visione del mondo che l’artista esprime nelle sue opere, ieri come oggi…. Beuys è uno dei miei punti di riferimento..così come Duchamp. Entrambi hanno espresso visioni similari sulla possibilità dell’arte di incidere sulla società ,ma sappiamo che hanno operato in un contesto culturale molto più drammatico del nostro tempo, segnato invece dalla decadenza di valori e ideali. Per cui, sapere del “soldato” Beuys penso sia poco influente ai fini della valutazione del suo operato artistico che resta comunque estremamente innovativo, proprio per quel suo sottolineare l’importanza della dialettica nell’arte. Mostra tutto
10 luglio alle ore 15.13 ·
Giusto quel che dici, Anna Maria, nella tua prima metà di commento, invece il finale non lo condivido perché molti atteggiamenti di Beuys, in seguito, sia umani che artistici, sono stati fortemente marziali, così come le sue performance. Te… lo dico a seguito del privilegio dell’averlo incontrato ben due volte nella mia vita viso a viso. E lo stesso suo atteggiamente rivolto alla storia, alla società , alla terra, alla natura, a una certa solidità identitaria è riscopribile anche in molti suoi allievi fra i quali, come primo, Anselm Kiefer.Mostra tutto
10 luglio alle ore 15.54 ·
Quello che tu definisci ” marziale” io l’ho interpretata come determinazione…sicurezza del fare…convinzione di un’idea… da comunicare con scioltezza. Perlomeno così ho vissuto la giornata con lui a Bolognano, da Lucrezia De Domitio e …Buby Durini, in occasione di ” 7000 querce”, nell’85.Abbiamo parlato a lungo, anche perché ero affascinata da lui, dalla sua concezione dell’arte…tanto che Buby ci fece tante foto insieme,(foto che ho poi rivisto in una mostra nella galleria di Sapone a Parigi) in occasione della mia partecipazione a una mostra al Gran Palais, nell’86. Ma questo, come dici tu, è un’altra storia. Il forte senso di appartenenza identitaria, io l’ho interpretato come uno dei motivi fondanti della sua ricerca…..una sorta di nemesi e palingenesi, attuata con la leggerezza dell’arte. Come nel caso degli esperimenti botanici fatti a Praslin, isola delle Seychelles, che sono andata a visitare sul finire della sua permanenza sull’isola. O, nelle mostre fatte a Napoli, con A. Wharhol, da Lucio Amelio o, a Capodimonte, nell’anno della sua morte.
Insomma, per l’economia del nostro discorso, posso solo dirti che penso abbia saputo trarre dall’esperienza dolorosa della guerra una nuova visione del mondo, da me condivisa come artista e come persona. Credo che il suo grande lascito sia l’idea della “scultura sociale”,fino ad oggi praticata solo dagli ” anonimi conosciuti” e non dalle “grandi star”,ma anche questo si può capire….la società vuole ” arte da tappezzeria”…così giusto per parafrasare Erich Satie, che invitato in un salotto a suonare, rifiutò…. asserendo che non faceva ” musica da tappezzeria”
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10 luglio alle ore 16.58 ·
Ho intravisto quà e là il tentativo di tirare per la giacca politica gli artisti…NOn mi piacciono gli schieramenti fondamentalisti DESTRA e SINISTRA ETC…e Ho sempre condannato anch’io l’ ostracismo di certa cultura di sinistra di grand…i autori come Pound o Celine, ma Condivido pienamente l’intervento di Anna Maria…i Grandi Artisti lasciano sempre il segno per la loro creatività e capacità innovativa linguistica e poetica ( Beuys con la sua forza sciamanica, Burri con il suo entrare dentro la materia etc…). Ai veri esteti dell’arte importa solo questo e non i loro trascorsi giovanili e le loro senili simpatie politiche.(Non sempre gli artisti sono all’altezza delle loro opere…). Comunque grazie Gian per aver saputo stimolare e provocare uno dei dibattiti e una serie di interventi più belli su questo social network…quasi quasi varrebbe la pena di riprenderlo sulla tua rivista ALI…
Per fortuna che restano gli scritti, le opere e le AZIONI degli artisti…la forza e l’energia delle loro opere, a noi solo il chiacchiericcio post mortem…spesso pretestuosi e mediocri…Mostra tutto
10 luglio alle ore 18.27 ·
Anna Maria Pugliese Condivido l’apprezzamento per la qualità dell’intervento proposto da Gian Ruggero. In genere leggo, ma non partecipo…perché non trovo… argomenti interessanti e così ben proposti come in questo caso..
10 luglio alle ore 18.59 ·
Andrea Petrone ‎”Il nostro onore si chiama fedeltà ” questo è lo slogan del gruppo neo-nazista ordine nuovo, che come simbolo ha la runa tedesca( segno di scrittura dell’antico alfabeto dei popoli nordici). Bisogna stare molto attenti a certi atteggiamenti, che hanno portato poi alla catastrofe, con una strage immane di vite umane, come mai era successo nella storia dell’umanità .
10 luglio alle ore 23.10 ·
Cara Anna Lisa e caro Donato reputo che il termine ‘determinazione’ racchiuda già in sé non poco di ciò che ho detto e si è detto qui, ed infatti la vita e l’arte di Beuys sono state all’insegna della determinazione, sempre. E il rendere om…aggio a tale aspetto esistenziale ed artistico è onorevole e onorabile.
Se te la senti e se ne hai volontà e piacere, caro Donato, puoi riassumere i concetti che hai espresso in 3 cartelle (massimo) così da sottopormele per la rivista ALI (ovvio che andranno in lettura anche in sede redazionale, così d’avere il parere anche dei mie collaboratori). Ti dico subito che non credo che per Pound fossero deliri senili, visto che i Cantos iniziano con un’ode al Duce chiarissima (i Cantos furoni scritti all’inizio della prigionia di Pound post bellica nel campo vicino a Pisa dov’era rinchiuso assieme a militi e funzionari di Salò, cioè quando aveva 60anni, e i suoi discorsi radiofonici pro fascismo risalgono ad alcuni anni prima, quindi non era vecchio al punto tale da considerarsi fuori di testa o arterisclerotico, sapeva benissimo ciò che stava dicendo e facendo… e ci credeva – infatti prima gli USA lo condannarono a morte per alto tradimento, poi pena commutata in 13 anni di manicomio criminale, perché, infine, il suo essere uno dei massimi poeti del 900 lo salvò).
@ Andrea. Onore è termine di cui non ho alcuna paura. Viene sempre usato nei discorsi commemorativi della Resistenza ogni 25 aprile, quindi non è prerogativa della destra, ma di tutti coloro che reputano l’onore personale e collettivo un valore. E magari ci fosse gente d’onore (non mafiosa, però… visto che è termine che usano anche quelli di Cosa Nostra).Mostra tutto
11 luglio alle ore 3.18 ·
Anna Maria Pugliese Annalisa…mi sarebbe anche piaciuto come nome, ma purtroppo mi è toccato in sorte il nome di mia nonna….e così bisogna chiamarmi….quindi se ti rivolgi a me….come sembra… è più carino usare Anna Maria.. perlomeno mi eviti crisi di identità . Scherzi a parte…confesso che non conosco la rivista Ali…mi dici come fare per leggerla….è in distribuzione nelle edicole? Fammi sapere…….
11 luglio alle ore 10.59 ·
Caro Gian, grazie per l’invito…ma devo fare solo due piccole precisazioni:
1) Quando parlavo di senili simpatie senili, Alludevo a Burri e alle sue simpatie per Berlusconi…negli ultimi anni e non a Poud(conosco bene la sua biografia e le… suoe opere).
2) La mia idea proposta per ALI era di riprendere questo intero dibattito su Facebook e non solo un mio personale intervento di 3 cartelle su questo argomento.
Mi preme infine ribadire solo due cose: la prima è che quando si giudicano maestri e artisti del passato, bisognerebbe sempre tener conto del contesto socio.politico-culutrale in cui furono espressi…(troppo facile oggi fare i gistizialisti o gli agiografi di cose passate e che spesso nemmeno abbiamo vissuto);la seconda è che dovremmo imparere tutti a confrontarci con le opere gli scritti di questi personaggi e non delle interpretazioni e giudizi storici(aleatori) che ne vengono fatti. Sintesi del discorso Beuys e Burri, Pound e Celine, ma direi anche Mandelstam e Pasolini sono e resteranno sempre dei grandissimi artisti e poeti per quello che hanno fatto e scritto a prescindere dai giudizi morali o politici che se ne fanno. E con questo chiudo il mio intervento sull’argomento.Mostra tutto
11 luglio alle ore 12.47 ·
‎@ Anna Maria. Scusami tantissimo, ho scritto questa notte e mi è partito quel Lisa non so perché (forse perché ne conosco una che mi sta moto a cuore). Riguardo ALI mandami in posta privata il tuo indirizzo e te ne farò omaggio… non si t…rova in edicola né in libreria, viene spedita gratuitamente a 2000 indirizzi selezionati di poeti, artisti, narratori, critici, filosofi etc. quale scelta dello sponsor.
@ Donato. Diventa un po’ difficile poter riportare tutto questo in cartaceo, oltretutto necessiterebbe che domandassi ad ognuno il permesso e all’atto della liberartoria ognuno vorrebbe aggiungere o togliere da ciò che ha detto, quindi diventerebbe un lavoro massacrante.
Concordo cone te che i Grandi rimangono pur grandi qualsiasi cosa abbiano potuto fare in vita, ciò non toglie che, come ho già scritto qui, io non disgiungo mai l’arte dalla vita, quindi ciò che hanno scelto di vivere comunque ha sempre influenzato la loro opera. Non si procede a compartimenti stagni, questo è stato un finto alibi teorizzato da circa quarant’anni a questa parte al fine che alcuni intellettuali (non artisti… vedi Gruppo 63 o molti del Concettuale italiano etc.) potessero accedere ad una dimensione creativa che non apparteneva loro. Infatti moltissimo di ciò che è stato scritto o fatto letterariamente, visivamente o plasticamente o installativamente etc. in tutti questi anni è ciarpame finto (invenzione intellettuale e nulla più, frutto della “scuola dell’obbligo”)… cioè ‘mente’ (esercitata) spacciata anche per ‘cuore’. Questo è uno dei tanti motivi per cui sostengo il ritorno del fare arte solo da parte dei ‘veri’ artisti, cioè di coloro che senza ombra di dubbio sono totali (passinalmente e mentalmente) nella loro componente espressiva.Mostra tutto
11 luglio alle ore 13.10 ·
C’è bisogno di aria pulita!
Come sempre nella vita ad un certo punto si arriva alla saturazione: bisogna chiarirsi le idee, credere fermamente e lottare per la realizzazione del proprio progetto artistico! La tradizione è antica, ed è sempre… più difficile rinnovarla attraverso soluzioni grafiche che presentino, da un lato un che di originale e dall’altro un legame con il territorio e la nostra storia. Ciò che fa la differenza è il sintonizzarsi con la nostra grande madre terra . Mostra tutto
11 luglio alle ore 14.20 ·
il dibattito ha assunto una struttura di pensiero molto interessante. E in fin dei conti era lo stimolo che si cercava per tematizzare una questione complessivamente appetibile adatta per una rivalutazione ulteriore delle idee e della doc…umentazione anche attraverso un canale diverso dai comuni strumenti della comunicazione. Sull’opera di beuys, anche in risposta ad anna maria pugliese, preciso che in africa il genere d’arte riportato dall’artista soldato in europa, è molto antico ed è assoluta verità esistenziale che non si affida ai circuiti mercantili, ma a quelli magici dove si scherza poco con falso vero: l’artista è il tramite umano con le divinità e se fallisce diventa capro espiatorio. Out – out Semplice … l’ho già detto, L’arte africana fino a poco tempo fa era sincera potenza. Ribadisco, preferisco Jean-Hubert Martin con le Magiciens de la Terre dell’89 al Centre Georges Pompidou che la ricognizione solitaria di beuys che un po’ ricorda i cantanti italiani degli anni sessanta interpreti di canzoni anglosassoni e americane con arrangiamento e traduzione arraffata della lingua, ma con un cospicuo guadagno sottratto al diritto d’autore dei veri compositori… un po’ di sincera filologia non guasterebbe il valore della discussione…. Mostra tutto
12 luglio alle ore 18.15 ·
L’arte nasce con funzioni” magiche”. Nel paleolitico, chi “disegnava” le immagini era il” sacerdote-artista”, questo perché l’immagine non si riferiva al soggetto, ma era il soggetto stesso. E, come tale era colui che interferiva sull’ imma…gine-soggetto. E’, il caso dei graffiti rupestri, dove le immagini delle scene di caccia assolvevano ad una funzione predittiva e/o scaramantica e, venivano cancellati dopo l’avvenimento della battuta di caccia. O, perlomeno venivano nascosti sotto gli strati successivi. Ma, gia nel neolitico, l’arte assume una funzione decorativa, non solo nella pittura vascolare, ma anche negli affreschi parietali delle grandi dimore reali. E, l’esecutore non è più il sacerdote,ma l’ artigiano….l’arte plastica diviene arte materiale…. e in quanto tale non è consentita ai nobili, che possono esercitare solo la arte della poesia, della musica….e della guerra.
Il sacerdote, invece, esercita la sua funzione…in ambito religioso. Il sacro è scomparso….almeno dalla cultura ufficiale. (Tranne, invece, a ritrovarlo pienamente, ieri come oggi, nelle cosiddette sottoculture, o, nei paesi sottosviluppati, come la supponenza della cultura occidentale, di tutti i tempi, ama definire culture diverse dalla propria -vedi l’origine filologica del termine “blaterarare” dovuto ai greci, che non riconoscevano come lingua il parlare del temuto nemico persiano).
Ad Atene, con la nascita della filosofia, …l’arte fa uso della mimesis …per ritrovare la bellezza originaria. Propone un modello alternativo…ideale….rende per immagine il logos….il pensiero logico, privando, in maniera definitiva, l’arte della sua funzione magica originaria. Ma,questo è il percorso della matrice del pensiero occidentale…con tutto quello che né è conseguito, nel corso della sua storia,..con vette di eccellenza…quali il rinascimento e voragini di follia come i disastri delle dittature del’900, che ha determinato negli artisti una nuova concezione della funzione dell’ arte.
Un evidente impegno etico, impregna l’arte delle avanguardie che si propongono di divenire attori di un cambiamento del mondo.
” La Rivoluzione siamo noi ” è, forse la sintesi del percorso di Beuys, come uomo e come artista. Ha vissuto in età adolescenziale/giovanile, in prima persona, l’orrore degli ideali nazisti. Ma, ha avuto il grade merito di saper trasformare la sua esperienza, in un nuovo sguardo sul mondo, proponendo modelli etici di comportamento sociali e individuali, anche attraverso una critica severa verso il capitalismo. Peraltro, al di là dell’assunto delle avanguardie, è figlio di quella cultura che
ha prodotto un capolavoro come “Siddharta”. Dove, l’iter epifanico della coscienza, parte dall’abbandono della realtà circoscritta al proprio mondo..per aprirsi all’esperienza della realtà esterna….fino al fiorire di un nuovo sguardo…fino a sentire di essere in sintonia con la natura…Il grande viaggio interiore riavvicina l’uomo al “sentire”. E, questo, credo, sia il percorso che la scelta dell’arte che io definisco ” percorso nobile di conoscenza” può significare per l’artista, se è, veramente, un individuo ” problematico”
In questo senso, ho letto l’arte e il percorso umano di Beuys.
Per cui, mi riesce difficile condividere, eventuali atteggiamenti in odore di damnatio memoriae.
Il riconoscere Madre Terra…. @ Andrea, ma direi il Cosmo… come un Tutto. Ri-conoscersi…come piccola parte di un’unica energia creativa….al di là delle varie posizioni religiose e/o agnostiche è, sicuramente, il risultato più significativo per chi intraprende il viaggio senza ritorno dell’arte, vissuto come percorso di conoscenza. E questo, non può avvenire, senza aprirsi alla comprensione di modi diversi di concepire la realtà e il rapporto con la Natura. E questo lo si può fare, solo immergendosi in quel grande scrigno di memoria sensibile, presente, ancora oggi, in alcune parti del pianeta….. come, il grande continente africano, dal quale è partita l’avventura umana.
L’esperienza africana, in me, ha prodotto la com-prensione di quel: Deus Sive Natura e Homo Pars Naturae di Spinoziana memoria, che ho scritto anche in un mio racconto…
Ma, questa è un’altra storia….
12 luglio alle ore 21.18 ·
‎@ Anna Maria, in Italia, l’antropologo Ernesto De Martino, ha analizzato nel suo libro: ” Sud e Magia” ( che è anche il titolo della mia prossima mostra) la storia religiosa del Sud, un’indagine etnologica che spiega perchè il momento magi…co sia sopravvissuto nella vita culturale meridionale e come questa abbia partecipato consapevolmente alla grande alternativa tra ” magia” e “razionalità ” da cui è nata la civiltà moderna. Momenti magici che la cultura popolare meridionale ha prodotto attraverso gli incantesimi d’amore, le fatture, la iettatura e il tarantismo, linfa vitale e spunto per l’Arte e gli artisti. Mostra tutto
13 luglio alle ore 0.04 ·
Gian Ruggero Manzoni Molto ma molto bene… poi arrivo. Bravi, stata cominciando a scaldare i motori.
13 luglio alle ore 1.29 ·
forse questo aiuterebbe a capire meglio….senza troppi fronzoli dispersivi…
Primitivismo nell’arte del XX secolo : affinita’ fra il tribale e il moderno / a cura di William Rubin ; [ed. italiana a cura di Ezio Bassani ; traduzione di Pao…la Tornaghi]. – Milano : Mondadori, 1985. Mostra tutto
13 luglio alle ore 17.24 ·
‎@Criticart PcCriticart……I fronzoli dispersivi, come, Criticartamente , dici. ( O, sono da interpretare in tono, simpaticamente, paternalistico? Nel qual caso, ti chiederei di adottarmi.) Sono frutto di letture approfondite che hanno p…ermesso di interiorizzare e metabolizzare concetti, in maniera da poter condurre un discorso….senza ricorrere all’ipse dixit….o, all’enfatizzazione di un unico testo da usare… come scudo al proprio silenzio. Quel testo, dell’85, l’ho letto a suo tempo e, anche consigliato ad un mio ex assistente di studio, ma sempre nell’ambito di un dialogo,…senza risparmiarmi dall’esprimere opinioni personali….come avrei gradito da te, ma sei sempre in tempo,ovviamente! Lo apprezzerei molto!!!! In fondo, Gian Ruggero ha posto un argomento per il quale, chiede interventi…..e non la sterile proposizione di un elenco di libri. Posso capire@ Andrea che cita il testo di De Martino, per parlare indirettamente della mostra in preparazione e che, con molta onestà intellettuale….cita la fonte di questo suo ultimo lavoro.
Peraltro, vivendo nella stessa città e, avendo accettato la sua richiesta di amicizia, avrò piacere di conoscerlo e di vedere la sua mostra.
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13 luglio alle ore 19.38 ·
Gian Ruggero Manzoni ‎@ Antonio-Criticart. Testo indubbiamente importante che penso abbiano letto in molti, soprattutto se vuoi fare questo mestiere. Resta il fatto che un riappropriarci di uno “spirito originario” non farebbe male in questo momento… o sbaglio?
13 luglio alle ore 19.42 ·
Ecco, da anni studio le comunicazioni tramite questa forma â€meta-linguistica del commento†e sono riuscito a stabilire degli assiomi: il tema ha valore se chi lo innesca detiene un’opinione di riconoscimento diffusa tra i partecipanti al… “desco delle paroleâ€. Non essendoci conduttori e registi, l’opinione soggettiva si confronta a onda ripetuta con le soggettività che intervengono di volta in volta. Ma la forma di lettura, essendo lineare e cronologica, obbliga i partecipanti a muoversi per stazioni che vengono decise dal grado di attenzione espresso dai concetti proposti dalle parti. Le forme di risentimento, di rabbia, normalmente scatenate dalla funzione storica dei discorsi, restano legate alla qualità della sintassi meno al significato della terminologia o delle singole parole tipo- mi hai rotto e simili- che in principio si rifacevano all’analogia con la comunicazione orale e gestuale, e adesso si rifanno, secondo il grado dei partecipanti, al pensiero come in questo caso che ha valenza sperimentale attiva visto che l’argomento beuys, e gian rugg lo sa bene, è per me argomento vivo. Quindi innanzitutto chiedo scusa se ho dato modo di percepire qualche mancanza nei confronti degli interlocutori che dichiaro stimare oltre ogni ragionevole istinto. Non mi permetterei mai di giudicare gli interventi con un più o un meno ( questa sera ho una conferenza sul grande matteo ricci il che spiega il rispetto che ho per le differenze culturali oriente occidente, che vale molto anche per l’africa dove ho lavorato fianco a fianco con artisti internazionali per più di cinque anni). Mi piacerebbe molto poterti adottare cara anna maria pugliese ma non come semplice padre, come umile compagno di ricerca della grazia del pensiero che tu sicuramente possiedi molto più di me. Spero comunque che il bel dibattito non si esaurisca qui. Il testo che proponevo era solo per dire che ritengo Ezio Bassani un sincero e valido ricercatore capace di oltrepassare le abitudini ristrette della storia dell’arte. Ma questo forse è argomento che porta ad altra linea ferroviaria, casomai verso le colline e gli anfiteatri romani che appagano la mia vita in una italianetta vecchia e smarrita ancora legata ai domini degli editori e dei “parvenu†pappa tutto…del terzo millennio. A buon rendere le scuse…..
14 luglio alle ore 16.12 ·
Andrea Petrone ‎@criticart PCriticart. Questi due volumi interessantissimi, mi sono stati regalati nel 1986, mi hanno permesso di approfondire tutte le tematiche connesse alle avanguardie storiche e mi hanno dato lo stimolo alla preparazione della mia prima importante mostra personale: ” Il liuto cantò il Dausi “, nel 1989 alla rocca dei Rettori di Benevento.
14 luglio alle ore 16.48 · Mi piaceNon mi piace più
Caro Antonio-Criticart la tua analisi sullo strumento è ineccepibile (sappiamo più che bene, noi frequentatori del web ormai da lustri) che un dibattito non è facile in questi luoghi… spesso prende derive, va e viene (come onde del mare),… spesso una battuta viene fraintesa, poi arriva il fenomeno di turno e caccia la sua cagata, poi si riprende, poi… e ci siamo capiti benissimo.
Penso che Anna Maria non se la sia presa assolutamente, anzi… o, almeno, lo spero, visto che alcunché di sconveniente è stato detto.
Ti rivelerò che invece alcuni punti importanti, almeno qui, sono stati fermati-toccati, e ciò non è lusso da poco.
Quindi si proceda, sempre se la voglia e il caldo lo permettano. Mostra tutto
14 luglio alle ore 19.01 ·
Bellissimo intervento!@Antonio Criticart, Ho apprezzato il tuo primo intervento e avevo capito il tuo spessore culturale, per cui, non capivo il rifiuto al dialogo del secondo. Avevo una sola chance, giocare sulla provocazione..garbata, ma …tesa a creare una condizione da ” RE NUDO”. E devo dire che è un bel vedere. Sono sempre felice di trovare interlocutori in grado di dire delle cose interessanti. E di saperle dire…come hai fatto nell’ultimo intervento…Accolgo molto felicemente, comunque, le tue scuse, (che ricambio….per i sottili equivoci che ha creato).
Ma, non per la ” rabbia” No! Rabbia e suscettibilità , non sono nel mio DNA, (proprio perché come te amo la grazia e la cerco in tutte le sue forme) Ma, come segno di amicizia e, disponibilità al dialogo….in questo ” desco delle parole” che mi auguro diventi sempre più interessante.
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14 luglio alle ore 21.01 ·
Criticart PCriticart GRAZIE ANNA MARIA, il laminare liquido del suono delle parole appaga e mette quiete. così le immagini dei corpi possono anche esondare dalla cornice che ci unisce tutti, qui. sappiamo chi siamo attravero lo sguardo dei navigatori che a volte ci passano davanti. alcuni restano incantati. quelli che non sentono passano in fretta. noi restiamo perchè sappiamo qunato vale restare. basta il suono delle giuste parole per dirci chi siamo.
15 luglio alle ore 19.09  ·
Gian Ruggero Manzoni Molto poetico Antonio… molto poetico. Grazie.
16 luglio alle ore 0.29 ·
Cristiana Amendola ‎… quando cresco voglio diventare come voi!
16 luglio alle ore 12.15 ·
Mario Costantini Perché si obbedisce agli ordini? Poi qualsiasi cosa tu faccia verrai associato all’ordine eseguito, anche se eseguito con riluttanza. Non eseguire gli ordini! be, uno dei più grandi uomini che si è rifiutato di obbedire è stato Cristo non pensate. Detto questo io credo nella capacità di rigenerarsi in ogni momento, altrimenti non ci sarebbe storia.
16 luglio alle ore 14.06 ·
Gian Ruggero Manzoni ‎@ Cristiana. … non so se sia una buona idea 🙂
@ Mario. E’ possibile.
18 luglio alle ore 23.09 ·
‎@ Antonio Criticart…..rispondo solo ora perché, in questi giorni, sono stata impegnata con ospiti…. amiche iraniane e un caro amico di Roma. E, non ultimo, l’inaugurazione della mostra, organizzata in occasione del Premio Troise, alla …quale partecipo con un’ installazione.
Dunque, condivido pienamente la poeticità del tuo intervento, peraltro evidenziata, venerdì scorso, da Gian Ruggero.E, più che mai concordo sulla tua bella frase finale: basta il suono delle parole giuste per dirci chi siamo…..
Per cui, per ritornare all’argomento Beuys.. che,nel frattempo, abbiamo messo un poco da parte….per conoscerci.. ti dico che la mostra “Le magiciens de la Terre,dell’89, al Pompidou, mi emozionò …proprio per il suo evidenziare una cultura animica che l’Occidente ha perso. Divenendo motivo dei miei viaggi in Africa.
Ma,le emozioni delle opere proposte da Martin, nella sua mostra, erano profondamente diverse da quelle che mi inducevano gli interventi di Beuys.. Nelle prime, ho letto il perdurare di una visione poetica, nei secondi un ricercare modelli che per farsi, necessitavano di un viaggio nella memoria……per comporre una possibile grammatica del futuro…un modello alternativo di società ….capace di traghettare l’uomo in una visione più
est-etica……..e, anche questa, per me, è… una visone poetica…
Ma, la tua posizione…mi sembra diversa e mi piacerebbe…per allargare il mio orizzonte…..saperne di più…..
@ Gian Ruggero…… in pochi giorni….grazie anche all’arrivo della rivista e a fatti casuali..come un messaggio di Rosetta …. mi sono resa conto di avere amici in comune ( ma, di questo te ne parlerò in un messaggio privato)….Buona serata……..
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19 luglio alle ore 19.42 ·
Grazie Anna Maria Pugliese. Martin è stato per me un carissimo amico con cui, nell’africa del 1994, in preparazione di una mostra da me curata, discutemmo a lungo del perché e come nacque l’idea de “Le magiciens de la Terreâ€. Credo aver p…ubblicato qualcosa sull’argomento. Scrissi anche su Penone, Marcadé e Christopher Till che allora curava la biennale di Johannesburg. Non mi convinceva la loro aria occidentale che sottraeva segreti veri all’africa per farne notizie colonizzanti da dare in pasto, in questo caso, alla francia, grande maestra dell’organizzazione museale mondiale. Avevo troppo vissuto con gli artisti autoctoni per credere nelle parole a sostegno di grammatiche tarlate dell’occidente e soprattutto per poter credere in una italia rantolante seguace fedele di anacronistiche visioni utili solo per “[…] un ricercare modelli che per farsi, necessitavano di un viaggio nella memoria……per comporre una possibile grammatica del futuro…un modello alternativo di società ….capace di traghettare l’uomo in una visione più est-etica…†e come c’era da prevedere il tutto venne puntualmente immortalato dalla “Revue Noireâ€. Ecco perché la poetica, come dici,†basta il suono delle parole giuste per dirci chi siamo…†la dedico a te magnifica artista come l’amato Eliot a sua moglie ( chiaramente nel senso del pensiero che rispetta la grazia, non altro…):
A cui devo la gioia palpitante
che tiene desti i miei sensi nella veglia,
e il ritmo che governa il riposo nel sonno,
il respiro comune di due che si amano, e i corpi
profumano l’ uno dell’altro,che pensano uguali pensieri […]
e non hanno bisogno di parole e si sussurrano uguali parole
che non hanno bisogno di significato. L’ irritabile vento dell’ inverno non potra’ gelare il rude sole del tropico non potra’ mai disseccare le rose nel giardino che e’ nostro ed e’ nostro soltanto
ma questa dedica e’ scritta affinche’ altri la leggano:
sono parole private che io ti dedico in pubblico.
Non trovo di meglio.
E il rumoreggiare della memoria futura mi danno un po’ di fatica. Adesso…
20 luglio alle ore 9.49 ·
Alessandro Vettori nella mia ignoranza mi limito ad approfittare di questa nota per ricordarmi tra me e me uno degli artisti che ha cambiato il mio punto di vista rispetto alla poesia, grazie alle sue istallazioni artistiche…
21 luglio alle ore 3.14 ·
Mar 10 Ago 2010
La politique culturelle en toutes lettres. Altro che periferia = centro
Posted by Antonio Picariello under arte/teatroNo Comments
L’imbroglio continua
Â
a proposito di quello che definisco come il bluff della cosiddetta “casa della culturaâ€.
Della voce inascoltata del cittadino-suddito costretto a subire sulla sua pelle le insensatezze di una non-arte lontana e inattingibile:
Che non fa, anzi,disfa e nello stesso tempo semina sul territorio erbacce mai raccolte. Â
La casa della cultura è un mondo incomunicabile, con conflitti interiori, si può definire come una casa dell’ “autorazzismo dell’arteâ€.
Mario Serra
http://www.monde-diplomatique.fr/publications/grandsreportages/
La politique culturelle en toutes lettres
Le 15 juillet, à l’appel de plusieurs syndicats de professionnels du spectacle vivant, une manifestation d’un millier de personnes a regroupé artistes, techniciens, directeurs de salle, spectateurs et élus, place du Palais des Papes, à Avignon. Dans le prolongement de trois mobilisations antérieures, cette manifestation témoignait d’une inquiétude qui touche l’ensemble des acteurs du champ culturel. Mais, au-delà de la diminution programmée des budgets, c’est sans doute la définition nouvelle du rôle de l’art et de la culture qui suscite le refus. D’autant que cette inflexion promue sous la présidence de M. Nicolas Sarkozy ne cherche pas à se dissimuler : elle se donne à lire en toutes lettres.
Tout commence par une lettre de mission de douze pages datée du 7 juillet 2007 et adressée par le nouveau chef de l’Etat à sa ministre de la culture d’alors, Christine Albanel. « Vous mettrez en Å“uvre l’objectif de démocratisation culturelle voulue par Malraux… » ; « Vous ferez de l’éducation artistique une priorité… » ; « Vous veillerez à ce que tous les enfants fassent de l’art… » ; « Vous créerez un “pass-cultureâ€â€¦Â » ; « Vous exigerez que chaque structure subventionnée rende compte de la popularité de ses interventions… » ; « Vous nous proposerez des mesures d’accompagnement à la transition des industries culturelles… » ; « Vous prendrez les dispositions nécessaires pour sortir la presse de la crise… » ; « Vous étudierez le projet d’un ambitieux mémorial de la France libre… » ; « Vous nous proposerez une remise à plat des dispositions législatives qui s’appliquent à l’audiovisuel… » ; « Vous lutterez contre les abus du régime d’indemnisation du chômage des artistes… » ; « Vous dégagerez des marges de manÅ“uvres accrues…… Vous nous proposerez des indicateurs de résultats… » ; « Vous… ».
Cette pratique de l’injonction présidentielle consignée par écrit est une première sous la Vème République des « affaires culturelles ». Depuis Malraux, c’est le verbe qui commandait et, comme l’a jadis raconté Emile Biasini, « le ministère s’était habitué à administrer la culture avec de l’éloquence, beaucoup d’imagination et trois francs six sous » (1). Il a fallu l’élection de François Mitterrand en 1981 et la nomination de Jack Lang à la tête du ministère de la culture pour que les déclarations d’intentions trouvent en sus du lyrisme de circonstance une plus consistante matérialisation budgétaire.
La rhétorique politique de Nicolas Sarkozy en matière d’art et de culture prend le contre-pied des usages. Elle évacue le lyrisme pour le remplacer par des arguments, des chiffres et des statistiques. L’objet de ses discours contribue à déconstruire habilement le mythe de la culture, tout en concourant à « décomplexer » intellectuellement une droite populiste qui veut en découdre avec les élites. Dans le même temps, le fameux « objectif de démocratisation culturelle » présidentiel, si ardemment souhaité, se trouve perverti par l’effet conjugué des obligations de résultats qu’induisent le contrôle de plus en plus sournois de la dépense publique (en particulier depuis la mise en œuvre de la révision générale des politiques publiques) et par le consensus politique entourant désormais le critère de succès d’une œuvre. Seuls comptent désormais la « fréquentation » des salles et le « nombre d’entrées », la question de l’« offre » artistique étant, dans les faits, devenue secondaire.
Ce procédé, implicitement encouragé par les élus locaux de la République toutes étiquettes confondues, permet au président de réduire la politique culturelle à un catalogue de mesures quantitatives. Mais il prend soin de conserver le bénéfice du prestige que les monarques d’antan tiraient de leur proximité avec les artistes : « Je revendique et assume mon statut de protecteur des arts et de défenseur de la culture » (2). Ce faisant, le chef de l’Etat prend publiquement le risque de se contredire, puisque cette posture n’a de sens que si le mythe en question continue d’être entretenu, ce qui n’est plus le cas. Si, comme il le martèle, « la démocratie culturelle est un échec » — constat par ailleurs partagé par bon nombre d’observateurs (3) de droite comme de gauche —, comment « le défenseur de la culture » peut-il affirmer qu’il entend opérer une « refondation » s’il dénie aux institutions culturelles publiques la capacité à faire leur métier, c’est-à -dire programmer aussi des œuvres exigeantes et risquées en terme de fréquentation ?
Mais pour celui qui considère « le Tour de France cycliste comme de la culture » (4), et avoue avoir été farouchement rebuté par la lecture de la « Princesse de Clèves », parler d’art et de création est d’abord un prétexte pour occuper le terrain idéologique laissé en jachère par la gauche. « Nous devons vaincre la pensée unique, le sectarisme, les sectes (sic) qui voudraient vous inscrire tous dans des petits milieux alors que la culture doit rayonner pour tous ». Pour la première fois un président de la République prend à témoin l’opinion et sa majorité politique, pour leur démontrer, diagnostic en main, qu’il va réussir « avec » les artistes et la profession, là où tous ses prédécesseurs ont échoué. Certains à gauche ont failli y croire. Mais les André Glucksmann, Max Gallo ou Pascal Bruckner, intellectuels ralliés, sont hors jeu ou ont pris leurs distances. Aucun d’entre eux n’est associé à la confection des discours ni à l’ambition culturelle présidentielle.
A trois reprises et dans des contextes volontairement solennels (5), Nicolas Sarkozy cultive l’autosatisfaction récurrente de celui qui, « sans complexe », dénonce l’« immobilisme » et fustige les « privilégiés ». Cela lui permet, remarque le linguiste Pierre Encrevé, de distiller « un vocabulaire de show-biz » qui l’autorise, avec malice, à associer l’art et le divertissement dans le même paradigme : « la soif de culture n’a jamais été aussi forte, le besoin de repères, d’évasion et de plaisir aussi », affirme le chef de l’Etat dans son discours du 7 janvier 2010 à l’endroit du « monde de la culture ».
L’ami de Martin Bouygues et d’Arnaud Lagardère sait en effet tout le parti qu’il peut tirer de la mise en œuvre d’une politique culturelle industrielle qui, selon lui, est la seule capable de « permettre à tous d’accéder à la culture ». Dès lors, retransmission, jeux vidéo, numérisation, TNT, écran ou piratage, musique en ligne, sont devenus des mots-étendards, constituant l’essentiel du glossaire culturel présidentiel. Martelée à longueur de discours, cette terminologie contribue non seulement à « ringardiser » la culture, mais à la « désidéologiser ». Plus rien dans ces propos ne distingue désormais la culture de la communication, c’est-à -dire le contenu du contenant. La grammaire de la politique culturelle publique n’est, aujourd’hui, rien d’autre qu’un agencement de mots, de règles et de principes qu’inspire la fascination exercée par l’innovation technologique à l’endroit d’un public globalement acquis au consumérisme culturel de masse, à l’exemple du film Avatar de James Cameron, où la performance technique et artistique se confond médiatiquement avec la prouesse commerciale. Les prévisions d’Hannah Arendt étaient justes : « Nous serons bientôt, écrivait-elle en 1961, dans une société qui monopolisera la culture pour ses fins propres, pour l’échange marchand de l’industrie des loisirs ». Fort de ce constat, le chef de l’Etat avait décidé en pleine campagne électorale présidentielle d’afficher un nouveau credo : « Faire de la culture une réponse à la crise ». Nous y voilà . En termes plus prosaïques, il s’agit ni plus ni moins de profiter de l’insécurité économique générale et de l’essor d’Internet pour se dégager des habitudes budgétivores des institutions culturelles.
Désormais, l’activité artistique et son patrimoine seront exploités à des fins numériques dans le seul dessein d’en faire profit. C’est le sens des effets d’annonce multisectoriels qui ponctuent ses propos depuis plus de deux ans : « captations de spectacle » pour relancer l’éducation artistique ; « cartes musique sur Internet » pour les jeunes ; numérisation des fonds des bibliothèques mais aussi des films, loi Hadopi, baisse de la TVA pour le livre numérique… Tout permet, malgré les déclarations de bonnes intentions sur le spectacle vivant, la lutte contre le piratage ou les vertus (discutables) de la gratuité dans les musées, de comprendre que les finalités ultimes de la nouvelle politique culturelle sont de privilégier la culture de l’image sur celle de l’écrit. Et, par extension commerciale, celle de l’écran sur celle de la scène. Puisque le nouveau pouvoir culturel appartient désormais aux opérateurs téléphoniques, à Google, Apple et quelques majors américaines (Universal, Sony, EMI…), l’Etat va se donner le beau rôle d’avoir à arbitrer sans avoir à financer. C’est ainsi qu’à coup de sponsoring, lobbying, et rapports publics commandités à leurs cadres dirigeants, ces industries du futur se sont mises à occuper l’espace politique pour servir leurs intérêts.
Par un de ces artifices sémantiques dont Nicolas Sarkozy a le secret, voilà le numérique convoqué pour opérer sa « révolution culturelle », c’est-à -dire , comme il le dit lui-même avec aplomb, « effacer les frontières entre les genres et les registres » et restaurer « tous nos patrimoines immatériels : livres, films de cinéma, programmes audiovisuels, archives de presse, collections ethno musicales, objet d’art »… Ne s’est-il pas, avec une surprenante naïveté, publiquement étonné que « personne n’ait eu l’idée de filmer l’expo Picasso afin que les 2 500 lycées de France puissent avoir accès à ses œuvres » ? Il aura eu le même réflexe au sujet de l’opéra quelques semaines plus tôt. De même, quand il se félicite de l’excellente santé de la fréquentation cinématographique, le président de la République se garde bien de parler du film français (puisque ce sont pour l’essentiel les blockbusters américains qui font les recettes), mais insiste sur les bénéfices à tirer « du numérique et du relief ». « Cette politique est une autoroute sans péage affectée au libéralisme culturel et en premier lieu à ses amis Bouygues et Lagardère » résume très bien Antoine de Baecque, auteur de l’ouvrage Crise dans la culture française (Bayard, 2009).
Finis, l’utopie du partage, le rêve humaniste et la pensée critique. L’heure est au réalisme technoculturel, à la conversion des « belles âmes » au vertueux paradigme de l’image et du son et, dans la foulée, à l’utilisation du « public » contre les « intellos » : pour terrasser l’humanisme béat d’une gauche conservatrice arc-boutée sur une idéologie de l’action culturelle qui, selon lui, est caduque. Le signal est lancé par un décret du 15 novembre 2009. Il est à cet égard sans appel : « la référence au directeur des médias et au directeur du livre est remplacée par la référence au directeur général des médias et des industries culturelles ». Des intitulés « révolutionnaires » qui échappent au langage artistique et littéraire commun. Tout un symbole… Le nouvel organigramme du ministère de la culture, officialisé le 13 janvier dernier, le confirme : la direction du livre est supprimée. Une décision relevant entièrement de l’Elysée.
Le prédécesseur de l’actuel chef de l’Etat avait eu dans ce domaine plus de retenue : en affichant sa discrétion à l’égard des affaires culturelles, Jacques Chirac avouait en même temps sa franche indifférence. Il s’est d’ailleurs contenté de réaliser en catimini son Musée du Quai Branly exactement de la même manière que Georges Pompidou, son mentor, l’avait fait vint-cinq ans plus tôt pour le Centre Beaubourg. Les deux néogaullistes de la Vème République (comme d’ailleurs le socialiste François Mitterrand) avaient en effet très tôt compris que la politique culturelle française fondait sa légitimité sur une conception monarchique du « rayonnement national » et qu’à ce titre il valait mieux, République oblige, jouer petit dans la cour des grands. C’est-à -dire laisser une trace, et pour le reste laisser faire. Ce qui fut fait. Mais Nicolas Sarkozy a pour sa part, et malgré les apparences, décidé de ne rien laisser faire. En donnant lui-même le « la » d’ « une politique culturelle aussi radicalement libérale » – pour citer François le Pillouer, patron du Syndéac –, il prend de vitesse une intelligentsia culturelle beaucoup trop composite, corporatiste et atomisée pour faire bloc et résister. Mieux, il espère s’assurer sa neutralité en installant un Conseil National de la création artistique (6), sorte de contre-ministère qu’il préside lui-même, et auquel il demande expressément « de bousculer l’ordre établi »…
Aujourd’hui ceux qui, auprès du chef de l’Etat ou du ministre Frédéric Mitterrand, ont en charge les questions culturelles, sont pour l’essentiel des technocrates, certes compétents, mais habités par une frénésie législative, réglementaire et budgétaire qui ressemble à une fuite en avant désespérée contre le vide de sens. Tout cet artifice médiatique et sémantique tranche dangereusement avec l’idée que certains pouvaient encore se faire d’une politique culturelle de proximité, imaginative, inventive et – puisque ce mot revient comme une supplique républicaine – fraternelle. Si ce n’est pas la fin d’une époque, cela lui ressemble.
Jean-Michel Djian
Journaliste, directeur du Master coopération artistique internationale à l’université Paris 8. Auteur de Politique culturelle, la fin d’un mythe, Gallimard, Paris, 2007, et de Aux arts citoyens !, Homnisphères, Paris, 2008.
(1) Emile Biasini, ancien conseiller d’André Malraux et secrétaire d’Etat aux Grands Travaux de François Mitterrand, dans « Culture, une affaire d’Etat », documentaire réalisé par Jean-Michel Djian et Joël Calmettes, France 5, 2003.
(2) Vœux « au monde de la culture » du président de la République, le 7 janvier 2010 à la Cité de la Musique.
(3) « les pratiques culturelles des Français » : cinq rapports rédigés sous l’autorité d’Olivier Donnat, du département des études et de la prospective du Ministère de la culture (1977, 1981, 1988, 1997, 2008), qui analysent la portée « toute relative » des politiques culturelles volontaristes à l’endroit des publics qui en sont exclus.
(4) Propos tenus lors du Conseil des ministres du 1er juillet 2009 et rapportés par Le Canard Enchainé du 22 juillet 2009, repris et confirmés par le ministre de la culture, Frédéric Mitterrand.
(5) Installation du Conseil de la création artistique à Paris, le 2 février 2009 ; Vœux du 15 janvier 2009 présentés au Carré d’Art de Nîmes ; à la Cité de la Musique de Paris, le 7 janvier 2010.
(6) Présidé par le patron des salles de cinéma MK2, Marin Karmitz, cet organe regroupe onze personnalités nommées, sur proposition du ministre de la culture, par le chef de l’Etat (décret du 30 septembre 2009).
Lun 9 Ago 2010
arte contemporanea in molise!….
Posted by Antonio Picariello under ARCHITETTURA e URBANISTICA , arte/teatro , ComunicazioneNo Comments
prima o poi doveva succedere….questo è quanto offre la creatività e la ricerca artistica dei molisani scelti dai curatori che amano le rane
Lun 9 Ago 2010
X Gallery – IN CONCERTO ALDO FERRANTINI E MARIO MUCCITTO
aldo ferrantini, antonio picariello, mario muccitto, mario serra su 6 agosto 2010
http://altroverso.wordpress.com/tag/mario-serra/
Lun 2 Ago 2010