nino bar.jpgnino bar.jpgnino bar.jpg Gentilissimo Direttore,

con l’intervento che seguirà ho intenzione di partecipare attivamente all’importante dibattito sulle arti visive in Molise, aperto dagli artisti Serra Saquella e Cardone sulla stampa regionale.

Prima di esporre le mie motivazioni voglio ribadire l’utilità della discussione pubblica per lo sviluppo della democrazia partecipata nella società, che nella nostra regione si caratterizza purtroppo per la sterilità di idee e per l’attitudine al controllo del pensiero altrui.

L’intervento non verbale dei manifesti di Mario Serra (per altro di alta qualità comunicativa con pungente spirito critico) e gli articoli a firma dei sopra citati artisti denunciano, a tinte fosche, un diffuso malessere deontologico e comportamentale che, per un destino inesorabile, colpisce la parte pensante e dirigente della struttura sociale molisana, artisti intellettuali capitani d’azienda e uomini politici. Il male oscuro si annida soprattutto nel mancato riconoscimento delle peculiarità settoriali dell’altro. Intervengono in questo distorto processo di identificazione anche preconcetti ideologici, che portano a confondere i ruoli delle diverse competenze, favorendo l’instaurazione di strane gerarchie sociali dove gli artisti puntualmente vengono sottovalutati ed emarginati. Una confusione totale dove tutti possono fare tutto, annullando di fatto quelle categorie di giudizio e di esperienze che certificano la qualità degli interventi umani. Gli artisti esistono per se stessi. Nessuno si chiede qual è la loro utilità sociale e se possono essere utili per costruire, insieme ad altre categorie, progetti di sviluppo per migliorare la qualità della vita. In questo scenario gli artisti servono solo per allestire la bella vetrina delle illusioni, il salotto dei benpensanti dove si discute del bello e del brutto, a dispetto di tante vite sprecate nella ricerca dell’identità comunitaria e del futuro delle idee.

Tornando all’oggetto di discussione, per quanto detto, penso che gli amici artisti abbiano ragioni da vendere per quanto manifestano. E’ veramente un’occasione sprecata quella della mostra di arte molisana allestita in occasione del bicentenario. Quest’evento doveva essere un momento di riflessione collettiva sull’evoluzione della società molisana, nei duecento anni di storia vissuta, vista attraverso lo spirito visivo degli artisti. Doveva essere un lavoro di ricerca e d’analisi consistente e paradigmatico dove ogni artista avrebbe dovuto trovare per legittimazione lo spazio della propria esistenza (questo lavoro invece è stato fatto dal critico d’arte Antonio Picariello che ha depositato la sua ricerca presso la Provincia di Campobasso, nell’attesa di pubblicazione).

Da questa mostra doveva venir fuori il colore dell’identità territoriale, l’imprinting genetico della nostra gente. La nostra gente doveva prendere forza e consapevolezza del proprio valore umano. Purtroppo un’altra fiera delle vanità che non aggiunge nient’altro a quanto è stato già fatto. Forse con il pregiudizio di classificare l’inclassificabile, l’autenticità delle ricerche artistiche.

Come altri sono stato invitato verbalmente a partecipare alla mostra, ma ho declinato l’invito con la motivazione che non condividevo la politica culturale che sottostava alla sua organizzazione. Si deve, nelle vita, mantenere alti i principi del proprio credo spirituale, gli artisti più di tutti hanno l’obbligo di essere coerenti e spartani nella loro professione.

Con la mia mancata partecipazione, come hanno fatto del resto anche molti altri, ho voluto mettere in discussione quanto si stava facendo, e con il senno di poi credo di aver fatto più che bene. Non partecipare per me ha significato dare un’opportunità di riflessione generale, una rinuncia che potrebbe servire per costruire in Molise una vera comunità di artisti, che lavori per il vero bene comune. Voglio chiudere questo mio intervento con l’invito a tutti gli amici artisti di partecipare attivamente al dibattito per costruire insieme un futuro migliore per tutte le arti.

G. B.