Quo vado

Una personale analisi con l’obbligo di una premessa: sintomi prebellici governano il sistema e la percezione globale nelle società degli uomini. Come facciamo a distinguere una cosa vera da una cosa falsa?, come si definisce scientificamente o semanticamente la parola cosa?. Vediamo. A inizio millennio Bauman ci aveva donato la  definizione della cosa con l’appellativo di liquido; società che si comportano oltre lo strutturalismo cui ci avevano abituato i grandi ricercatori poli-scientifici come Levi-Strauss sceso nel cordoglio comune con la salita forzata del postmodernismo mai accettato dallo stesso autore Jean-François Lyotard.  Adesso la cosa che i palinsesti dei telegiornali Rai e Mediaset puntano a modellare per la preparazione o le aspettative delle società del 2016 all’avvento bellico mondiale. Prove di guerra, di armi dall’oriente, strategie di guerriglia globale arabe, modelli aperti di difesa dell’Europa che spesso comportano risultati negligenti: prova ed errore facendo in modo che le razze occidentali con le loro storie di derivanze, italiani svevi longobardi austriaci francesi germanici qualunque sistema storico con il proprio comportamento a cui ci aveva abituato J. Le Goff, vivono contemporaneamente la posizione dell’attaccato e dell’attaccante, della preda e del predatore con un’unica finalità: raggiungere la selezione e limitare l’avanzamento demografico. Il pianeta non regge non c’è spazio non ci sono possibilità di alimentazione per i multipli demografici che avanzano. Si applicano le teorie di Malthus. La comunicazione frammentata del nuovo millennio ci ha abituato a vari titoli a chiamare la cosa  cultura intendendola per effetto simpatico   tutto ciò che serve a poco o a niente. Non serve a mangiare, non è un utensile la cultura. Non seleziona i superstiti dai sopravvissuti non marchia le  razze designate a salvarsi dall’ avanzamento demografico. La cultura non soddisfa le speranze delle nuove generazioni così come avveniva al tempo della  conquista di una laurea che permetteva il passaggio da uno stato all’altro della società. Fenomeno che all’inizio apriva lo status sociale  con la  qualifica di un  diploma. Oggi la parola cultura mette terrore e riabilita la  frase celebre e sciagurata nazista di  Goering-Goebbels: “quando sento parlare di cultura metto mano alla pistola”.  Era la frase preferita dai gerarchi nazisti perché funzionava bene senza sforzo di sintesi  per  riassumere  il loro mondo ideale. Comunque si trattava di  una citazione estratta  dal dramma teatrale dedicato da Hanns Johst a Leo Schlageter; un ufficiale tedesco fucilato dai francesi durante l’ occupazione della Ruhr nel 1923. La stessa Francia però, vale la pena ricordarlo per dovere filologico,  aveva avviato i sintomi della distinzione contro la “razza” ebrea  con  “L’affare Dreyfus” tra il 1894 e il  1906, fatto o cosa, che  permise poi  a  Émile Zola – amico nemico di Cézanne –  l’ intervento  politico giornalistico denominato “J’accuse” . L’ opera tedesca, invece, fu lanciata a Berlino nell’ aprile del 1933 e divenne un testo sacro del teatro nazista. Niente di più appropriato che una sostanziale  battuta per rendere efficace l’ideologia della razza pura: “Wenn ich Kultur hore, entsichere ich meinen Browning”. Quando sento la parola cultura tolgo la sicura alla mia Browning. E alla fine ci ritroviamo nel 2016 con i 37,2 milioni di incassi in sei giorni di “Quo Vado” prodotto da Valsecchi  su idea e progetto di Checco Zalone-Gennaro Nunziante. Ed ecco il primo punto.   Il manager cui si dovrebbe dare credito è proprio Valsecchi che riesce a raggiungere in poco tempo un capitale che se rapportato al PIL nazionale fa impallidire le capacità gestionali dei politici nostrani. Non a caso l’astuzia “acheica” di Matteo Renzi (Firenze, 11 gennaio 1975)  si pronuncia condivisoria all’apprezzamento di massa anche perché la massa in politica equivale al numero demografico dei voti. Ma Renzi condivide con Luca Pasquale Medici (Bari, 3 giugno 1977) detto Checco Zalone  e che  in dialetto barese, si pronuncia  “che cozzalone!”, ovvero  “che tamarro!”, anche la rappresentanza culturale della loro   condizione generazionale.  Il primo, l’Ulisse fiorentino,  nasce quando a Londra viene aperto da Malcolm McLaren e Vivienne Westwood il negozio “Sex” dedicato alla vendita di vestiario e accessori punk. Per pubblicizzare il negozio, McLaren creò il gruppo dei Sex Pistols. È lo stesso anno di nascita del  gruppo musicale Heavy metal Iron Maiden voluto dal bassista Steve Harris coevo alla nascita della rock band femminile The Runaways a Los Angeles. Ma è anche lo  stesso anno  in cui Margaret Thatcher diventa  leader del partito conservatore inglese mentre in Italia viene  approvata la legge che abbassa la maggiore età da ventuno anni a diciotto e la Corte costituzionale riconosce la legittimità delle norme che puniscono l’aborto. Per il Checco barese invece l’anno di nascita è lo stesso in cui  termina ufficialmente la trasmissione di Carosello che aveva educato ai consigli per gli acquisti le generazioni pioneristiche in Italia si intende alla magia psico-educativa della televisione in bianco e nero che diventa a colori nel ’77. Con  questa manovra irriverente verso la quiete mentale delle masse,  la RAI passa al tipo di spot pubblicitari attuali che rendono il mondo nevrotico e sconsolato all’ insegna esclusiva della bramosia dell’usa e getta, di una POP art o di un affollamento nefasto della buona tradizione latina trasformato in  controllo pastorale organizzato sul linguaggio caprino dei consumatori. Le conseguenze viziose di questo atteggiamento   scateneranno l’attuale accumulo diabolico di prodotti mortali per la natura e il pianeta terra.   Jimmy Carter è ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti. A Roma il segretario della CGIL Luciano Lama viene violentemente contestato all’Università La Sapienza da gruppi di autonomi e indiani metropolitani. Nasce il movimento del ’77.   Con  un decreto legge vengono abrogate le festività dell’Epifania, San Giuseppe, l’Ascensione, il Corpus Domini, i Santi Pietro e Paolo e la Festa Nazionale del 2 giugno e del 4 novembre. È il risultato della politica di austerity del governo italiano adottata nell’autunno 1976. Il Partito Radicale chiede l’imputazione del Presidente della Repubblica Giovanni Leone per lo scandalo Lockheed e Il Parlamento in seduta comune vota il rinvio a giudizio degli ex ministri Luigi Gui e Mario Tanassi per corruzione aggravata a danno dello Stato. A  Bologna  avvengono i primi atti di guerriglia urbana tra studenti e forze dell’ordine nella zona universitaria. Il militante di Lotta Continua Francesco Lorusso muore colpito da un proiettile sparato dalla polizia. I manifestanti erigono barricate e la città resta in stato d’assedio per tre giorni, finché il ministro dell’Interno Francesco Cossiga invia in città i carri armati. A Parigi viene inaugurato il Centre Pompidou in onore del vecchio presidente della Repubblica francese Georges Pompidou. Ecco l’appartenenza dell’odisseo fiorentino e del Medici barese che nel 2016 rappresentano l’Italianità nel mondo. Anche il povero ministro alla cultura Franceschini modella tentativi di ripresa per il patrimonio artistico italiano promuovendo direttori e direttrici  museali. Eccellenti menti straniere abituate a lavorare la “Cosa” cultura, con devozione, capacità e rispetto. Ma l’abrogazione del carosello italiano non permette più il tenore e la tonalità felice che possedeva l’Italia del Grand Tour. Ormai quelle magnifiche generazioni che sapevano apprezzare il bello sono scomparse come scomparsi sono i grandi autori di coraggio sperimentale e educativo. Nel cinema il neorealista  Rossellini, De Sica padre ( che dio ci liberi dal figlio) e la matrice psico-astrattista del riminese  Fellini.  Nella musica Puccini, Pavarotti,  i New Trolls, Napoli centrale e Demetrio Stratos. Nell’arte Modigliani, Vedova,  Burri e nella letteratura Dante, Petrarca, Calvino e Tondelli. Punto. Siamo ora caduti nel fumetto di Quo vado. Volete vedere la cultura di Zalone il tamarro? Rispondete a questa domanda : cosa fanno in mezzo all’ autostrada tre paperelle?

Qua. Qui, Quo ……non ci sono piò ….  ah ah ah ah …..