Maggio 2013
Monthly Archive
Mar 14 Mag 2013
Posted by Antonio Picariello under
arte/teatroNo Comments
http://infosannio.wordpress.com/2013/05/05/roma-biblioteca-vallicelliana-il-transrealismo-di-guadagnuolo-nella-monografia-metamorfosi-delliconografia/
incontri: Il transrealismo di Francesco Guadagnuolo
Salone Borromini
15 maggio 2013 – presentazione volume
Metamorfosi dell’iconografia nell’arte di Francesco Guadagnuolo
a cura di Antonio Gasbarrini e Renato Mammuccari
Nato in America come forma letteraria intorno agli anni ’80, con l’uscita de A Transrealism Manifesto redatto nel 1983 dal matematico-scrittore Rudy Rucker, nel mondo dell’ arte il transrealismo si identifica in una rappresentazione che coglie, al di là della realtà effettuale, le immagini che sono oltre la superficie del reale stesso. Una ricerca, questa, che ha trovato in Italia una significativa espressione in Francesco Guadagnuolo, abile disegnatore ed incisore, con una spiccata propensione per la pittura. Se ne parla in occasione di un incontro intorno alla monografia Metamorfosi dell’iconografia nell’arte di Francesco Guadagnuolo, a cura di Antonio Gasbarrini e Renato Mammuccari, pubblicato dalle Edizioni Angelus Novus nel 2011. È questa un’opera che contiene la storia personale dell’artista, il suo epistolario, la documentazione degli eventi, l’incontro con i personaggi che hanno influenzato la sua formazione, in un intreccio tra pittura, scultura, ma anche musica, poesia, teatro, cinema, scienza e religione. Ne emerge una realtà fortemente trascesa nelle forme espressive dell’artista siciliano-romano, ma nello stesso tempo fortemente ancorata a valori di matrice umanistica, etica e religiosa. All’incontro in Vallicelliana, insieme all’artista, intervengono Antonio Del Guercio, Antonio Gasbarrini e Antonio Picariello. Sarà questa anche l’occasione per riflettere sul transrealismo come terza via nel dibattito tra postmodernismo e nuovo realismo
Biblioteca Vallicelliana
Piazza della Chiesa Nuova 18
00186 Roma
Tel. 06 68802671
Tel. 06 6869237 (direzione)
fax. 06 6893868
e-mail: b-vall.servizi@beniculturali.it
Mercoledì 15 maggio ore 16.30
ingresso libero
Mar 14 Mag 2013
Posted by Antonio Picariello under
arte/teatroNo Comments
Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea “Angelus Novus” – L’Aquila
Fondato nel 1988 – Art director Antonio Gasbarrini
www.angelus-novus.it info@angelus-novus.it
ANGELUS NOVUS PRESS ANGELUS NOVUS PRESS ANGELUS NOVUS PRESS
COMUNICATO STAMPA
Venezia: inaugurazione della mostra itinerante dell’artista iraniano Rezakhan
dedicata alla città terremotata dell’Aquila
Sarà inaugurata lunedì 13 maggio alle ore 17 a Venezia alla Scoletta dei Calegheri la mostra itinerante di pittura UNIVERSO IN RI/COSTRUZIONE dell’artista iraniano REZAKHAN dedicata alla città terremotata dell’Aquila che resterà aperta fino al 20 Maggio.
Promossa e organizzata dall’Associazione Culturale “22 secondi” e L’Associazione Culturale Veneziana “Il Filo dell’orizzonte”, con la consulenza museale di Angelus Novus, Patrocinata dal Comune di Venezia e dell’Aquila, con il concorso della vetreria di Murano diretta da Cristina Sfriso, la mostra è supportata da un bel catalogo della casa editrice romana DEd’A recante la riproduzione di tutte le opere in mostra.
Scrive tra l’altro in catalogo in critico Antonio Gasbarrini nel suo testo 22 più 2 opere dedicate al terremoto aquilano del 6 aprile 2009: “Il titolo di questa mostra personale dell’artista iraniano Rezakhan a Venezia, ne riecheggia un altro pressoché identico: Universo in costruzione. Utilizzato nel 1991 nel testo di presentazione di una delle sue prime uscite espositive nell’aquilana Officina di Claudio Del Romano. Qui Rezakhan ha collaborato, come grafico, con uno dei più insigni figli dell’arte tipografica italiana (Claudio Del Romano, appunto, scomparso quasi novantenne alcuni giorni fa).
Tra quel “remoto”, remotissimo 1991 in cui aleggiava tutta la poetica aniconica di matrice islamica del giovane artista trapiantato nella città federiciana, e quei terribili, sobbalzanti secondi delle 3.32 del 6 aprile 2009, c’è un incolmabile iato: della memoria, innanzitutto. “Di e in” una città distrutta dal sisma prima ed assassinata una seconda volta poi, dalle repellenti campagne propagandistiche mediatiche dell’innominabile sig. b. e dalla concomitante inettitudine delle istituzioni (degne solo d’una minuscolissima i).
Dopo ben quattro giri della terra intorno al sole, il centro storico de “L’Aquila magnifica citade” (così la designava a metà del Trecento il cantore epico Buccio di Ranallo nella sua Cronica) somiglia sempre più a Pompei, con le sue desolanti rovine impalate, con le sue zone rosse (di vergogna), con i militari che ancora presidiano questo o quel varco interdetto, con i 14.000 diasporizzati cittadini aquilani tuttora rinchiusi entropicamente nei 19 agglomerati (cosiddette new town) senza più un’accettabile identità civica.
Rezakhan, il critico Antonio Gasbarrini, la poeta Anna Maria Giancarli, hanno sperimentato sulla propria pelle tutte le atrocità compresenti in un’inenarrabile e irrappresentabile tragedia. In gran parte accettabile allorché le forze ctonie della Natura scaricano casualmente e caoticamente tutta la loro energia catastrofica repressa.
Cercando ora in questa personale – con la muta, eppur euritmica teoria delle opere esposte partorite sotto l’egida dei “22 secondi” (durata della devastatrice scossa sismica, peraltro declinati dai sismologhi anche in 26 o, ancora, in 38 sessantesimi d’un interminabile minuto) – e, con le due testimonianze in catalogo, di sublimarla.
Ventidue fotogrammi (più 2) d’un unico film dell’Universo in/ricostruzione girato da una stordita Mnemosine. Fotogrammi percepibili sia singolarmente, sia in sequenze liberamente frammischiabili dal fruitore. Una serie di “costanti poetiche” rimandano dritto dritto alle lezioni di alcuni dei principali Maestri dell’avanguardia (dal Quadrato nero del ’13 di Malevitch, al «silenzio di 24 minuti, durante il quale lo schermo rimane nero» nel debordiano lungometraggio senza immagini Hurlements en faveur de Sade del 1952). Né sono da meno i riconoscibili lacerti ideogrammatici delle scritture calligrafiche orientali. (…)
Ben al di là di questi passaggi neo-alchemici, conta una concentrata resa creativa fuori del comune. Anziché appellarsi ad un complice pathos o ad una nostalgica, dolente rammemorazione, Rezakhan sceglie la via, tutta in salita, dell’interdizione. Inconsciamente assimilata dai mille e mille divieti tuttora presenti nelle varie zone rosse della città fantasma. Oltre le sue occludenti, strappate e strappabili siepi-palafitte non s’intravvede nessun metafisico infinito leopardiano. Piuttosto il lucido pessimismo d’una “ragione errabonda” (Giorgio Colli) imprigionata negli interstizi delle cataste e cataste di macerie fisiche ed esistenziali. (…)
P. S. Circa i “non-titoli” delle opere, la cui riconoscibilità didascalica è stata opportunamente affidata ai sincretici guizzi semantici di Anna Maria Giancarli, va sottolineato che gli stessi si fondano e fondono creativamente in rapporto alle immagini, con il medium di epigrammatici spunti poetici. Se non altro per invogliare a sbirciare, tra gli screziati vuoti esistenziali delle barriere rezakhaniane, ultronee schegge della ferita memoria: […]«ora nella trappola / richiami di cenere / rantoli di materia»; «paesaggi più della terra duri / trafitti da neri artigli»; «uragani di fiamme offendono il tuo corpo / mente evanescente / città della memoria»; «arcobaleni di liquidi richiami / poi / silenzi svaporati di passato» […].
UNIVERSO IN RI/COSTRUZIONE
22 più 2 opere dedicate al terremoto aquilano del 6 aprile 2009
di Antonio Gasbarrini
Il titolo di questa mostra personale dell’artista iraniano Rezakhan a Venezia, ne riecheggia un altro pressoché identico: Universo in costruzione. Utilizzato nel 1991 nel testo di presentazione di una delle sue prime uscite espositive nell’aquilana Officina di Claudio Del Romano.
Qui Rezakhan ha collaborato, come grafico, con uno dei più insigni figli dell’arte tipografica italiana (Claudio Del Romano, appunto, scomparso quasi novantenne alcuni giorni fa).
Tra quel “remoto”, remotissimo 1991 in cui aleggiava tutta la poetica aniconica di matrice islamica del giovane artista trapiantato nella città federiciana, e quei terribili, sobbalzanti secondi delle 3.32 del 6 aprile 2009, c’è un incolmabile iato: della memoria, innanzitutto. “Di e in” una città distrutta dal sisma prima ed assassinata una seconda volta poi, dalle repellenti campagne propagandistiche mediatiche dell’innominabile sig. b. e dalla concomitante inettitudine delle istituzioni (degne solo d’una minuscolissima i).
Dopo ben quattro giri della terra intorno al sole, il centro storico de “L’Aquila magnifica citade” (così la designava a metà del Trecento il cantore epico Buccio di Ranallo nella sua Cronica) somiglia sempre più a Pompei, con le sue desolanti rovine impalate, con le sue zone rosse (di vergogna), con i militari che ancora presidiano questo o quel varco interdetto, con i 14.000 diasporizzati cittadini aquilani tuttora rinchiusi entropicamente nei 19 agglomerati (cosiddette new town) senza più un’accettabile identità civica.
Rezakhan, il critico Antonio Gasbarrini, la poeta Anna Maria Giancarli, hanno sperimentato sulla propria pelle tutte le atrocità compresenti in un’inenarrabile e irrappresentabile tragedia. In gran parte accettabile allorché le forze ctonie della Natura scaricano casualmente e caoticamente tutta la loro energia catastrofica repressa.
Cercando ora in questa personale – con la muta, eppur euritmica teoria delle opere esposte partorite sotto l’egida dei “22 secondi” (durata della devastatrice scossa sismica, peraltro declinati dai sismologhi anche in 26 o, ancora, in 38 sessantesimi d’un interminabile minuto) – e, con le due testimonianze in catalogo, di sublimarla.
Ventidue fotogrammi (più 2) d’un unico film dell’Universo in/ricostruzione girato da una stordita Mnemosine. Fotogrammi percepibili sia singolarmente, sia in sequenze liberamente frammischiabili dal fruitore. Una serie di “costanti poetiche” rimandano dritto dritto alle lezioni di alcuni dei principali Maestri dell’avanguardia (dal Quadrato nero del ’13 di Malevitch, al «silenzio di 24 minuti, durante il quale lo schermo rimane nero» nel debordiano lungometraggio senza immagini Hurlements en faveur de Sade del 1952). Né sono da meno i riconoscibili lacerti ideogrammatici delle scritture calligrafiche orientali.
L’impeccabile impaginato “pittografico” di Rezakhan è il felice risultato di una serie di manipolazioni analogico-digitali che vale la pena di sintetizzare. Le vedute della città morta, degli altri centri minori dei suoi dintorni, dei giovani sorpresi mentre tentano di riavviare un gioco bruscamente interrotto, dei prestigiosi monumenti ora sfigurati e conosciuti in tutto il mondo, di una Natura plastificata nei suoi striminziti alberi, sono state prevalentemente recuperate proprio da una serie di istantanee scattate nell’auratico tempospazio pre-sismico da Claudio Del Romano. Trasmutate poi “pittoricamente” a quattro mani nell’Officina con un computer, quasi a voler ritrovare nel loro dichiarato impressionismo/puntillismo la felice stagione di un’arte simbiotica con la sua modernizzante storia. Dall’output di questa primigenia immagine, Rezakhan passa alla tecnica del collage cartaceo. Geometrizzandola matericamente con un’astrattizzante cornice per lo più nera al fine di esaltarne la prospettiva, anche se spesso è lacerata; sovrapponendole, ancora, irregolari strisce di carta evocanti rossastre lingue di fuoco o nerastre striature di pece. Infine, un ulteriore intervento con lo scanner ed il successivo congelamento dell’immagine con l’output definitivo sul subjectile prescelto..
Ben al di là di questi passaggi neo-alchemici, conta una concentrata resa creativa fuori del comune. Anziché appellarsi ad un complice pathos o ad una nostalgica, dolente rammemorazione, Rezakhan sceglie la via, tutta in salita, dell’interdizione. Inconsciamente assimilata dai mille e mille divieti tuttora presenti nelle varie zone rosse della città fantasma. Oltre le sue occludenti, strappate e strappabili siepi-palafitte non s’intravvede nessun metafisico infinito leopardiano. Piuttosto il lucido pessimismo d’una “ragione errabonda” (Giorgio Colli) imprigionata negli interstizi delle cataste e cataste di macerie fisiche ed esistenziali.
La vistosa croce di S. Andrea impressa da una irreversibile scossa tellurica su uno scorcio architettonico medioevale, fa un po’ da sigillo al leit-motif dell’intero ciclo. Baricentricamente e metaforicamente visualizzato nei rossastri bagliori di quella Porta Sacra di pretta matrice culturale persiana, così descritta in un appunto dell’artista: «Le fiamme, nella cultura M. O. sono il segno della sacralità, sacralità che deriva dai tempi antichi, allorché il fuoco era sacro. Aperta per solo poche ore l’anno, assume il significato simbolico che ci sono tempi brevi durante i quali possiamo attraversare un passaggio, altrimenti perderemmo un’occasione irripetibile che non è caratterizzata da un tempo infinito a nostra disposizione».
Quest’opera apparentemente fuori testo, rispetto al contesto dei 22 fotogrammi-secondi, insieme all’altra evocante con dollari sonanti tutto il malaffare scatenatosi sulla carcassa della città distrutta già alcuni minuti dopo il terribile sisma (le compiaciute, quanto oscene risate dell’imprenditore romano), è accostabile, non solo visivamente, alla squarciata veduta dell’altra Porta Santa della Basilica di S. Maria di Collemaggio. In entrambe i tempi del passaggio e della redenzione sono più che brevi: quelli dell’Universo in ri/costruzione di una delle più belle città italiane ed europee, smisuratamente lunghi. Non a caso, in quello che può essere considerato diacronicamente l’ultimo fotogramma del ciclo ispirato ai 22 secondi – una sorta di schermo bianco contornato dalla familiare cornice nera, appena ravvivata da quattro piccole lingue di fuoco –, il tempo non fluisce più, sospeso com’è su un presente-assente d’una invivibile quotidianità: «il tempo è gioco di fascinosi ribaltamenti / gemma di prefigurazioni nella pagina bianca del futuro / ora / danza il vuoto tempo dell’attesa / ora / urge il tempo della ricomposizione», (Anna Maria Giancarli).
P. S. Circa i “non-titoli” delle opere, la cui riconoscibilità didascalica è stata opportunamente affidata ai sincretici guizzi semantici di Anna Maria Giancarli, va sottolineato che gli stessi si fondano e fondono creativamente in rapporto alle immagini, con il medium di epigrammatici spunti poetici. Se non altro per invogliare a sbirciare, tra gli screziati vuoti esistenziali delle barriere rezakhaniane, ultronee schegge della ferita memoria: […]«ora nella trappola / richiami di cenere / rantoli di materia»; «paesaggi più della terra duri / trafitti da neri artigli»; «uragani di fiamme offendono il tuo corpo / mente evanescente / città della memoria»; «arcobaleni di liquidi richiami / poi / silenzi svaporati di passato» […].
Municipalità
Venezia Murano e Burano
Servizio Cultura e Sport
ASSOCIAZIONE
CULTURALE
ASSOCIAZIONE
C U L T U R A L E
R E Z A K H A N
universo in ri/costruzione
MOSTRA PERSONALE DI PITTURA
13 – 20 MAGGIO 2013
V E N E Z I A
CAMPO SAN TOMà
SCOLETTA DEI CALEGHERI
Tecnica digitale su backlit Massimo Roncari
THE
INSTITUTE VANIERI Centro Documentazione
Artepoesia Contemporanea
Angelus Novus- L’Aquila Cristina Sfriso
www.glassmurano.org
Presentazione di Antonio Gasbarrini
Schegge poetiche di Annamaria Giancarli
La S.V. è invitata all’inaugurazione della Mostra
che avrà luogo lunedi 13 Maggio 2013 alle ore 17:00
lunedì, martedì, giovedì e venerdì 9 -13 mercoledì, sabato, domenica 9 -13 e 14 -18
Mar 14 Mag 2013
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Rassegna “…incostieramalfitana.it”
MAIORI
Venerdì 31 Maggio 2013, ore 20.30
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Incontri d’Autore
Gioconda Marinelli “L’uomo che fondeva le campane” (Tullio Pironti)
Domenica 9 Giugno 2013, ore 20.00
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Al chiar di luna con…
Premio “Uomo/Donna del mio tempo” sezione Televisione
Daedalus, creazioni da favola e maioliche d’autore
Maurizio Gianotti “La TV al tempo del Web 2.0” (Armando)
intervista di Marcello Napoli (Il Mattino)
I percorsi dell’arte Simone Palumbo in sax
Mercoledì 19 Giugno 2013, ore 20.30
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Incontri d’Autore
…la poesia italiana
Cristina Crescentini “Un soffio di vento”
Anna Vittoria Giordano “Un vortice a colori” (Terra del Sole)
Cristina Tafuri “In nome di Eros” (L’Arca e l’Arco)
Vincenzo Tafuri “Voli di colombe” (Tullio Pironti) Prefazione di Maria Luisa Spaziani
letture di Vania De Angelis, attrice
I percorsi dell’arte Pasquale Ansalone, chitarra
Rossella Balestrieri, voce
Mercoledì 26 Giugno 2013, ore 20.30
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Premio “costadamalfilibri”
Salotti letterari
Nicola Guarnelli – Pasquale Ragone “Le ombre del silenzio. Suicidio o delitto? Controinchiesta sulla morte di Luigi Tenco” (Castelvecchi)
Alessandra Farro “Il bianco, il nero e il jazz” (Tullio Pironti)
intervista di Massimiliano Amato (L’Unità)
Premio “Feluca” Opera prima
Associazione culturale La Feluca
Premio“Napoli Cultural Classic”
Associazione Napoli Cultural Classic
Martedì 2 Luglio 2013, ore 20.30
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Incontri d’Autore
…la poesia napoletana
Giuseppe Scognamiglio “T’ ‘o ddico accussì” (Terra del sole)
Premio Nazionale di Videopoesia “Giuseppe Di Lieto”
presentazione di Giancarlo Barela
interventi dei familiari e degli amici di Peppino
proiezione video poesie di Giuseppe Di Lieto
I percorsi dell’arte Alessandra Petillo, voce
Michela Ruggiero, piano elettrico
Mercoledì 3 Luglio 2013, ore 20.30
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Design artigianali
Storie di designer autoproduttori
Angelo Soldani intervista
Nello Antonio Valentino e Antonello Rega “Bhumi”
Daniele Della Porta, Roberto Lepre e Salvatore Pepe “Puntolargo”
Stefano Esposito, designer
Concorso Letterario Nazionale “Design Artigianale”
presentazione di Angelo Soldani, designer e autoproduttore
I percorsi dell’arte Vincenzo Pagliara band
Martedì 9 Luglio 2013, ore 20.30
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Incontri d’Autore
Moussa Koita “Reato di clandestinità” (Koinè)
Giuseppe (Pippo) Zarrella “Avanzi. Storie straordinarie di ordinario disagio” (Gaia)
Mercoledì 10 Luglio 2013, ore 20.30
ANFITEATRO LUNGOMARE AMENDOLA
Incontri d’Autore
Giuseppe De Marco “Qui la meta è partire. Scritture di viaggio e sguardi di lontano nel Novecentoitaliano” (Marsilio)
Alberto Mirabella “Il valore paradigmatico dei soprannomi. Ovvero r’istuortonòmme, strangianòmme, scangianòmme e anginòmme” (brunolibri)
Mar 14 Mag 2013
Posted by Antonio Picariello under
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Un’esigenza di racconto, come sintesi e quintessenza di conoscenze, esperienze e riflessioni esistenziali, anima il percorso artistico di Simone Zaccarella.
Il viaggio inizia nel laboratorio di suo padre, il noto ceramista Antonio Zaccarella, in un luogo di forti situazioni creative, frequentato da artisti italiani e stranieri.
La pittura come necessità espressiva totale e riassuntiva si affaccia già chiara e trascinante a otto anni “ desideravo solo dipingere e questo ero sicuro avrei fatto” così si esprime Simone che ora a ventotto anni dopo un’incubazione ventennale, intesa come lavorio incessante di ricerca e di studio, viene allo scoperto e mostra i suoi lavori.
Lungamente custoditi in una cartella -sempre la stessa, portata con sé nei viaggi e nelle pause- i bozzetti, realizzati su carta- il supporto adatto e caldo che gli corrisponde- sono la testimonianza anche cronologica di tappe espressive personali come snodo e concretizzazione di avvenimenti e di approfondimenti di idee e di pensieri.
Zaccarella percepisce e vive la pittura come energia creativa, testimonianza della forza della natura intesa come unica possibilità per capire e carpire le domande dell’esistenza.
Sono sempre momenti di forte rottura o crisi a innescare processi che alla lunga si rivelano costruttivi e positivi. A otto anni l’artista partenopeo Sergio Spataro gli regala una scatola di colori ad olio che il piccolo pittore non riesce a dominare nella maniera voluta per cui vive questa esperienza in maniera traumatica tanto da nascondere i colori, dimenticarli per poi riprenderli dopo cinque anni e custodirli ancora oggi come preziose reliquie.
Dal tubetto che contiene il giallo Simone Zaccarella spreme macchie di colore che andranno a significare e a caratterizzare la sua pittura quando, la scorsa estate, la proposta di realizzare una mostra diventa occasione risolutiva per trasferire i bozzetti sulla tela.
“ A partire dal giallo”-Apotheca Art Gallery, Pozzuoli Marzo 2013 – è il titolo della mostra che raccoglie le sue opere che trovano respiro su uno spazio più consono alla realizzazione dei lavori ma non alla forza creativa tutta spesa nella fase ideativa del bozzetto.
“ Potevano rimanere solo bozzetti perché ero arrivato alla mia personale espressività e questa mi bastava”, ancora una frase cardine di Simone il cui percorso esistenziale precede sempre quello espressivo-creativo- artistico, ed è questo il suo modo di vivere l’arte nella sua complessità e nel rapimento totale che ne segue.
Roma e la frequenza dell’Accademia sono il vero incipit come la conoscenza e la collaborazione con artisti provenienti da vari luoghi del mondo formano il contesto giusto e consono per scoprire non solo culture diverse ma punti di vista anche lontani fra loro che fanno luce su alcuni nodi imprescindibili della vita.
Quel momento così coinvolgente e significativo si rompe ma non perderà mai il suo valore di scoperta anzi diventa il motivo del segno espressivo di Simone Zaccarella che si concretizza nell’elaborazione di lavori dove ogni forma è spigolosa e rappresentata con triangoli.
“ Non disegnavo più le forme perché avevo perso la loro realtà come quando si rompe uno specchio e restano solo pezzi aguzzi ”.
Ma il dolore provocato dal cambiamento di una realtà amicale e creativa amata, il senso dell’abbandono e dell’ impossibilità di fermare ciò che invece muta e sgretola
affetti e certezze si trasformano nel tempo in una nuova opportunità di crescita e di riappropriazione del cammino a cui contribuisce in maniera forte il viaggio a New York. Ancora un’esperienza corale di lavoro tra artisti, soprattutto con un pittore messicano e uno peruviano, una sorta di full-immersion creativa,
di oltre una settimana trascorsa solo a dipingere creano un impatto coinvolgente che rimesta e decide nuovi equilibri.
Il lungo periodo dei triangoli finisce e si manifestano nuove espressività in concomitanza con la ricerca di sintonie dal mondo che proprio tramite intoppi forzati (come il grave incidente che lo immobilizza per mesi e lo costringe a rinunciare all’esperienza artistica di Bruxelles), porta ad altre strade e fasi.
Cambia la rotta che decide il ritorno in Molise e l’inizio dell’attività lavorativa nel laboratorio di ceramica in cui aveva provato la prima ebbrezza che dona e pretende l’arte.
“ Non volevo fare ceramica perché mi avrebbe legato a un luogo” ma i luoghi hanno le loro malie e storie che come propizie vendette ti richiamano e riaffermano la loro presenza.
Simone Zaccarella inizia a creare oggetti in ceramica realizzando una propria linea
che raccoglierà anche successo di vendite e di apprezzamenti.
Ma il viaggio è la sirena da seguire quando si fa forte il suo richiamo e così il ritrovarsi con altri pittori amici in Spagna, a Cullera, cittadina sul mare vicina a Valencia, quando il giallo, che è divenuto la spina dorsale della costruzione dell’opera, insieme con la pura semplicità del bianco e della matita nera, rappresenta l’energia e la forza del mondo e delle sue complesse manifestazioni.
Ancora altri approdi e altre esperienze si mescolano e danno vita ai bozzetti e quindi alle tele che hanno come tema Berlino, Roma-Amsterdam, Barcellona, Valencia, Australia e la ricerca del mistero e della necessità di decondizionarsi da ciò che la cultura di un luogo di appartenenza segna e decide anche come percorso di vita.
Togliere lacci, uscire dagli schemi predeterminati, cercare una cultura il più possibile personalizzata, per scovare l’essenza, farsi domande e darsi risposte che siano le più vicine alla realtà e trasferire tutto quanto sperimentato e compreso nella pittura che diviene mezzo insostituibile di racconto.
Ma è sempre il viaggio della mente ad andare avanti, la pittura viene dopo come sintesi e sigillo.
Ora Simone Zaccarella è pronto a iniziare un altro iter di ricerca già mentalmente delineato, lo attende il Messico e il suo amico artista Alberto Alvarez Solis.
Una meta cercata perché vista e interpretata come riassuntiva della forza primordiale della creazione.
Il Messico come altro tassello di un puzzle la cui figura sarà ben visibile solo alla fine
quando tutti i pezzi sono incastrati nella maniera dovuta, luogo che darà altri input creativi e grafici che si andranno a comporre in questo tragitto segnato dall’Arte che traccia percorsi e segni di complessa realizzazione e lettura.
Dom 5 Mag 2013
Posted by Antonio Picariello under
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Dom 5 Mag 2013
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Gio 2 Mag 2013
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Mer 1 Mag 2013
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Mer 1 Mag 2013
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