Ginsberg – Rezza

Oscena.
Totalmente priva di importanza
sociale
che mi riscatti.
Respirare fuoco
e voglio vedere
voglio uscire.
Dalla tana
dal sesso.
Quelli che conosco
non conoscono.
Sono troppo vecchi
per avere coraggio.
Povera ragazza sola
e triste…
che per farsi pubblicare
notare…
Datemi spazio
il cielo stellato sotto le palpebre.
Quante ne conoscete che respirano
Freneticamente
Esteticamente
Estaticamente.
Hipster.
Ambiziosa nel piccolo
con nevrosi di provincia.
Capisci?
Conciliare
conversare.
Conservare.
Io non conosco nessuno
e nessuno mi coscosce.
Io non parlo a nessuno
E nessuno mi parla.
Nessun riposo.
Nessuno riposa.
Luce, dio, mai. Male.
Improvvisa città
lucida di pioggia.
Disserto
Deserto.
Mi sto ammalando.
Normalità come pioggia.
In quest’arte intemporanea
Che continua ad accadere
Nei suoi luoghi esclusivi
Anglosassoni
Tedeschi
Cinesi. Arigatou.
Non un’anima difforme.
Parlami! Parlarmi?
Se tu non sei sicuro.
Nemmeno io sono al sicuro.
Diceva Allen Ginsberg.
Aderire.
Questo, proprio questo, mi rende apatica.
E malinconica.
Abito una famiglia di pazzi
Che mi chiede di essere normale.
Profezia
pronostico
Ci sarò. Ci sono già da un pezzo.
Fra voi.
Chi sono i miei fratelli
e le mie sorelle?
In questa sterile
inutile
drammaturgia
dell’attesa.
Un posto
un posto
un posto
alla mia anima
solitaria.
Movente e opportunità
hanno fatto di me
Una.
Alice studia perché il contenuto
dei suoi pensieri sia
medio.
Alice il tuo fazzoletto raffinato
ricamato nel frastuono delle feste
mi commuove.
Tutti che rimpiangono
insieme
quell’attitudine epocale.
Trent’anni di malditesta.
Sacri.
Come siamo stretti
quattromila in una sola pagina.
Labbra
lingue
corpi
incontri.
Amicizie.
Quelli
pochi
che amavo,
in fotografia
su una mensola.

anita t. giuga