Mar 5 Set 2006
L’oggetto che è ritratto oltre a rappresentare una forma,
ha     un         significato          interiore,     individuale
e         universale             nello          stesso        tempo;
un     prato      verde      è     un     prato     per    tutti,
ma ad  ogni  osservatore  suscita  emozioni  diverse,
in base alle loro esperienze, può ricordare la primavera,
come può evocare la speranza, in ciò è colta l’essenza.
Hegel
L’approfondimento dei concetti punto, linea, superficie, colore e materia rappresenta il percorso creativo dell’artista abruzzese Cecilia Falasca, la quale ha sempre lavorato sul filo dell’astrazione classica secondo la lezione di Kandinskij amplificata attraverso una carica concettuale finissima che si pone come riflessione e meditazione sulla storia della pittura che va dal Rinascimento al Settecento, dalla Secessione a Matisse. La ricerca artistica di Cecilia Falasca si anima tramite l’elaborazione di composizioni pittoriche sequenziali secondo una misura mentale che regola la quantità e la qualità dei segni, dei colori e dei gesti, realizzando campiture a linee parallele di colore e polvere di grafite su tavole polimateriche le quali, molto probabilmente, giungono dal contatto che, l’artista pescarese, ha avuto con il maestro Elio Di Blasio.L’essenzialità rappresenta il denominatore comune delle opere di Cecilia Falasca, che queste siano tavole o installazioni; strutture combinatorie primarie di una gran sensibilità ed emozionalità poetica.
Da una grafica più rigida e corposa, dei primi anni, Cecilia Falasca passa ad un segno più fluente, rapido e sottile caratterizzato da toni evanescenti e impercettibili i quali si traducono in una fresca e limpida creatività diretta.Idealmente, le sequenze di Cecilia Falasca descrivono una doppia realtà : quella più vicina all’esistenza dell’uomo, il trascorrere del tempo segnato dagli anelli concentrici di un albero sezionato, e quella legata alle leggi della fisica dove, elettroni e protoni si rincorrono su percorsi ellittici calcificati. In questi luoghi invisibili all’occhio dell’uomo, il tempo trascorre molto più lentamente attraverso il gioco di orbite concave e convesse segnate da polveri di stelle e bolidi ridotti in frantumi. Cecilia Falasca descrive un universo ormai quietato, il quale ha raggiunto un solido equilibrio determinato da un’elegante scansione ritmica di meravigliosi anelli di ghiaccio, fuoco e metallo.
Dalle grandi superfici, in cui armoniosamente si sposano segno, colore e materia, Cecilia Falasca passa alla realizzazione di opere tridimensionali, come le “Aste” in legno, alluminio e ferro trattate sempre con pigmenti e polveri materiche. Esperienza che lega la Falasca ai noti “Contenitori di forma-colore” dell’artista fiorentino Paolo Masi; in entrambe i casi, riutilizzando una dicitura dello storico dell’arte, Arcangelo Izzo, le “Aste” possono essere definite come “…accumulatori di magnetismi pluridimensionali, vettori delle capacità politecniche dell’artista”. Nelle installazioni dell’artista pescarese però, non si scopre solo la competenza creativa e la sperimentazione di nuove forme di linguaggio di Cecilia Falasca; le “Aste”, infatti, diventano un prezioso pentagramma tonale collocato in uno spazio per originare un contatto emotivo storico culturale con il luogo nel quale è ospitato.
Essenzialità , minimalismo e sintesi rappresentano la poetica di Cecilia Falasca; pensiero affascinato dall’essenza che si nasconde dietro la forma e i suoi elementi affini.
Ivan D’Alberto
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