Marzo 2013


A PARTIRE DAL GIALLO
Il viaggio, così come la visione di un luogo o la scoperta del meglio delle sue bellezze naturali, artistiche od architettoniche, non sempre può essere rivelato tramite delle semplici azioni meccaniche fatte di osservazioni, apprezzamenti e desideri di immortalare una immagine simbolo che sia, contestualmente, piacevole ed accattivante dal punto di vista estetico; di contro, tale esperienza è da ritenersi come una sorta di espansione dell’animo umano, una specie di incontrollabile forza inconscia che tende a modificare la percezione di ciò che si ha davanti agli occhi. Sin dall’antichità, l’essere umano si è interrogato sulla vastità dell’universo conosciuto, sulla possibilità di scoprire luoghi a lui ancora ignoti e, soprattutto, si è preoccupato di assecondare la propria sete di conoscenza; ed è così, sia per infinite ragioni e sia per molteplici ed impensabili reazioni, che ha avuto inizio la storia del viaggio. Al di là delle singole esigenze avvertite, nel tempo, da qualsiasi essere umano, il momento fondante del viaggio è stato sempre determinato dal bisogno stesso di materializzarlo, anche attraverso la cattura delle forme così come delle figure più tipiche o quanto meno più rappresentative. Fino a quando non c’è stato l’avvento della fotografia di massa, l’uomo ha provato a carpire quante più immagini possibili, rinvenute durante i propri percorsi, utilizzando la pittura, sia essa celebrata individualmente e sia commissionata ad autori specializzati nella realizzazione di opere paesaggistiche o di scene di genere; ambiti, questi ultimi, che hanno avuto, poi, particolare fortuna verso la fine del XVIII secolo, in special modo nel occasione dei Grand Tours intrapresi, in lungo ed in largo per tutto il Mediterraneo, da diversi artisti e nobili illuminati d’Europa. Al riguardo si potrebbero menzionare numerosi di questi personaggi, per lo più tedeschi, che tanto hanno contributo, proprio attraverso l’esecuzione pittorica, all’esaltazione della bellezza estetica, sia intrinseca che estrinseca, di un qualsiasi luogo o sito visitato. La pittura di Simone Zaccarella, giovane autore formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, è in linea con questo ambito già storicizzato; difatti egli è riuscito a risuscitare tale genere rinnovandolo in chiave contemporanea e sottoponendo gli esiti formali, tecnici ed iconografici verso nuove e suggestive interpretazioni compositive, in cui il paesaggio, oppure i topoi dei luoghi visitati, è svelato attraverso esplosive epifanie cromatiche ed ardite scomposizioni materiche. “Ogni angolo del mondo ha una sua energia che si tramuta in forme e figure”, afferma Zaccarella, il quale ama il viaggio quasi come se fosse una sorta di esperienza trascendentale da affrontare nel silenzio più totale, in modo da poter comporre pindariche riflessioni e profonde meditazioni da poter tradurre, successivamente, in profili ed architetture. Le sue opere sono, inoltre, il frutto di due passaggi fondamentali: l’osservazione congiunta e la trattazione sistematica del bozzetto. La risultanza di questi due fondamentali fattori, indici per eccellenza della valenza artistica di un qualsiasi pittore di formazione accademica, è il capolavoro in assoluto. L’approccio del nostro alla rappresentazione avviene tramite un vero e proprio trionfo tecnico. Il supporto che egli preferisce, per la maggiore, è la tela che, a sua volta, viene invasa dall’acrilico, dalla grafite, dall’olio, dalla penna fino a giungere al pigmento puro, per far poi far emergere i ricordi dell’anima, le configurazioni delle sagome ed i contenuti materici delle strutture architettoniche. Le sue 11 tele in esposizione all’Apotheca sono una rapida rassegna dei centri da lui visitati, quali Amsterdam, Barcellona, Berlino, Roma, Sidney e Valencia. Queste città si aprono agli occhi dello spettatore in maniera vorticosa. Gli edifici più rappresentativi di esse sono presi a simbolo della loro importanza politica, sociale e culturale. Tali soggetti sono stati trattati da Zaccarella in modo del tutto originale, il quale ha provato a scomporre ed, in qualche caso, a ricomporre le immagini stesse, adoperando, con veemenza, linee e modulazioni di tipo geometrico in cui è ricorrente la figura del triangolo, già presente nei lavori della prima formazione. Egli è stato capace, seppur inconsciamente, di dare una nuova linfa vitale a passate tendenze, quali il cubismo analitico, il futurismo boccioniano ed i portati di natura “kandinskiana”. Al riguardo la seguente frase di Kandinsky « L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla, e indica il contenuto del futuro » ben si collima con l’attuale produzione di Zaccarella, in quanto si scorge nei suoi dipinti una determinata kunstwollen destinata alla creazione di moderne iconografie umane ed architettoniche, il cui significato iconologico è da ritenersi una esperienza di vita. Tutti i suoi lavori, anche quando non trattano temi legati al viaggio, sono soprattutto attraversati dal colore giallo, come se ogni tratto o sequenza venisse sintetizzato solo ed esclusivamente attraverso questa singola matrice cromatica. La presenza, forse anche ossessiva, di questo colore ha una sua accezione, la cui rilevanza va oltre la percezione terrena del mondo circostante; il giallo per Zaccarella ha un valore di tipo spirituale, quindi ha una connotazione extrasensoriale, la cui valenza si esprime seguendo precisi cambi di tonalità e campiture. Il rapporto che egli ha con il “soprasensibile” rende ancor più incantevoli le sue opere, facendole assurgere ad un percorso ascensionale che surclassa qualsiasi connotazione materiale o puramente materica ed aiuta l’uomo osservatore a rimanere in una condizione di “sogno continuo” che potrà essere svelato solo tramite l’invenzione immaginifica del viaggio.

Luigi Fusco

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