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Il gioco dell’arte e della critica

 

Le donne dell’atelier Verrilli sperimenta un antico manierismo a metà tra le metodologie  ludiche e il richiamo alla più sobria tradizione italiana del rinascimento in cui la bottega dell’artista era il sapere universale da cui irradiava la conoscenza alchemica mimetizzata nell’arte della pittura e non solo. Qui  sotto le preziose  direttive disciplinari del maestro Igor Verrilli, già più volte da me presentato su cataloghi e recensioni, otto donne come un simbolismo dell’infinito femminile  preparano la leggerezza visiva per il prossimo avvenire. Seguiranno altre che compongono il magico ambiente dell’atelier che Verrilli per istinto in questi ultimi anni ha “costruito” di fianco lo scorrimento dell’Adriatica termolese, lungo la costa che da Venezia scende in Calabria. “la gioia” dei colori  “preannuncia il senso del percorso visivo indicato dalla predisposizione incantevole e incantata come una malia sottesa dal gesto pittorico femminile”,   ANNALISA MANCINI, “la sensualità ” timida e velata, “un accenno a quanta potenza la sensualità femminile esplica nel segno”,  LUCIA D’AMARIO, “la mediterraneità ”delle terre vicine, “il solare riappare nel cromatismo guidato dalle sensazioni captate da una gioviale  percezione femminile e rimesse alla salubre visione degli spettatori”.   MARINA PALOMBO, “il potere” di incantare ed ammaliare, “tema di attuale consistenza che dalla condizione sociologica passa alle riflessioni degli spettatori attraverso il segno pittorico”,  CARLOTTA LICURSI, “la magia” dei tempi lontani, “è un vento dell’anima che permette solo alle femminilità profonde e temerarie di avvicinare lo sguardo spirituale alle condizione occultate da luoghi inquietanti come l’Isola di Pasqua”,  ANTONELLA CARADONIO, “la delicatezza” degli atteggiamenti “sollecita all’antica pratica del guardare senza malizia, meglio osservare per dare corpo ad un’informazione interiore che vota alla comprensione del mondo”,  TITINA DE FILIPPO, “l’amore” che mai abbandona “riapre il ciclo dell’umanità scomparsa soffocata dell’illuminismo meccanico e razionale che qui ritorna ad essere complemento della sua soggettiva sub alternanza con la verità naturale dell’esistenza” ANGELA RONZITTI, “i sogni” che le accompagnano  “sollecitano il profondo come una gaia scienza per la dimensione onirica, ma con un atteggiamento segnico e cromatico che oltrepassa il comune ambiente della psicologia ottocentesca e rientra nella leggerezza popolare di raccontare quanto detta la sapienza delle ombre viventi nella dimensione dei sogni,GAIA COCCO.