Dom 26 Gen 2014
Gianni Fano. Segni e Contemporaneità
La percezione della Bellezza e del non Bello dipende dal grado di accoglienza del ricevente. Gianni Fano è un artista “archetipale” capace, per semplice natura sensibile, di trasmettere segni e animazioni sollecitanti. Questo tipo di attenzione, imposta dalla produzione scultorea, ha la funzione di scatenare passione osservativa. Implica che nell’utente si manifesti la modalità doverosa di consultare con umiltà introspettiva un “io” collettivo che ingrana “chimicamente” per conduzione timica, i movimenti dei codici ancestrali contenuti silenziosamente nelle opere. Così in ogni essere che incontra le opere create da Gianni Fano vengono attivati i sensori poco allenati, o molto allenati secondo il tipo di personalità interagente con le sculture. Queste opere stimolano l’osservazione mediante una cultura istintiva del sapere che obbligano la coscienza sensibilizzata a prestarsi con una misura della percezione in grado di strutturare una sorta di mappa cognitiva organizzata con i valori filosofici e storici dell’arte, ma che ha la facoltà di saper far superare le leggi dell’ottica e indurci a manipolare i luoghi del sogno per farci “viaggiare” nella storia segreta dell’umanità. Le opere scultoree di Gianni Fano sono in qualche modo una sorta di sconosciuto documento della storia dell’arte potenzialmente attivo e contemporaneo capace di raccogliere il senso scientifico dell’estetica e risvegliare, tramite l’atto percettivo, un punto nodale del nostro istinto primordiale. Su questo punto la definizione dell’arte stessa diventa luogo attivo di civiltà in sviluppo. Uno dei massimi esponenti dell’arte e della critica del ‘900, lui stesso testimone biologico dei processi avvenuti, Gillo Dorfles, fa una sintesi esauriente che ci porta a consolidare le nostre ambigue visioni quotidiane – “L’arte è qualcosa d’indipendente e sovrano eppure d’intimamente legato a una civiltà, a una storia”. Gianni Fano è interprete naturale, di una transazione che avviene per noi voluta dall’energia scatenante delle opere che si distinguono dalla proliferazione ossessiva dei codici visivi emessi dalla comunità contemporanea e risvegliano il lato dormiente che è in ognuno di noi indirizzandolo verso un grado di accoglienza capace di tradurre in forza significativa il linguaggio apparentemente sintetico di Gianni Fano. Questa funzione la si ritrova nell’analisi puntuale di S. Simi de Burgis in merito alla definizione aperta spesso ignorata socialmente riguardo l’arte contemporanea; “…sarebbe opportuno cercare di immedesimarsi in un concetto “dicreativo” che nella mente dell’artista di ogni tempo e luogo è aperto a varie sollecitazioni di diverso ambito conoscitivo e di sperimentazione”. In altri termini la qualità di accoglienza dipende del -retaggio storico collegato alla memoria soggettiva e oggettiva che si immedesima nelle sue stesse conoscenze derivanti dalla sua formazione/educazione. – Queste opere non sono racconto; sono disposizioni tattili e visive che invocano le velature significative dell’io collettivo a smantellare nozionismi e livelli della storia per poter ricevere il senso profondo dettato da un linguaggio segreto; formalmente evocativo di un linguaggio narrativo, ma che possiede la capacità di superare abbondantemente le funzioni usuali grammaticali del racconto per lasciare all’impatto con la coscienza la libertà di collocare dove meglio lo consente la disponibilità di un soggettivo archivio mentale, la memoria percepita delle opere. Si avranno allora catalogazioni istintive di tipo classico, moderno, contemporaneo, romantico secondo la lista ufficiale della sequenza storica dell’arte, comunque moderata in solipsismi di ricerca che l’artista rimette al mondo delle visioni solo per caratterizzare la testimonianza passeggera di un mito contemporaneo.
L’atto osservativo cade così nella gradazione accogliente dello spettatore sconvolgendo riflessioni statiche, dettate dagli automatismi quotidiani e le rimette allo sguardo di una nuova chiave di lettura capace di aprire significazioni concatenate ai segni segreti dell’origine; ai modelli simbolici antichi che partono da un pre-classicismo e superano un vacuo post-modernismo azionando presupposizioni meta-scientifiche tangenti il dominio coerente della “risonanza quantistica contemporanea”. L’opera scultorea concepita tramite il lavoro assiduo e costante della ricerca del linguaggio segreto della materia scelta dall’artista, si incarica di trasferire l’ organizzazione di un sapere che normalmente cataloghiamo come storico, verso le sorgenti della percezione contemporanea e fungere da elemento chimico del pensiero atto a sfibrare la staticità quotidiana e innescare il minimo stimolo necessario all’armonia dell’ estetica contemporanea ossessionata da segni e linguaggi multi esplosivi che ha impedito alla ricerca del terzo millennio di potersi rinnovare dagli strutturalismi delle vecchia avanguardie storiche e accordare sacralità antica con i segni superficiali sciorinati quotidianamente nelle nostre menti, attente a difendersi dall’invasione barbara dei proliferanti linguaggi di comodo all’industria della mercificazione. Le opere di Gianni Fano riportano una leggere condizione di accoglienza al nuovo partecipando con la forza antica dell’atto artistico sentito e rispettando i linguaggi che hanno lottato nel secolo scorso per affermarsi e farsi valere per diventare storicamente radicali come quelli concepiti da Picasso o da Kandinskij. L’ Arte di Gianni Fano raccoglie suoni marini e li trasforma in gigantesche teste poggiate sulla sabbia come dichiarazione d’amore a un nettuno del terzo millennio che ha bisogno di farsi accarezzare dalla contemporaneità alla stessa maniera con cui sul bagnasciuga la schiuma di Venere accarezza i confini mitologici tra i territori delle terre emerse e il riversare continuo dell’acqua stabilendo il patto salubre tra la linea tracciata dalla logica e i punti voluti da una casualità delle correnti e dal vento. E sono questi gli elementi codificati magicamente nelle opere di Gianni Fano, correnti del mito che passano secondo il dettato progressivo dell’impegno creativo, dalla pietra naturale alla scultura bronzea diventata monumento ai caduti. Opera quella istallata nella piazza di Ururi che ancora riprende l’aspetto anatomico di una testa umana con al centro un vuoto di luce simbolo dell’ellisse ciclica dei pianeti abbinata alla materia e alla forma dedicata alla cultura materiale della cavalleria e del cavallo. Questo patrimonio delle memoria bellica poggia sulla base triangolare dei frammenti di pietra e dei chiodi, simbolo di un ancoraggio rivolto alla storia che gli uomini, che non possono permettersi la sciatteria rinunciataria dell’oblio, lavorano la passione collettiva e la condivisione dei valori umani. L’arte di Gianni Fano è allora un’arte della decantazione ciclica che attraversa i momenti generazionali e ricompone i frammenti della moltitudine dei codici della post- modernità riorganizzandoli in istinto emotivo collettivo, semplificato dalla costituzione di un nuovo corpo geometrico che tende all’ unità dell’armonia dell’origine baciata dalla contemporaneità.
Antonio Picariello
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