Ottobre 2010


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http://www.abruzzocultura.it/0015742_aldo-borgonzoni-nella-cultura-abruzzese-e-marchigiana-del-900/

Fra due anni, nel 2013, sarà celebrato il centenario della nascita di Aldo Borgonzoni, pittore tra i più significativi dell’arte iconica italiana del novecento, assai noto per essere stato interprete, con mirabili cicli pittorici delle problematiche sociali ed ecclesiastiche del dopoguerra. Ci si riferisce in particolare alla suite di opere sul tema delle mondine e sul Concilio Vaticano II. Il grande maestro, di cui Arturo Carlo Quintavalle ha scritto essere uno dei maggiori esponenti della pittura realista in Europa, con una singolare interazione tra espressionismo tedesco e pittura informale portata avanti dal suo amico ed estimato Francesco Arcangeli, ebbe nel dopoguerra stretti e significativi rapporti e frequentazioni con l’Abruzzo e le Marche.

Ora, in occasione della mostra “La materia nello spazio urbano” con 40 artisti, allestita da Antonio Picariello per ricordare Elio Di Blasio al Mediamuseum di Pescara di cui la nostra rivista si è occupata con un ampio servizio nella quale era stato incluso anche Borgonzoni , è maturata l’idea di proporre uno studio approfondito proprio in vista del centenario del 2013 sui rapporti di Aldo Borgonzoni con il territorio marchigiano e abruzzese. A questo proposito vanno ricordate le numerose mostre allestite al pittore bolognese dalla Galleria Margutta di Pescara, la monografia edita da Artechiara sempre di Pescara con saggi critici di Leo Strozzieri e Maria Augusta Baitello, le partecipazioni alla Biennale d’Arte Sacra di San Gabriele e alla Triennale di Celano; per quanto riguarda la Marche un interesse particolare deve essere riservato alle monografie per le edizioni Nuova Foglio di Giorgio Cegna, fondatore dell’Accademia di Macerata, ai saggi storici di Armando Ginesi, Carlo Bugatti del Museo d’Arte Contemporanea di Senigallia, e da ultimo dell’indimenticato magnifico rettore dell’università di Urbino Carlo Bo. (altro…)

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Subito dopo aver creato, quello di criticare è il dono più ricco che possa offrire la libertà di parola e di pensiero….Caro Antonio 

mario serra

 

MA L’ARTISTA NON È UNTO DAL SIGNORE

Caro Massimo,

so bene che per un artista è difficile accettare l’idea che l’arte sia una convenzione. Gino De Dominicis (ancora lui?) dopo essersi risentito per le mie “ciniche” affermazioni e avermi spiegato

che l’arte è un mistero, che l’artista è un unto da qualcuno o comunque un “illuminato” e un  ispirato”, alla fi ne mi pregava di non esprimere comunque a voce alta certe mie idee, perché altrimenti si poteva allontanare il collezionista che lascia sul tavolo l’assegnino (allora) di venti/trenta

milioni. Sì, caro Massimo, anche il grande Gino giocava a fare il mago, lo sciamano, l’uomo del mistero pur di portare a casa (eccome) la pagnotta. Eppure, con le sue qualità (intellettuali, tecniche e soprattutto strategiche) non ne aveva proprio bisogno. E ora anche tu vuoi dirmi che l’arte è rivelazione, spiritualità, magari ispirazione. Certo, non si può ridurre Marcel Duchamp a mero paladino del “contesto” che è il primo passo verso lo Zeitgeist, cioè il termometro delle mode culturali, ma ti assicuro che senza il contesto e senza la conoscenza di alcuni codici che noi stessi ci siamo dati, l’arte di oggi sarebbe poca cosa.

 

Io auspico una Norimberga per tutti gli amministratori nazionali e locali

Sono reduce da affaticate visite alla Biennale di Carrara. Il bravo Fabio Cavallucci, ottimo curatore

indipendente (il migliore oggi in Italia di tale livello, forse) ma troppo legato ai trend curatoriali internazionali che imita e a cui vuole rendere conto, mi ha stroncato con lunghe e assolate camminate per farmi scoprire la sua Biennale. Tra la visita al cimitero di Marcognano (opera di Cattelan), devastati e polverosi laboratori in disuso sparsi nel territorio e uno squallido lungomare da far rabbrividire per speculazioni e devastazioni ambientali in cemento (ma quando un processo pubblico, una sorta di Norimberga del nuovo millennio, a tutti gli amministratori in Italia? La Magistratura, anziché pensare solo a Berlusconi si guardi attorno e si occupi dei nostri amministratori). A Carrara e dintorni, in un territorio che sembra una discarica di marmo, con centinaia di sculture, omaggio clientelare ad artisti solo invadenti ed invasivi, collocate ovunque, nelle piazze, negli incroci, nei cortili, in ricordo dei marinai scomparsi, dei pescatori annegati, dei carabinieri coraggiosi, dei militi ignoti dimenticati, proporre in mezzo a questa monumentalità a brandelli e scomposta, a questi esibizionismi di periferie culturalmente velleitarie, dei veri e bravissimi artisti come Terence Koh, diventa veramente una operazione di approssimazione e cinismo culturale. E questo perché mai come oggi l’arte ha bisogno di contesto.

Caro Massimo, cosa diresti se le tue raffi nate pitture venissero poste alle pareti di un bar sulla spiaggia o in un ristorante affollato da famiglie con bambini rumorosi e selvaggi? Tu credi che terrebbero il confronto con gli schiamazzi o la musica periferica a tutto volume? E se il contesto è l’anticamera della “convenzione”, come si può negare che le regole del gusto, cioè dello Zeitgeist non nascano dall’esterno, cioè dall’accumulo delle istanze? Il concetto odierno di bellezza

femminile e maschile non è forse dettato da certi canoni della moda e della cultura? Una discussione a tal proposito tra artisti, curatori e chi vorrà, coordinata da te? Ma ben venga.

Hai lo spazio e il veicolo a disposizione. Anche se, conoscendo l’ipocrisia che governa il mondo dell’arte e della cultura, il risultato sarà scontato. (altro…)

simbolo della falsità.JPG66634_1641805082406_1155198074_31795022_5342582_n.jpgSONO UN FALLITO CARO ANTONIO1.JPGimage0011.jpg

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Le terme sémiologie a été créé par Emile Littré et pour lui, il se rapportait à la médecine[1]. Il a ensuite été repris et élargi par Ferdinand de Saussure, pour qui la sémiologie est « la science qui étudie la vie des signes au sein de la vie sociale » (Cours de linguistique générale, p. 33). Le terme sémiotique, inventé par Charles Sanders Peirce quelques années auparavant, recouvre la même idée et est utilisé le plus fréquemment en dehors de France.

Toute science étudiant des signes est une sémiologie. Le terme est donc utilisé dans plusieurs disciplines.

La sémiologie (du grec « séméion », le signe, et logos, “discours”, “raison”, “étude”) apparaît être une discipline récente. En linguistique, la théorie générale des signes n’est pas nouvelle puisqu’on la rencontre chez des auteurs comme Court de Gébelin ou Joseph-Marie de Gérando.


Tombée presqu’un siècle dans l’oubli, la publication du Cours de linguistique générale de
Ferdinand de Saussure propose d’en renouveler la définition, ou plutôt d’en circonscrire le champ d’étude : « On peut donc concevoir une science qui étudie la vie des signes au sein de la vie sociale ; elle formerait une partie de la psychologie sociale, et par conséquent de la psychologie générale ; nous la nommerons sémiologie. Elle nous apprendrait en quoi consistent les signes, quelles lois les régissent. Puisqu’elle n’existe pas encore, on ne peut dire ce qu’elle sera ; mais elle a droit à l’existence, sa place est déterminée d’avance. La linguistique n’est qu’une partie de cette science générale… » (de Saussure, 1972 [1916], p. 33).

On assiste alors à un regain d’intérêt pour l’étude des signes, et la sémiologie devient une nouvelle discipline dans les Sciences sociales avec des auteurs comme Greimas, Barthes, Jean Baudrillard, Mounin ou Umberto Eco. (altro…)

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http://www.festivalmediterraneodellalaicita.it/Festival_Laicita/Chi_siamo.html

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A Paolo Dell’Elce e Mauro Rea piace questo elemento.

Ettore Le Donne Sembra il culo del Nano ai raggi x….

Criticart PCriticart caro ettore tu da una vita lavori sui Bunker devi dire qualcosa di più su quest’immagine….

Paolo Dell’Elce interessante l’effetto ottico dovuto allo sfalsamento delle rocce…l’idea della stratificazione è molto forte…verticale e orizzontale…una decostruzione costruttivista…insomma povero chi ci capita là dentro!…ma che speravano di trovare? l’acqua santa?

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paolo per dare consistenza al tuo ottimo e professionale percettivo aggiungo che il fondo diventa conclusivo per l’immagine documentaristica e apre all’infinito storico e teologico con il simbolismo della della croce e dell’acqua. il tem…a riguardo le condizioni del nostro pianeta, l’unico che conosciemo per adesso, è stato “ob(b)iettivamente” sondato da un artista del tuo stesso calibro sensitivo. come dico in www.criticart.it Nadav Kander inglese, in altri scatti, ricorda l’intimo respiro pittorico di Hopper. solitudine sociale e solitudine archetipa, non spaziale, si condensano nel messaggio che dice dov’è il luogo del male. non è nella natura, ma nell’artefice che la manipola. l’uomo avido e i suoi peccati capitali, compreso l’ottavo, la tristezza, sono gli elementi e il luogo che questa immagine ci risputa addosso. a.p.Mostra tutto

 

Paolo Dell’Elce quella croce sul fondo è troppo cercata però…sarebbe interessante andare oltre…abbiamo vestito per troppo tempo la morte di croci e di marmi… la “dura” terra ci rigetta addosso tutto il nostro male…e tutti i nostri simboli…

Criticart PCriticart

http://www.criticart.it/?p=8304
andare oltre però è esattamente il compito degli artisti. nella retorica per esempio- quella croce sul fondo è troppo cercata – potrebbe diventare: quel fondo della croce il che rimetterebbe in discussione mol…te riflessioni spicciole. sappiamo che il visivo non si cura molto di queste cavolate ma un buon Dalì potrebbe ripresentarsi come spillatrice tra parola, immagine pittorica e fotografia. che ne dici? d’altra parte tu stesso hai parlato di decostruttivismo e di chi povero ci capita dentro. povero come un cristo appunto….un cristo uomo che destruttura il mondo che gli dona la vita… i simboli poi, fino a quando non ne riusciremo a creare di nuovi e contestuali a noi, potenzialmente capaci di sostituire l’ancestrale, restano imperituri il nostro marchio esistenziale. abbiamo solo la possibilità di patteggiare per uno o per l’altro. libero arbitrio appunto….un abbraccio a.p.

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In pittura, in scultura non esiste più «arte sacra», ma tutt’al più, con Cattelan, con i fratelli Chapman, Damien Hirst e tanti altri, sulla scia del Dada e del surrealismo, esiste un’arte del sacrilegio o della desacralizzazione. Eppure esiste ancora una musica sacra: giovani compositori continuano a scrivere messe, requiem, persino opere metafisiche come, ad esempio, il Faust di Pascal Dusapin. Anche la danza non è mai stata così bella, affascinante e audace come oggi; tale qualità dipende da una perfezione fisica che forse nessuna epoca, salvo l’antichità, aveva mai raggiunto: corpi eleganti, muscolosi, sciolti, aerei, modellati dallo sport, dalla dieta, dall’allenamento. Non c’è niente di più bello, oggi, che vedere certi balletti «d’avanguardia». Si potrebbe proseguire: il canto lirico, stando alle vecchie registrazioni, sembra oggi più bello di un tempo, come se la voce si fosse migliorata, amplificata, rafforzata, perfezionata. Il motivo è evidente: c’è ancora in queste discipline – e qui la parola «disciplina» acquista tutto il suo senso – un mestiere, una maestria del corpo lungamente, duramente, pazientemente appresa, una tecnica singolare insegnata e trasmessa, anno dopo anno. Nelle arti plastiche non c’è più mestiere. Non possono esserci master class di pittura semplicemente perché non c’è più maestria. Un tempo il pittore aveva i suoi allievi, gli apprendisti, i ragazzi di bottega: preparavano o terminavano, talvolta copiavano, i quadri del maestro. Ma che cosa si può «insegnare» oggi in una scuola di Belle Arti, che non ha più nulla da trasmettere se non i lacci del mercato? (altro…)

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