Gio 17 Mag 2007
Sabato 19 maggio ore 18.30
presso la Libreria Book & Wine – Spazio Hub – Palazzo Ferrini, Pescara
Presentazione del volume
 Al riparo dal pensiero
funzioni, ruoli e processi nella percezione dell’arte contemporanea
di A.Zimarino
Edizioni Tracce Euro 11,00   – ISBN 978-88-7433-391-2
(interverranno : Nicoletta Di Gregorio – Ugo Perolino )
 &
A PARTIRE DAL PENSIERO
Progetti, idee e immagini di artisti contemporanei
Mandra Cerrone – Angelo Colangelo – Franco Fiorillo
a cura di Antonio Zimarino
Se la parola e la comunicazione finalizzata alla promozione possono essere anche strumenti per far si che il pensiero e l’ideazione non riescano a liberare completamente le potenzialità delle loro implicazioni, è solo ritornando al rapporto diretto con l’opera e ad un pensare che da essa scaturisca, che si può restituire una funzione realmente culturale, tanto all’arte quanto alle idee che essa può rigenerare.
L’artista cerca di mostrare e scoprire tra le cose quell’anello che lega o disgiunge dei possibili percorsi di Senso; mentre costruisce, attende che il costruire rilasci o produca l’istante in cui, oltre l’aspetto logico di una costruzione visiva o concettuale, l’osservatore si trovi proiettato a proporre delle ipotesi di comprensione in una dimensione non semplicemente logica ma, potremmo dire, estetica o anche, per che no, estatica.
La costruzione immaginale dell’ arte contemporanea sembra avere molte potenzialità ma non sempre chiaramente intese: è strumento “d’arte” nel senso più classico possibile perché consente (anche nel suo organizzarsi in video) di superare le necessità delle conseguenze logico narrative della struttura cinematografica per diventare non “racconto dell’accaduto” ma “esperienza del presente”. Essa può mettere insieme stimoli che appartengono storicamente e culturalmente alla percezione della pittura, con altri che appartengono ad altri campi mentali, percettivi e sensoriali (udito, intelletto, mobilità visiva) generando ulteriori possibilità interpretative attraverso relazione sinestetiche amplissime. Al di là delle qualità del “mezzo” è sempre il “come”, il “progetto”, la “cultura” che usa il mezzo a fare di esso lo strumento prezioso per aprire comprensioni in senso “orizzontale” del proprio mondo e in senso “verticale”, nella profodità del nostro tentativo di essere e di definirci.
Ma a quale scopo? Per lo scopo di sempre dell’arte: costruire un “luogo percettivo” dove si possa essere “presi dentro” e nel quale si può accedere attraverso le strade dell’intelligenza e della sensibilità .
La migliore video arte, ma la migliore arte in genere, ha la necessità di completare e fondere in una cosa sola, in un opera – pretesto, i nostri modi di conoscere ed esperire l’esperienza della realtà : il nostro essere autenticamente umani fa si che di essa ne comprendiamo poi una possibilità di senso, attraverso modalità logiche o analogiche. Molti problemi legati alla comprensione dell’arte stanno nel fatto che tendiamo a raggiungerla per una sola di queste vie, mentre invece essa è identitariamente e costitutivamente “entrambe le vie”.
Da queste immagini, che sono poi state anche tradotte in video, ho re – imparato queste cose, perché tutti mi sono risuonati nell’immaginario come “prodotti di una logica” cioè, di un progetto espressivo e riflessivo, ma tutti contengono un passaggio “oltre la logica” perché nel loro realizzarsi spingono necessariamente l’osservatore ad un approccio analogico. Ho nuovamente compreso che l’opera è “altro da sé” cioè, non è semplicemente quello che l’autore progetta o ha idea che sia, ma quando viene da lui “data” ad un pubblico, diventa ciò che l’altro sente che sia per lui e qualcosa allo stesso tempo di analogo e differente per ciascuno.
Credo che la vera efficacia dell’arte sia nel fatto che l’artista dona qualcosa a me, vuole condividere con me il “suo senso” e che esso può diventare davvero anche mio quando la stessa progettualità dell’artista lavora non sull’affermazione e la definizione ma sulla possibilità delle definizioni. Insomma che posso parlare di arte se l’opera può diventare qualcosa in cui anche io ho un ruolo, anche la mia intelligenza logica / analogica è chiamata a svolgere un ruolo costruttivo.
Mandra Cerrone – Denaro Santo
Il denaro non è solo ciò che è ma è anche tutto l’immaginario che ad esso è legato. E’ una cosa “sporca” per le implicazioni negative del suo uso, per i furori che può suscitare, per il suo essere associato con il potere, le fortune, le crisi, le disgrazie. Distrugge, certamente, ma può essere anche possibilità di riscatto, di libertà , indipendenza, di giustizia, possibilità di cambiare le sorti, le fortune in terra, possibilità di una dignità , possibilità di vivere, di dare serenità ecc. Il potere del denaro non si dà in sé, ma è esattamente quello che noi riteniamo di dargli, simbolicamente e realmente parlando; il suo “uso” si qualifica in base al tipo di relazione che intendiamo costruire e sviluppare con esso: il denaro prende la strada che gli diamo e assume il ruolo che gli attribuiamo, esprime il nostro orizzonte esistenziale e relazionale.
Il gesto simbolico di “lavarlo” apre un orizzonte di senso differente: lo “libera” dalla sua storia negativa e lo può far diventare strumento di abbondanza, di felicità distribuita e condivisa. Il denaro può tornare ad essere ciò che noi vogliamo sia, attraverso una “scelta”, un gesto concreto che cambi il nostro rapporto con esso. E dopo questo gesto, quale diventerà il nostro modo per rendere santo il denaro? Come faremo noi che guardiamo ed entriamo nei senso metaforico dell’opera, a farlo diventare strumento di giustizia e di libertà reciproca e non strumento di discriminazione o abbrutimento?
Franco Fiorillo – Non comunicabile
Si susseguono sequenze di esplosioni legate a situazioni di conflitto e di terrorismo, sottotitolate da puntinature di un linguaggio Braille impossibile (perché scorre su di un video) mentre si svolge una Fuga da una sonata di Bach, nella sua continuità . Lo stridore concettuale e logico dell’assemblaggio creano un cortocircuito di sensi e linguaggi capace di trasformare il dramma delle esplosioni in una sorta di gioco di fuochi d’artificio ma dei quali non possiamo mai negare l’implicità assurda drammaticità per ciò che evocano e rappresentano. Allo stesso tempo non sappiamo cosa realmente siano e quando accadono perché nessuna parola, nemmeno quella tattile di potenziali “ciechi” ci può parlare: è l’assurdo spettacolo della violenza incongruente, dell’incongruenza del suo esistere e del suo non potersi spiegare, mentre la musica continua a ricordarci la continuità del tempo interiore, diverso, differente dallo spettacolo della tragedia. Cosa siamo allora? Contemplatori inconsapevoli di uno spettacolo di dolore, incapaci di interpretarlo, incapaci di dargli un senso, spettatori dissociati che non sanno più trovare l’accordo tra ciò che sono e ciò che guardano ?. Ma forse l’unica logica continua sta nella musica che svolgendosi nelle sue riprese, involuzioni, evoluzioni e aperture ci segnala come l’unica certezza sta nel fidarsi del tempo interiore che può certamente salvarci dall’ “inconcinnitas” del reale ma può diventare contemporaneamente anche l’anestetico della coscienza. Insomma il cortocircuito tra le logiche è il salutare momento interiore per provare ad immaginare da quale parte dovremmo e potremmo essere, pensando a quello che l’assenza di comunicazione finisce per farci essere.
Angelo Colangelo
Ancora l’incomunicabilità , ma questa volta come fatto relazionale; essa non è semplicemente un dato socio – culturale ma è intrinseca alla relazione umana quando essa non sappia riconoscere e capire lo spazio dell’altro da sé. Dunque il problema è tutto nell’individuo, nel suo agire e nel suo scegliere: nel rovinoso e tragico specchio di una umanità – società dissociata, scopriamo ciò che non vogliamo essere ma allo stesso tempo, riaffermiamo quello che desideriamo nel più profondo. Non possiamo non interrogarci se anche noi siamo “quelli” se anche noi possiamo essere la causa di ciò che non vogliamo. Questo video non è dunque un atto di denuncia ma è la dimostrazione di ciò che saremmo se rifiutiamo di essere ciò che desideriamo. E’ lo specchio urticante di come possiamo ridurci se ci rifiutiamo di accettare la relazione, se ci pieghiamo alla becera realtà dell’individualismo verso cui sembra spingerci la logica dell’utilitarismo contemporaneo.
Ma solo vederci così può farci ritornare in noi stessi per dire “non io” ! “non per me”!
E così, tra analisi visive, incroci di metafore, sinestesie visuali e concettuali ritorniamo a guardare in faccia il fatto che l’arte è qualcosa di ben diverso da altri “prodotti”, anche se è facile trattarla come se fosse una lattina qualsiasi. Ma giocando intorno ad una frase del Tao Te Ching potremmo dire che dell’arte possiamo farne o dirne qualsiasi cosa, ma se la scopriamo capace di contenere la vastità delle possibilità , se il suo porsi allo sguardo apre uno o più spazi di senso da percorrere, essa diventa qualcosa che può anche “contenerci” e raccoglierci, aiutandoci così a ricordare di non accontentarsi di un’esistenza che disperde e disorienta. Ripartiamo quindi a pensare in autonomia liberi e coscienti che sia necessario ricercare un senso.
“Noi con l’argilla fabbrichiamo un vaso, ma è il vuoto all’interno che contiene quello che vogliamo”
bloog Mandra Cerrone  http://www.mysticdriver.blogspot.com/
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