Per conoscenza, grazie

BUGIE E FALSITA’
DI LUCREZIA DE DOMIZIO
NEL COMIZIO PUBBLICO DEL 30 MARZO 2010

La recente mostra “PescaraArt 2010? al Museo Colonna di Pescara (dal 6 al 30

marzo) con opere di una quarantina di giovani artisti e l’omaggio ad alcuni

artisti storici (da Beuys a Warhol con opere grafiche e serigrafie, dipinti

e sculture) ha scatenato l’ira di Lucrezia De Domizio, per un presunto falso

della serigrafia di Beuys “Tram stop” presentata in mostra, ma da lei edita

nel 1977 in maniera diversa. L’accusa più diretta della De Domizio è stata

rivolta al catalogo edito da noi (Sala editori) con la pubblicazione del

presunto falso,  e alla responsabilità dell’Assessore alla Cultura del

Comune di Pescara che ha semplicemente patrocinato una iniziativa culturale,

senza esborsi economici.

Premesso che nessuna responsabilità  può essere attribuita ad un Assessore

alla Cultura che recepisce e patrocina  in buona fede i contenuti di una

mostra e del relativo catalogo, è soprattutto il curatore di una mostra il

responsabile attore della qualità  e dei percorsi culturali di una

esposizione, compreso opere esposte in prestito, comunicati stampa e

relativo catalogo. Pur non entrando nel merito della mostra e delle opere

esposte, non ci sembra grave tuttavia l’esposizione di una presunta

serigrafia o prova di stampa artefatta, poiché il significato culturale di

un’opera di un grande artista – anche nella sua falsità o copia – rimane

culturalmente significativa e indelebile, come nel caso di Beuys. Il falso o

la copia di un’opera d’arte attiene esclusivamente al mercato dell’arte ed

alla lealtà  di chi produce, commercia e vende. Più grave e incongruente ci è

sembrata la determinazione di affidare ad una perizia costosa la valutazione

di originalità  di una serigrafia o stampa offset del valore di poche

centinaia di euro!

 

La De Domizio in virtù di una sua presunta storica attività di gallerista e

di sponsor di alcune altre tra le centinaia di serigrafie, multipli offset,

prove di stampa dell’opera di Beuys, prodotti da numerosi altri editori

italiani e stranieri, si è preoccupata di difendere il commercio delle sue

edizioni, scatenando un enorme polemica di accuse sulla stampa quotidiana

locale (Il Centro, Il Messaggero, Il Tempo, ecc.), completata, a chiusura

della mostra, da una sua  “performance-show” sull’ingresso del Museo, con

una divertente pubblica conferenza, piena di insulti per i curatori, bugie e

falsità della sua carriera di gallerista, applaudita ironicamente da qualche

fallito critico locale.

Tra le falsità  dichiarate soprattutto quella della sua generosità nei nostri

confronti di editori e della nascita della Rivista Segno, ….da lei

inventata in concorrenza a Flash Art, unica rivista dell’epoca secondo la De

Domizio. È  Una enorme bugia, giacché  la Rivista Segno, nasce spontaneamente

nell’ottobre del 1976 sulle ceneri della rivista NAC di Roma del critico

Francesco Vincitorio (di cui eravamo amici), e in alternativa alla rivista

abruzzese Art Dimension Art (prodotta a Lanciano e

dalla stessa De Domizio sponsorizzata), alla Rivista Data di Milano di

Tommaso Trini, a Marcatre della Lerici Editore, e naturalmente Artforum

rivista americana già  molto nota in Italia. Una grande falsità esternata

dalla De Domizio all’ inconsapevole pubblico, poiché il numero 1 della

Rivista Segno nasce dalla collaborazione grafica e inventiva del designer

pescarese Ivano Villani per la testata e formato, dalla collaborazione

critica effervescente di Peppino D’Emilio della Galleria Convergenze di

Pescara e dalla generosa partecipazione di Andrea Pazienza alle sue prime

esperienze di vignettista, dalla disponibilità   dei critici romani Giuseppe

Gatt e Giorgio Di Genova. Solo successivamente, mostrando la nostra prima

pubblicazione (contenente una breve intervista alla stessa De Domizio) e

l’intenzione di consultare critici d’avanguardia come Achille Bonito Oliva e

Filiberto Menna, la De Domizio si rende disponibile a finanziare qualche

pagina di pubblicità  con poche migliaia di lire, che invece già  dispensava

in larga misura alle altre riviste citate, attingendo alle generose casse

del barone Buby Durini (prima di sposarlo) in virtù delle sue ampie

proprietà  e dei cospicui introiti derivati dagli indennizzi dei terreni

percorsi dalla costruenda Autostrada A/14 Bologna-Vasto. Spese e risorse

varie per ospitare a Pescara, mostre di qualità , giornalisti, critici d’arte

e artisti, per affermare una credibilità  nazionale e internazionale, a lungo

termine mal gestita, sfociata  (con la morte di Beuys nel 1986) in un

prosciugamento delle risorse economiche da lei stessa a noi rivelate ed ora

pubblicamente ammesso. Risorse che  ritrova a Milano, dove trasferisce

la sua attività , comprando un loft grazie alla generosità economica di tal

Carlo Ciarli, (imprenditore e artista di Alessandria) al quale promette fama

e gloria di artista (mai acquisita o accertata), pagando mostre e fiere

d’arte, recensioni critiche, interviste e pagine di pubblicità  sulle

migliori riviste (anche sulla nostra), con risultati modesti e mai

credibili. Con la morte del marito Buby Durini (vero signore e stimato

personaggio dell’arte), la baronessa Lucrezia De Domizio diventa falsa

figura di se stessa, annullando il meglio della sua immagine storica, per

assumere quella di una vedova pretestuosa e avida di ripercorrere una storia

già  consumata sfruttando ancora oggi la benevolenza o la ingenua credulità

di molte Istituzioni comunali italiane o estere. Una storia che molti

importanti critici d’arte, a suo tempo collaboratori, hanno voluto

dimenticare (da Bonito Oliva, a Germano Celant, da Tommaso Trini a Italo

Tomassoni),  per gli scompensi della sua cultura con il sapere

contemporaneo, per l’insopportabile carattere irascibile e deleterio nei

confronti delle nuove generazioni.

Infine, a proposito delle altre falsità  che la De Domizio ha affermato nei

nostri confronti nel suo pubblico comizio, c’è da dire che se è vero che

abbiamo prodotto insieme una grafica offset “Joseph Beuys – 7000 querce” in

150 copie firmate in nostra presenza dall’artista, la baronessa ha

trascurato di dire che le abbiamo divise in 75 copie ciascuno, da lei tutte

vendute e che successivamente in una fiera a Parigi ce ne ha chieste in

prestito altre 10 copie, mai restituite o pagate!

Pertanto in relazione alle pubbliche affermazioni diffamatorie enunciate

dalla De Domizio, viene dato adito alle vie legali a tutela della nostra

immagine e società  editrice, con richiesta di un cospicuo risarcimento dei

danni provocati.

 

UMBERTO SALA
fondatore e direttore editoriale della Rivista Segno
e membro della Sala Editori snc

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Print.
Lithograph on gray cardstock. 103×26 cm.
Edition: 120, signed and numbnered.
Publisher: Edizioni Lucio Amelio, Naples. Excellent condition. Schellmann, 249.

 

 

 

carici beuys.pdf
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Addio a Carinci, lo stampatore di Beuys

PESCARA. Lucio Carinci , 72 anni, lo stampatore dell’ artista tedesco Joseph Beuys , è¨ scomparso nella sua casa di Montesilvano la mattina di Pasqua. Malato da tempo, lascia la moglie Aurelia e i figli Gianluca e Chiara che, ieri pomeriggio, si sono raccolti attorno al feretro nella chiesa colma di Montesilvano. Laureato in Economia e commercio, anche docente per un breve periodo, Carinci è stato un personaggio eclettico: appassionato di musica e soprattutto di arte. Negli anni Settanta, Carinci, che era originario di Chieti, è stato lo stampatore di molti artisti tra cui Beuys, l’artista tedesco che proprio in quegli anni aveva scelto l’Abruzzo, in particolare Bolognano, come sua seconda patria elettiva. Sempre in quel periodo, Carinci ha aperto a Orsogna la discoteca Focus, mecca della musica afro, come viene ricordata, che ha ospitato tanti dj tra cui anche Claudio Di Rocco . Dalla fine degli anni Ottanta, Carinci ha scelto di dedicarsi solo all’arte diventando uno stimato mercante, girando il mondo per comprare opere contemporanee e poi rivenderle. Negli ultimi anni, aveva fissato il suo ufficio a Pescara, in viale Bovio. Carinci non è potuto intervenire nel dibattito sollevato, nell’ ultimo mese, sulla serigrafia «Tram Stop» di Beuys che è stata esposta al museo Colonna di Pescara durante la mostra PescarArt. La serigrafia, secondo il racconto del proprietario, un corniciaio di Montesilvano, era stata stampata proprio da Carinci e recava la firma dell’artista tedesco. Sull’opera esposta al museo Colonna si è aperta per una disputa sulla sua autenticità. Lucrezia De Domizio Durini , amica e seguace di Beuys, ha gridato al falso perché l’opera, secondo la baronessa di Bolognano, era diversa da quella autentica da lei posseduta, sia per le dimensioni che per i colori. Opposto il parere degli organizzatori e dei curatori della mostra che avevano più volte ribadito che su quella serigrafia c’era l’autografo di Beuys. Così ha raccontato Angelo Mucci , il corniciaio di Montesilvano, proprietario dell’opera. Durante i vari incontri delle scorse settimane, Mucci ha ricordato di aver ricevuto in regalo la serigrafia autografata proprio da Carinci. (p.au.) il Centro  06 aprile 2010

 

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