Mar 6 Apr 2010
UMBERTO SALA fondatore e direttore editoriale della Rivista Segno e membro della Sala Editori snc
Posted by Antonio Picariello under arte/teatroNo Comments
Per conoscenza, grazie
BUGIE E FALSITA’
DI LUCREZIA DE DOMIZIO
NEL COMIZIO PUBBLICO DEL 30 MARZO 2010
La recente mostra “PescaraArt 2010? al Museo Colonna di Pescara (dal 6 al 30
marzo) con opere di una quarantina di giovani artisti e l’omaggio ad alcuni
artisti storici (da Beuys a Warhol con opere grafiche e serigrafie, dipinti
e sculture) ha scatenato l’ira di Lucrezia De Domizio, per un presunto falso
della serigrafia di Beuys “Tram stop” presentata in mostra, ma da lei edita
nel 1977 in maniera diversa. L’accusa più diretta della De Domizio è stata
rivolta al catalogo edito da noi (Sala editori) con la pubblicazione del
presunto falso, e alla responsabilità dell’Assessore alla Cultura del
Comune di Pescara che ha semplicemente patrocinato una iniziativa culturale,
senza esborsi economici.
Premesso che nessuna responsabilità può essere attribuita ad un Assessore
alla Cultura che recepisce e patrocina in buona fede i contenuti di una
mostra e del relativo catalogo, è soprattutto il curatore di una mostra il
responsabile attore della qualità e dei percorsi culturali di una
esposizione, compreso opere esposte in prestito, comunicati stampa e
relativo catalogo. Pur non entrando nel merito della mostra e delle opere
esposte, non ci sembra grave tuttavia l’esposizione di una presunta
serigrafia o prova di stampa artefatta, poiché il significato culturale di
un’opera di un grande artista – anche nella sua falsità o copia – rimane
culturalmente significativa e indelebile, come nel caso di Beuys. Il falso o
la copia di un’opera d’arte attiene esclusivamente al mercato dell’arte ed
alla lealtà di chi produce, commercia e vende. Più grave e incongruente ci è
sembrata la determinazione di affidare ad una perizia costosa la valutazione
di originalità di una serigrafia o stampa offset del valore di poche
centinaia di euro!
La De Domizio in virtù di una sua presunta storica attività di gallerista e
di sponsor di alcune altre tra le centinaia di serigrafie, multipli offset,
prove di stampa dell’opera di Beuys, prodotti da numerosi altri editori
italiani e stranieri, si è preoccupata di difendere il commercio delle sue
edizioni, scatenando un enorme polemica di accuse sulla stampa quotidiana
locale (Il Centro, Il Messaggero, Il Tempo, ecc.), completata, a chiusura
della mostra, da una sua “performance-show” sull’ingresso del Museo, con
una divertente pubblica conferenza, piena di insulti per i curatori, bugie e
falsità della sua carriera di gallerista, applaudita ironicamente da qualche
fallito critico locale.
Tra le falsità dichiarate soprattutto quella della sua generosità nei nostri
confronti di editori e della nascita della Rivista Segno, ….da lei
inventata in concorrenza a Flash Art, unica rivista dell’epoca secondo la De
Domizio. È Una enorme bugia, giacché la Rivista Segno, nasce spontaneamente
nell’ottobre del 1976 sulle ceneri della rivista NAC di Roma del critico
Francesco Vincitorio (di cui eravamo amici), e in alternativa alla rivista
abruzzese Art Dimension Art (prodotta a Lanciano e
dalla stessa De Domizio sponsorizzata), alla Rivista Data di Milano di
Tommaso Trini, a Marcatre della Lerici Editore, e naturalmente Artforum
rivista americana già molto nota in Italia. Una grande falsità esternata
dalla De Domizio all’ inconsapevole pubblico, poiché il numero 1 della
Rivista Segno nasce dalla collaborazione grafica e inventiva del designer
pescarese Ivano Villani per la testata e formato, dalla collaborazione
critica effervescente di Peppino D’Emilio della Galleria Convergenze di
Pescara e dalla generosa partecipazione di Andrea Pazienza alle sue prime
esperienze di vignettista, dalla disponibilità dei critici romani Giuseppe
Gatt e Giorgio Di Genova. Solo successivamente, mostrando la nostra prima
pubblicazione (contenente una breve intervista alla stessa De Domizio) e
l’intenzione di consultare critici d’avanguardia come Achille Bonito Oliva e
Filiberto Menna, la De Domizio si rende disponibile a finanziare qualche
pagina di pubblicità con poche migliaia di lire, che invece già dispensava
in larga misura alle altre riviste citate, attingendo alle generose casse
del barone Buby Durini (prima di sposarlo) in virtù delle sue ampie
proprietà e dei cospicui introiti derivati dagli indennizzi dei terreni
percorsi dalla costruenda Autostrada A/14 Bologna-Vasto. Spese e risorse
varie per ospitare a Pescara, mostre di qualità , giornalisti, critici d’arte
e artisti, per affermare una credibilità nazionale e internazionale, a lungo
termine mal gestita, sfociata (con la morte di Beuys nel 1986) in un
prosciugamento delle risorse economiche da lei stessa a noi rivelate ed ora
pubblicamente ammesso. Risorse che ritrova a Milano, dove trasferisce
la sua attività , comprando un loft grazie alla generosità economica di tal
Carlo Ciarli, (imprenditore e artista di Alessandria) al quale promette fama
e gloria di artista (mai acquisita o accertata), pagando mostre e fiere
d’arte, recensioni critiche, interviste e pagine di pubblicità sulle
migliori riviste (anche sulla nostra), con risultati modesti e mai
credibili. Con la morte del marito Buby Durini (vero signore e stimato
personaggio dell’arte), la baronessa Lucrezia De Domizio diventa falsa
figura di se stessa, annullando il meglio della sua immagine storica, per
assumere quella di una vedova pretestuosa e avida di ripercorrere una storia
già consumata sfruttando ancora oggi la benevolenza o la ingenua credulità
di molte Istituzioni comunali italiane o estere. Una storia che molti
importanti critici d’arte, a suo tempo collaboratori, hanno voluto
dimenticare (da Bonito Oliva, a Germano Celant, da Tommaso Trini a Italo
Tomassoni), per gli scompensi della sua cultura con il sapere
contemporaneo, per l’insopportabile carattere irascibile e deleterio nei
confronti delle nuove generazioni.
Infine, a proposito delle altre falsità che la De Domizio ha affermato nei
nostri confronti nel suo pubblico comizio, c’è da dire che se è vero che
abbiamo prodotto insieme una grafica offset “Joseph Beuys – 7000 querce” in
150 copie firmate in nostra presenza dall’artista, la baronessa ha
trascurato di dire che le abbiamo divise in 75 copie ciascuno, da lei tutte
vendute e che successivamente in una fiera a Parigi ce ne ha chieste in
prestito altre 10 copie, mai restituite o pagate!
Pertanto in relazione alle pubbliche affermazioni diffamatorie enunciate
dalla De Domizio, viene dato adito alle vie legali a tutela della nostra
immagine e società editrice, con richiesta di un cospicuo risarcimento dei
danni provocati.
UMBERTO SALA
fondatore e direttore editoriale della Rivista Segno
e membro della Sala Editori snc
Print.
Lithograph on gray cardstock. 103×26 cm.
Edition: 120, signed and numbnered. Publisher: Edizioni Lucio Amelio, Naples. Excellent condition. Schellmann, 249.
Addio a Carinci, lo stampatore di Beuys
PESCARA. Lucio Carinci , 72 anni, lo stampatore dell’ artista tedesco Joseph Beuys , è¨ scomparso nella sua casa di Montesilvano la mattina di Pasqua. Malato da tempo, lascia la moglie Aurelia e i figli Gianluca e Chiara che, ieri pomeriggio, si sono raccolti attorno al feretro nella chiesa colma di Montesilvano. Laureato in Economia e commercio, anche docente per un breve periodo, Carinci è stato un personaggio eclettico: appassionato di musica e soprattutto di arte. Negli anni Settanta, Carinci, che era originario di Chieti, è stato lo stampatore di molti artisti tra cui Beuys, l’artista tedesco che proprio in quegli anni aveva scelto l’Abruzzo, in particolare Bolognano, come sua seconda patria elettiva. Sempre in quel periodo, Carinci ha aperto a Orsogna la discoteca Focus, mecca della musica afro, come viene ricordata, che ha ospitato tanti dj tra cui anche Claudio Di Rocco . Dalla fine degli anni Ottanta, Carinci ha scelto di dedicarsi solo all’arte diventando uno stimato mercante, girando il mondo per comprare opere contemporanee e poi rivenderle. Negli ultimi anni, aveva fissato il suo ufficio a Pescara, in viale Bovio. Carinci non è potuto intervenire nel dibattito sollevato, nell’ ultimo mese, sulla serigrafia «Tram Stop» di Beuys che è stata esposta al museo Colonna di Pescara durante la mostra PescarArt. La serigrafia, secondo il racconto del proprietario, un corniciaio di Montesilvano, era stata stampata proprio da Carinci e recava la firma dell’artista tedesco. Sull’opera esposta al museo Colonna si è aperta per una disputa sulla sua autenticità. Lucrezia De Domizio Durini , amica e seguace di Beuys, ha gridato al falso perché l’opera, secondo la baronessa di Bolognano, era diversa da quella autentica da lei posseduta, sia per le dimensioni che per i colori. Opposto il parere degli organizzatori e dei curatori della mostra che avevano più volte ribadito che su quella serigrafia c’era l’autografo di Beuys. Così ha raccontato Angelo Mucci , il corniciaio di Montesilvano, proprietario dell’opera. Durante i vari incontri delle scorse settimane, Mucci ha ricordato di aver ricevuto in regalo la serigrafia autografata proprio da Carinci. (p.au.) il Centro 06 aprile 2010
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