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L’origine terminologica di arte ambientale rientra nell’albero genealogico del termine inglese “environment art” nato e coltivato da un’ esperienza toscana agli inizi degli anni Novanta. Il catalogo, edito da Allemandi con un empio e soddisfacente apparato critico, prese il titolo di Arte ambientale e divenne  vitale per le definizioni della  corrente estetica, a mio avviso sostanziale al  carattere filosofico architettonico dell’Italia, e rientrò a pieno merito nell’organico sistema, a dire il vero, un poco ammalato, dell’arte contemporanea mondiale. Il Molise ha molta attinenza sanguinea con l’aspetto paesaggistico della Toscana; le grandi distese collinari che assumono forme femminili antropiche, la luce che rimbalza direttamente sulle superfici floreali senza attraversare, ancora per il momento, gli strati filtranti della chimica industriale. La vocazione agricola, storicamente derivante dall’amore degli antenati per questo “loro” territorio, il modo con cui i contadini toccano la terra, la coltivano, la curano. Le antiche istallazioni architettoniche, i castelli, i centri storici, i palazzi settecenteschi che stipulano tacitamente un contratto visivo con lo spettatore riguardante il sostegno alla bellezza e alla funzionalità. Il Molise, insomma, cugino in primo grado con la morfologia manifesta della Toscana, il Molise, però, che a differenza della mentalità solistica della regione che ha dato per convenzione, forse per convenienza politica, le radici alla lingua nazionale, manca di desideri di rappresentanza e di difesa assoluta della propria identità culturale. In questa opportunità canta visivamente la sua nostalgia per i fausti e infausti grovigli che la storia narrativa gli ha riservato. Il Molise canta Blues. Si tratta di creatività spontanea dove lo spartito visivo si stampa sulle pagine, non a caso, dell’arte ambientale dove di solito le opere “si realizzano” in ambienti  naturali, ambienti conduttori e veicolanti  relazioni e inferenze scaturite o derivabili da un alone magico, lo stesso che mette in vita per l’arte  Walter Bejamin,  dovuto a una condizione storica, documentabile o meno, del preesistente.   È l’idea che considera il senso della vita in correlazione al senso cognitivo del  blues estratta dal lessico  come parola veicolante il senso della nostalgia, di qualcosa che si è amato, che  è da qualche parte nel mondo,da qualche parte  nell’universo o in qualche luogo, e che comunque mantiene così attiva la memoria da essere continuo oggetto di desiderio. In musica La struttura antifonale, “chiamata e risposta”,  e l’uso delle blue note, un intervallo di quinta diminuita che “l’armonia classica”, la canonicità accademica,  considera dissonante e che valse al blues italiano l’appellativo di musica stonata,  apparentano il blues alle forme musicali dell’Africa occidentale, ai luoghi primordiali dove sorgono spesso, facendosi armonicamente  svelare,  gli archetipi umanitari. Qui ci si assoggetta, nella straordinaria dimensione linguistica dell’arte contemporanea, allo stesso principio; un concerto espressivo in cui gli artisti suonano il luogo ripercorrendo la direzione indicata da Platone, appunto, il senso nostalgico e una sorta di “saudade” portoghese-brasiliana, che riesuma sia le qualità antiche del territorio molisano, sia lo svolazzamento mentale del gioco generativo messo in atto dalle sorprendenti immortali avanguardie storiche, e rilanciano, a future invenzioni, le qualità sottese dal  “presente vitale”,  confidando nel calibro armonico dei rumori e dei luoghi quotidiani il compito taumaturgico di saper rilevare  bellezza da ciò che apparentemente manifesta il “non bello”. Blues…, Blues come arte estetica, come filosofia  platonica  che prima di Cristo aveva sentito la nostalgia per il pensiero che cerca Dio negli uomini e gli uomini in Dio, dove Dio è conoscenza e sapere, è armonia.  Platone magico, cantore  di blues ambientale, che  fa comparire la prima utopia urbana, prototipo di tutte le città ideali che in seguito immagineranno architetti e politici nei loro sogni progettuali. Città utopica contrapposta ad Atene interessata ad un’ unica natura  del cosmo, città fluente dalla  forma di un cerchio che si divide in dodici parti disposte intorno  ad un  centro culturale. E in questa precognitiva, cristiana, figura geometrica, si inserisce un uomo “geometrizzato”. Strade dritte e case somiglianti per evitare disuguaglianze come note di base per gli accordi del  Blues ambientale suonato dagli  artisti che visitano il luogo,  lo studiano, lo “riflettono”, lo assorbono sulla pellicola sensibile del loro captare invisibilità; parlano con chi il luogo lo abita da sempre, disegnano  informazioni e senso fantasmagorico dello spazio, modellano  storia, paesaggio, clima, luminosità, tecnica e  materiali di produzione locale, e poi cominciano a comporre.  Realizzano progetti per il luogo  si inseriscono nel tessuto locale, ne diventano parte molecolare; sistema interattivo, grafici di  memoria e medium rivelatori dei  fantasmi salubri che abitano le strutture, gli interstizi, i vuoti, la luce e i colori e con essi, con la curiosità investigativa del “genius loci”,  iniziano il loro canto nostalgico. Inizia il Blues ambientale, la poetica sottile che cerca l’aurea spontanea tra il luogo e la creatività artistica pensata per esso. Arte ambientale si rimodella, così,  dalla sua definizione originaria di arte nel paesaggio, la stessa che Enrico Crispolti, pioniere convincente  definisce opera ambientale, o d’installazione fatta per essere vista, per cogliere e catturare lo sguardo, per creare un incanto visivo negli occhi del passante. Per scatenare emozioni e reazioni. Ciò che traduce in realtà il Barocco primo esempio di arte che mira a realizzare un intervento urbano e che dialoga con il contesto in cui si inserisce.  In un’ottica semiotica, l’Intervento, è un segno tra segni. L’Architettura è decadente, ha perso in espressività. L’arte ambientale mira a rinvigorire  la sua capacità semantica per renderla nuovamente espressiva. Si tratta di intervento  che deve obbligatoriamente  connettersi dialetticamente con il contesto, e  considerare cardiaca  la forza a raggiera di tutte le  componenti ambientali; sociologiche, antropologiche. Anche per dare senso della fruibilità di chi l’ambiente lo vive sulla e nella propria pelle. Ed ecco, allora, che lo spazio di fuori si riversa nel simbolismo del luogo che rappresenta la dinamicità muscolare, ma anche un  museo dove la mentalità e l’azione artistica si concentra, tradendo forse, gli aspetti più sinceri dei luoghi deputati all’arte ambientale, ma riformattandoli sinceramente  in discorso narrativo: luogo dell’incontro dove artisti visivi cantano nello spazio dinamico il proprio sentimento avvertito dai sussurri e le voci del luogo. Così il concerto si espande tra le note toccanti e collettive di questi artisti profondi.  Suonatori visivi per macchia d’Isernia. Blues, Platone, Ambiente. Genius Loci  in concerto. Antonio Picariello

 

1

ENZA ACCIARO

2

VALERIA ACCIARO

3


4

CRISTIAN BATTISTA

5

FERNANDO BATTISTA

6

ARTURO BELTRANTE

7

CARMA

8

SIMONA CASTELLI

9

ANGELO CIANCHETTA

10

GIOVANNI DIANA

11

PARIDE DI STEFANO

12

FERDINANDO FEDELE

13

ETTORE FRANI

14

RAIMONDO GALEANO

15

WALTER GIANCOLA

16

ROCCO IANNELLI

17

DANILO IANTOMASI

18

NICOLA MACOLINO

19

ELENA MAGLIONE

20

ANTONIO PALLOTTA

21

DARIO PALUMBO

22

ANTONELLA PELUSO

23

MICHELE PERI

24

ALESSANDRA PERI

25

LUCIANA PICCHIELLO

26

MARIANGELA REGOGLIOSO

27

VALENTINO ROBBIO

28

NAZZARENO SERRICCHIO

29

ERNESTO SAQUELLA

30

MARIO SERRA

31

BENVENUTO SUCCI

32

GIUSEPPE TERRIGNO

33

ANTONIO TRAMONTANO

34

GIANLUIGI VENTURINI

35

NATALINO ZULLO

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