Sab 5 Nov 2011
Davide W. Pairone scrive:
3 novembre 2011 alle 20:56
mi sembra un allestimento “stupido” perché necessita di una conoscenza pregressa dei singoli lavori di Cattelan e ne annulla la fruizione singola. In questo modo si amplifica la componente puramente ludica e passa in secondo piano quel minimo residuo di riflessione amara di alcuni pezzi (tipo Charlie). Se Cattelan come artista resta sopravvalutato, come curatore (di se stesso e altrui) è semplicemente un disastro.
Luciano G. Gerini scrive:
4 novembre 2011 alle 06:11
È certamente un allestimento amaro e mi pare che l’effetto da “svendita degli stock” sia decisamente voluto. Una trappola? Potrebbe anche essere, non dimentichiamo che il curatore è Nancy Spector e che certamente il Guggenheim non è la “galleria” cui l’artista possa imporre un allestimento non gradito. Personalmente, peró, credo di piú nell’ipotesi dell’amara autoironia che, del resto, ha sempre caratterizzato il suo lavoro. Qualunque sia il giudizio che si da dei lavori di Cattelan, non puó non riconoscersi che, in essi, non c’è mai stata “autocompiacenza” o “autocelebrazione” . Visto che, questa, è stata annunciata come la sua mostra di addio all’arte (vero o falso che sia) mi pare che questo allestimento sia piuttosto conseguente: non “lavori che gli spettatori possano godere” ma “idee comunicate” che hanno avuto un loro “momento” che non è piú questo.
SAVINO MARSEGLIA (curatore indipendente) scrive:
4 novembre 2011 alle 13:20
IL RE E’ NUDO NEL MUSEO A SPIRALE CHE FU…?
Cara Cristiana, per il Guggenheim di N. Y, l’argomento allestimento è un falso problema. La cruda realtà è che in questi ultimi vent’anni, il museo progettato dal grande architetto,( F. L. Wright ), si è trasformato, inevitabilmente in un grande bazar di merci utili e inutili: vestiti di Giorgio Armani, motociclette, feticci d’arte e perfino prodotti cosmetici.
Una grande multinazionale che concepisce l’arte come una merce tra le merci da vendere a tutti i costi nel grande mercato globale. Questa strategia corrisponde ad un preciso disegno strategico: quello di piazzare merci dove c’è odore e disponibilità di capitale finanziario. E’ evidente che nessuno alza il tiro su “questa strategia di marketing” che ha sposato il Guggenheim spa. Allora dobbiamo dirci che il “re è sempre nudo”.
E nel nostro caso il re è il direttore/manager del Guggenheim, (protagonista assoluto di questo nuovo corso di museo d’impresa) che lo coinvolge (come tanti musei) in una sfida commerciale difficile, che cambia tutti i giorni in un mercato dell’arte gonfiato, perverso, in cui la merce-arte – è diventata busines a tempo pieno.
Capita allora che la funzione di un museo si rincorre in falsi contenuti, in discorsi inutili fra allestimenti e contenuto dell’opere, fra concetti e neologismi che giocano con le parole a nascondino nello spazio a spirale di un prestigioso museo che fu… .
Dino scrive:
4 novembre 2011 alle 11:41
per Nino Abbate
la cosa è peggio di quanto l’hai dipinta perchè in realtà la ragion d’essere di Cattelan risiede nelle figure professionali che gli sono intorno. Cattelan non è un artista è una azienda! Le cose di cattelan funzionano solo perchè reggono su un sistema di potere di uffici stampa! è un pubblicitario che promuove se stesso!
La gravità del modello Cattelan sta nel fatto che è il massimo rappresentante del potere occulto dell’arte – quello cioè che esula da chi sia l’artista creando un “sistema” ,un’organizzazione, una struttura che muove i fili del gioco fino a imporsi come modello di riferimento per l’Arte in assoluto! – “unico e solo linguaggio COLTO “possibile, il resto …tutti …artigiani ! ed è così che siamo finiti nella merda!!!!!
Il problema non è parlarne il problema semmai è continuare ad andare a vedere queste mostre idiote! se cominciassimo a dar peso a forme d’arte meno vincolate al marketing autoreferenziale dell’evento e più legate alle opere in quanto tali le cose migliorerebbero sensibilmente!
Whitehouse scrive:
4 novembre 2011 alle 12:34
Gerini HM siete patetici,
L’intervista è autentica, e abbiamo iniziato a lavorarci con molte pause dovute a impegni di Cattelan, da maggio 2011. Il punto sarebbe capire cosa significa la parola “autentica”. E torniamo al tema del linguaggio. Dobbiamo sempre avere bisogno di un certificato di qualità dubbio? Tipo Corriere della sera, o Istituzione rivista blasonata…o possiamo evitare queste distrazioni, e concentrarci su i contenuti?
Percepisco che in molti utenti (che gravitano come addetti ai lavori) c’è, da un lato,il desiderio di lamentarsi e, dall’altro lato, la premura a ridimensionare qualsiasi proposito o tentativo migliorativo (come difesa alla propria presunta mediocrità). Sia dal punto di vista critico che costruttivo-progettuale.
Peccato
LR
hm scrive:
4 novembre 2011 alle 13:21
morossiani smettila di ripetere a pappagallo gli aggettivi che si rivolgono a te per primo . autentica vuol dire non falsata da te, mi sembra chiaro . i tuoi contenuti non sono percepiti (da ripetere in loop a oltranza), magari ti entra in testa prima o poi . sei un disco rotto fai qualcosa . sembri un automa programmato per ripetere sempre la stessa frase, magari lo sei, ma ti pagano bene almeno per continuare a ripetere questi loop da automa? sembra che tu sia stato programmato abbastanza bene, tranne per il fatto che ogni tanto inizi a digrignare i dentini compulsivamente e sbrocchi battendo i pugnetti sulla tastiera mentre accenni timide offese .
Luciano G. Gerini scrive:
4 novembre 2011 alle 14:37
Caro Luca Rossi, ti ho appena risposto sul tuo blog, comunque ti ripeto :
L’aggettivo “autentica” va’ qui preso nel suo senso piu’ normale e banale senza bisogno di complicazione alcuna : c’e’ un Luca Rossi che pone delle domande, che vengono riportate cosi’ come poste e c’e’ un Maurizio Cattelan che da delle risposte, che vengono riporate cosi’ come date.
Io non ho detto che l’intervista “non e’ autentica” ho detto che la fiacchezza dell’intervista, certe “battute attribuite a Cattelan (vdi quella del terrorista) e un’identita’ di struttura sintattico-lessicale tra domande e risposte (cosa gia’ nootata anche da Cristiana Curti) ” farebbero proprio venire questo dubbio”.
Non ho alcuna intenzione o desiderio di lamentarmi e perche’ dovrei farlo, di che’ dovrei lamentarmi?
Sono sempre felice di salutare ed accogliere con entusiasmo ogni proposito o “tentativo migliorativo sia dal punto di vista critico che costruttivo progettualea’ … quando ne vedo uno!!
A tua differenza, non presumo di essere un “mediocre” (come non presumo, sia chiaro, di essere un “genio”), ho perfetta coscienza di chi e che cosa sono, vado avanti sulla mia strada cercando di migliorarmi, di apprendere ed imparare da chiunque ritenga possa insegnarmi qualche cosa, sempre insoddisfatto di cio’ che ho fatto fin qui ed entusiata per cio’ che faro’ da qui in poi. Non ho, conseguentemente, nessuna necessita’ di proteggere la mia “mediocrita’” che non esiste.
A differenza tua e di moltri altri, mi espongo col mio nome e cognome e quindi rispondo di quel che dico e di quel che faccio con la mia faccia.
Le mie critiche all’intervista sia nel suo complesso che nei suoi “contenuti” te le ho gia’ espresse altrove (vedi “lo strillone” ed il tuo primo annuncio dell’intevista) e non hai risposto, quindi evito di riproportele qui.
Per chiudere, caro Luca, ti faccio notare due cose che paiono sfuggirti :
la prima e’ che dare del patetico e del mediocre a chi ti critica non ti fa’ certo onore;
la seconda che c’e’ piu’ sincera amicizia in una critica, anche severa, che in mille complimenti .
Ciao
Manuela scrive:
4 novembre 2011 alle 13:11
Sapete cosa? a me l’allestimento piace, e assai.
Cattelan forse neanche si meritava un allestimento così bello. Trovo originale la scelta di creare una colonna di opere nel vuoto al centro del Guggenheim che si possa vedere mano a mano che si sale la rampa, è creata in funzione del museo, direi che il Guggenheim è il pezzo forte della mostra. E comunque è sempre così quando qualcuno cerca di piazzare un’opera al centro del Guggenheim di New York, finisce in caciara (vedi Buren nel 1971).
Avrei piuttosto trovato squallido vedere le opere addossate alle pareti con magari tanto di cartellino con materia, tecnica, anno e spiegazione.
hm scrive:
4 novembre 2011 alle 13:27
e non trovi squallidamente triste che la bmw bucata dall’albero non ci sia perchè costava troppo il trasporto e l’allestimento? con tutti i soldi che ci hanno speculato sopra non erano in grado di metterla? puah . cvd il dito medio in piazza affari è stato scopiazzato da copialand in segno di protesta per il fatto che la casta pubblicitaria di cui è oggetto non lo hai mai pagato adeguatamente . voleva più soldi poverino . poi magari si compra anche una mountain bike nuova invece di quel cesso di bici da tossico in stazione che si ritrova .
JlZAlN0 scrive:
4 novembre 2011 alle 14:34
Geniale! Una curatrice con un’idea originale che si distingue (sempre che le sospensioni non siano già una consuetudine del museo).
Genialità della Curatrice all’altezza di quella dell’Artista.
Certamente la scelta di questo allestimento è dovuta in primis alla conformazione del museo, ma ciò non toglie che è qualcosa di mai visto. Bravo.
Non mi piaciono soltanto le funi così evidenti; e peggio ancora le imbragature per certi pezzi; sarebbe stato preferibile l’uso di sottili cavetti al carbonio e supporti trasparenti, o piuttosto delle basi come per gli altri pezzi.
matteo scrive:
4 novembre 2011 alle 18:09
‘All’ è veramente un titolo che corrisponde alla sua grandissima mediocrità.
Io avrei messo un titolo in acronimo come ACAB.
Speriamo che sia l’ultima, e soprattutto se non lo è che veramente dopo questa ci sia un cambiamento…dubito, ma i soldi e i guadagni da Star qualche volta sono serviti a cambiare le persone. MA
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