Dom 4 Giu 2006
Je pense, donc je suis (Cogito ergo sum) non è solo la formula in cui si costituisce, con l’apogèo storico di una riflessione sulle condizioni della scienza, il legame con la trasparenza del soggetto trascendentale della sua affermazione esistenziale. […] Il posto che occupo come soggetto del significante è, in rapporto a quello che occupo come soggetto del significato, concentrico o eccentrico? Ecco il problema. Si tratta qui di quell’essere che appare solo per il lampo di un istante, nel vuoto del verbo “essere”, e ho detto che pone la sua questione per il soggetto. Che vuol dire? Non la pone davanti al soggetto, perché il soggetto non può venire al posto in cui esso la pone,, ma la pone al posto del soggetto, cioè in questo posto pone la questione con il soggetto, così come si pone un problema con una penna, e come l’uomo antico pensava con la sua anima. […] Ciò che pensa così al mio posto è dunque un altro io? […] In altri termini, questo altro è l’Altro che è invocato persino dalla mia menzogna come garante della verità in cui sussiste. Nel che si osserva che è con l’apparizione del linguaggio che emerge la dimensione della verità . (J. Lacan)- La sintesi di McLuhan è nelle parole di Gino Agnese. McLuhan non è stato tanto utile agli operatori dei media quanto agli utenti dei media. McLuhan ha insegnato non voglio dire a diffidare dei media, ma ad “esporci” ai media con consapevolezza e prudenza. Ha diffuso la consapevolezza che i media non sono innocenti, non sono innocui, non sono privi di effetti, come si può credere. Tutto dipende da quello che uno mette nel medium: la, macchina va bene, però dipende da dove si va con la, macchina, oppure da come ci si va. Se si va troppo velocemente, si corrono dei rischi: si può investire qualcuno. Quindi c’è questo luogo comune che ancora sopravvive: che il medium sia neutrale. Invece non è così: i media non sono affatto neutrali, i media plasmano i nostri comportamenti[1], suggeriscono comportamenti e modi di pensare e in qualche modo orientano le nostre scelte, indipendentemente dai contenuti, i quali certamente hanno la loro importanza. Il grande lettore ha le physique del grande lettore: è il topo di biblioteca. Le persone normali rispettano l’uomo che legge molto, che è sempre immerso nella lettura,, ma ne hanno anche un minimo di sospetto: non si darebbe volentieri la guida, per esempio, di una città in pericolo ad un intellettuale immerso nei libri, perché si pensa che una esposizione ininterrotta alle emissioni di un medium – in questo caso la stampa – se da un lato arricchisce, dall’altro possa anche limitare: possa, per esempio, indurre a una mentalità sequenziale e quindi a una predilezione per la logica sequenziale e per tutti i comportamenti che siano sequenziali., ma sappiamo bene che l’uomo non si esprime soltanto in termini sequenziali, e che ci sono apprezzabili e persino preziose testimonianze di pensiero non sequenziale, come quello poetico: la poesia infatti non è necessariamente sequenziale. E questo per ciò che riguarda l’esposizione alla lettura. Non è un esercizio da poco andare dal simbolismo delle lettere dell’alfabeto al raggiungimento di un concetto, di una figura o di un ricordo. È una ginnastica che per McLuhan non poteva essere innocua, né priva di conseguenze. Altrettanto si può dire delle immagini: una persona o, a, maggior ragione, un minore, un bambino che sia dalla, mattina alla sera alle prese con delle immagini, cioè che stia davanti alla televisione per lunghe ore, certamente va incontro ad una deformazione, perché gli, manca la parte sequenziale. McLuhan ci ha insegnato a curare l’equilibrio, cioè ad assumere i mezzi di comunicazione, o ciò che i mezzi di comunicazione ci danno, con prudenza e badando a non esagerare in un senso o nell’altro, perché essi non sono innocui. Gabriele Perretta inorridisce al pensiero che ancora oggi si parli di McLuhan[2], oggi che siamo oltre ogni possibile confine sensoriale che definisca e “limiti†il senso dello scambio comunicativo. Non a caso l’ apertura di questo discorso ripropone il pensiero di Lacan e l’immagine indefinibile di un “soggetto oggetto †o di un “oggetto soggetto†che esistono in una condizione (come quella contemporanea) in cui la forte accelerazione di senso non permette nessuna enunciazione qualificante se non per “aperte convenzionalità quantistiche†in cui chi muove il mondo e il mondo diventano la stessa cosa (Si tratta qui di quell’essere che appare solo per il lampo di un istante, nel vuoto del verbo “essere”, e ho detto che pone la sua questione per il soggetto[…], e come l’uomo antico pensava con la sua anima). Personalmente ho una sorta di valore iconologico-letterario che mi concede , sia pure in modo molto allargato e fortemente arbitrario, di dare un aspetto figurativo alla questione. Mi rifaccio alle immagini impossibili da realizzare in forma visiva, ma che possono essere, magnificamente espresse in forma letteraria. Si tratta del “paradosso mitologico†della volpe di Teumesso che era così veloce che nessuno poteva raggiungere e del cane di Cefalo che era così rapido che nessuno poteva distaccare. Ecco, in qualche modo, questo â€labirinto visionarioâ€, rappresenta la condizione globale della nostra accelerata contemporaneità . Ed è nella dimensione della massima qualità del movimento indefinibile, che si muove ed opera il dovere della critica d’arte contemporanea. Il convegno, in questo caso, diventa un vero e proprio evento artistico. Una sorta di concilio spontaneo e armonico che può rientrare, per vicinanza al gioco, ai sistemi delle estetiche informazionali. Una concentrazione centripeta tra percezioni della critica e comparazioni esperenziale, intuito ed empirismo al servizio dell’indizio e della progettualità fattiva. Si tratta, allora, di riconsiderare anche quanto a suo tempo mise in campo Omar Calabrese riportando le idee di Moles che differenziava due tipi di informazione: semantica ed estetica. La prima prettamente utilitaristica e preparatoria all’azione, la seconda antiutilitaria, inintenzionale, intraducibile in altri canali e preparatoria a stati d’animo. Le due modalità di apparizione dell’informazione sono però sempre compresenti. In questo caso si potrebbe aggiungere una terza modalità che diventa, appunto, quella dell’espressività e dell’incontro tra esperti della critica. Qui l’informazione assume i caratteri della complicità storica in quanto la centralità dell’incontro mette in tema la necessità di ricercare, necessariamente, non solo uno sguardo d’insieme che analizzi e promuova le conoscenze effettuate dai vari elementi partecipanti al “convivioâ€, ma inciti, attraverso una sorta di investigazione delle idee e dei differenti o concordanti punti di vista, verso l’individuazione di una linea generale da prendere in considerazione. Si tratta allora di scovare degli indizi delle “onde di senso†o dei percorsi semantici capaci di produrre nuova qualità e nuove linee progettuali da poter seguire in condivisione. Lo scopo e la finalità di Tracherart è esattamente quello di trovare indizi intellettuali e di tendenza che indichino o, semplicemente, cataloghino o generalizzino una classificazione aperta e stimolatrice attraverso i molti punti di vista che i “Cogito ergo sum†invitati, mettono in campo. Si tenta, in qualche modo, di spostare quello che finora è stato il gioco della critica verso una trasformazione definitoria atta a stabilire concretamente quello che è, non tanto il compito della disciplina, se poi esiste una disciplina della critica d’arte, ma il dovere etico e morale che riguarda il personaggio che veicola quel modo e quello stile di analizzare o porre il pensiero critico. Si tratta dunque di spostare il punto oggettivale dalla critica d’arte al punto “soggettivale†dei critici. È il modello partecipativo e il tipo di gioco che i critici, decidendo liberamente e senza predeterminazione, mettono in campo. Il critico presenta se stesso e le proprie linee di percorso e di corrente intellettuale. Si tratta, in qualche modo, per dirla in forma di metafora “antropofagaâ€, di rimettere carne fresca nel labirinto del Minotauro del nostro tempo che agisce, per abitudine consolidata, tramite il dominio della centralità sperimentata e stabilizzata ai confini della caotica, e avanguardistica, qualità organizzativa delle sue vittime. Si tratta di un Minotauro abituato da millenni alla pazienza dell’osservatore premuroso, pronto e scattante nell’attimo giusto e nell’equilibrio dei ritmi e delle azioni che evolvono per tentativi (prova e errore) nel reticolo (a principio rizomatico) del suo ambiente abitudinario, per difendere e consolidare la propria condizione tradizionale e il vessillo canonico a favore del “tutto deve restare com’è†contro cui si scontra, a volte rigenerandolo, la nuova e necessaria “onda di senso†innovatrice, soffiata e alimentata , questa volta, dall’incontro conviviale, ma caricato dal compito di diffondere nuovi “gridi†per tentare di rinvigorire qualunque “bestia†nella foresta dell’arte che trascina impietosamente “l’essere nel tempo e nella dimensione dei viventi†verso la rinuncia, verso il vecchiume ridondante e stantio, e verso la “soffocanza†dell’abituale. Trackerart, nuove idee, giovani artisti, fresco gioco per giovane mondo all’inizio del suo millennio. A.P.
[1] Richard Dawkins. “Il gene egoistaâ€. La cultura è contagio. Nel senso letterale del termine. E’ un’infezione che aggredisce la nostra mente a opera di agenti che, per assonanza coi patogeni, potremmo definire “noogeni”: generatori di idee. Questi agenti si chiamano, “memi” e da tempo si sono impossessati delle menti degli umani, causando il progresso delle arti e delle scienze, creando linguaggi e religioni; generando mode e luoghi comuni. Il meme del meme, l’idea originale che l’informazione culturale si trasmette per imitazione di mente in mente, attraverso moduli unitari e compatti.
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