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Buongiorno a tutti,

mi chiamo Andrea Biscàro, vivo a Torino, sono un Ricercatore Indipendente e scrivo per una rivista di storia. Desidero lasciare il mio commento partendo da quanto l’amico Ernesto Saquella ha scritto il 12 febbraio:

“… Quindi il manifesto di Mario Serra, a mio parere, andrebbe rivolto all’Amministrazione Provinciale, magari chiedendo in base a quale criterio si sia pervenuti a selezionare gli artisti. (…) Contemporaneamente debbo però anche dirti che, per quel che mi riguarda, l’intera vicenda mi vede alla stregua d’uno spettatore poco interessato e tutto sommato estraneo. Perché? Semplicemente perchè tra 10, 50 o 100 anni resteranno unicamente le opere, quelle gelosamente conservate dai collezzionisti e dalle raccolte pubbliche.
Gli storici del futuro valuteranno chi e cosa ha valore e merita d’essere studiato e conservato. La storia sta lì ad insegnarcelo…
E’ sempre accaduto così, non trovi?”

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I criteri delle Amministrazioni sono spesso e volentieri criteri politici e pertanto, lo dico con rammarico, estremamente limitati.
Questo vale anche per l’arte, specie quando quest’arte entra nel sociale, penetra il sociale. Quando l’artista è visto unicamente come entità astratta, “non impegnata” (bel termine, ma cosa vuol dire non impegnato? ma in cosa, NON impegnato?), questi può essere “tollerato” in quanto la sua opera non tocca quella che comunemente viene classificata “realtà sociale”. Quando, invece, un artista si “permette” di dire la sua in ambito cittadino, amministrativo, sociale, lavorativo, spesso si assiste ad una patetica alzata di scudi. Insomma: l’artista imbratti tele, si sfoghi sul marmo o sulla creta, ma stia al proprio posto, specie se “quel posto” contrasta con gli interessi di questa o quella giunta, ecc.
Non conosco la vostra realtà locale ma conosco la mia. Assieme ad un’artista (pittore e scultore) ho pubblicato un’inchiesta su un significativo fatto bellico avventuo a Lanzo, provincia di Torino, durante la guerra civile 43-45. Un eccidio nazista. Un atto inqualificabile, una mattanza vera e propria. Eppure questo lavoro non ha diffusione, non riesce ad averne. Perchè? Forse perchè l’opera è REVISIONISTA? NO! No, perchè chi scrive NON E’ un revisionista, non almeno nell’accezione comune del termine. Chi scrive pensa che la storia non debba essere ribaltata, ma RIVISITATA, come si rivistita la nostra vita, col passare del TEMPO, ed è un concetto ben diverso dal revisionismo. L’ARTE, come i FATTI, non ha colore politico, e quando lo possiede diventa SPAZZATURA. Il sottoscritto, quando ricerca, non ha colore politico e se ne infischia bellamente di ciò che che trova, perchè l’arte è nell’aria come i documenti sono negli archivi, specie in quelli chiusi e dimenticati. Esistono e non possiamo o dobbiamo farci nulla. Eppure, in questa società che promuove il dialogo ma in realtà esalta le distanze e la cinica lotta per la sopravvivenza… eppure, dicevo, il solo fatto di voler rivisitare la Storia e scoprire che molto probabilmente dei partgiani hanno venduto i loro stessi compagni alla furia nazista, beh, questo disturba e quindi è meglio ignorarlo e con esso gli autori che hanno deciso di occuparsene. E così, senza aver fatto nulla, diventi FASCISTA o COMUNISTA a seconda della convenienza… Patetico, vero? Triste. Triste perchè tocca l’anima e ferisce.
Eppure l’amico Ernesto ha ragione: “… tra 10, 50 o 100 anni resteranno unicamente le opere, quelle gelosamente conservate dai collezzionisti e dalle raccolte pubbliche.”
Tra 100 anni quando il nostro corpo non esisterà più e saremo solo ANIMA, di noi (come genere umano di questa epoca) resterà il tutto ed il suo esatto contrario, ma gli uomini liberi, INTIMAMENTE LIBERI, del 2107 cercheranno (scaveranno negli archivi, nelle mostre, nei documenti, ecc.) di noi soltanto le opere UMANE, quelle che in ogni ambito hanno gettato un seme. E chi vorrà raccogliere il seme di questo nostro tempo, la testimonianza LIBERA di questa nostra Epoca, saprà scegliere e dividere l’utile dallo strumentale.
Chi persegue il fine del SAPERE spesso andrà incontro a grandi delusioni, ma siamo chiamati a scegliere.
Credo che Ernesto abbia ragione.

Grazie per avermi letto.
Andrea