Si terrà  a partire dalle 17 presso il Museo d’Arte Contemporanea ‘Vittoria Colonna’ di Pescara, l’incontro-dibattito intitolato “A proposito della serigrafia Tram Stop di Joseph Beuys“.
Questo il programma della conferenza:
Giovanni Giancarlo Costanzo
Organizzatore della Mostra PescaraArt 2010.
Antonio Gasbarrini
Originale, multiplo, prova di stampa, copia e falso de “l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnicaâ€.
Antonio Picariello
Tram Stop di Joseph Beuys: una prova di stampa serigrafica originale, in mostra al Museo d’Arte Contemporanea di Pescara.
E’ prevista, inoltre, la testimonianza del collezionista che ha dato in prestito, a titolo gratuito, l’opera Tram Stop di J. Beuys.
E’ stata una conferenza-stampa accesa. Anzi, un incontro-dibattito, come hanno preferito definirlo gli organizzatori di PescarArt 2010, la mostra del Museo d’Arte ‘Vittoria Colonna’ che tanto ha fatto discutere in questi giorni, dopo la denuncia di Lucrezia Durini, per aver esposto un presunto falso dell’opera ‘Tram Stop’ di Joseph Beuys.
Ed hanno risposto prontamente gli organizzatori della mostra, a partire da Giancarlo Costanzo, responsabile dell’evento, assieme al curatore Antonio Picariello, il quale ha sottolineato come la critica della Durini “sarebbe ben accolta se riferita a tutta la mostra, ma inutile se fine a se stessaâ€.
Ai danni dell’editrice, esperta di Beuys, sarebbe partita anche una querela da parte di Antonio Gasbarrini, curatore dell’area moderna di PescarArt 2010, ed erroneamente tirato in ballo in qualità di ‘organizzatore’.
Non è falso, secondo gli organizzatori. Potrebbe trattarsi, bensì, di ‘prova d’autore’. A stabilirlo sarà la perizia di un esperto, che confronterà la firma di Beuys contenuta sull’opera del ‘Colonna’ con altre cinque o sei ritenute già autentiche, e la cui risposta è attesa per la prossima settimana.
A testimoniare, comunque, è stato anche Angelo Mucci, proprietario della serigrafia, il quale ha spiegato di come l’opera, un regalo dello stampatore conosciuto sia da Beuys che da Lucrezia Durini, risulti ingiallita sullo sfondo a causa dell’usura, e non di una colorazione artificiale, come sostenuto nella denuncia pubblica.
Certo, rimane l’impressione che la polemica sollevata attorno ad un’opera comunque secondaria, se paragonata ad altre presenti nella stessa mostra, sia stata eccessiva, ed a tratti incomprensibile.
Erano anni che in Italia non avvenisse un sollecito riattivo dello “ scandalo “. Allora l’Italia esiste ancora?  Può ancora produrre storia dell’arte?. Bene diamoci da fare….
 Tutti gli artisti presenti nella mostra Pescarart 2010 producano un’opera in omaggio a Lucrezia De Domizio Durini per il magnifico libro “ Il cappello di feltro†ed a  Joseph Beuys che sembra voglia tornare a vivere adesso…. Basta vecchiume e ripetizione morbosa; con  la divinità dell’ironia e con quel poco di  umano che ci rimane   rimettiamogli il sangue nobile dell’arte nelle vene, riattiviamo le sue sinapsi, ma soprattutto riaccendiamo la sua anima  che ci ha dato onore e fede per poter credere negli archetypi dell’’Occidente.
 Antonio Picariello
 “La piantagione di 7000 querce rappresenta solo un inizio simbolico, e per questo inizio simbolico io necessito anche di una pietra miliare, questa colonna di basalto. In un’azione come questa ci si riferisce alla trasformazione della vita di tutta la società e dell’intero spazio ecologico. […] Era mio interesse ottenere tramite queste prime 7000 piante un carattere monumentale, che ogni singolo monumento consista di un elemento vivente, appunto l’essere costantemente mutabile nel tempo, l’albero, e di una parte che sia cristallina e mantenga la sua forma-massa-grandezza e peso. Se su questa pietra avviene un mutamento esso avverrà soltanto a causa di una sottrazione, frammentandone un pezzo, ma mai a causa di una crescita. Dato che questi due elementi sono posti uno accanto all’altro ne risulta una proporzionalità costantemente variabile tra le due parti costituenti del monumento. Se noi osserviamo delle querce 6 o 7 anni, vedremo in un primo tempo che sarà quasi sempre la pietra a dominare. Dopo un po’ di anni avremo l’equilibrarsi proporzionale tra pietra e albero e vedremo poi, forse tra 20-30 anni, come la pietra lentamente diverrà un accessorio ai piedi della querciaâ€
Joseph Beuys in Lucrezia De Domizio Durini, Il cappello di feltro. Joseph Beuys una vita raccontata, edizioni Carte Segrete
Lucrezia De Domizio Durini, personaggio atipico del sistema dell’arte contemporanea, opera da circa quarant’anni nel campo della cultura internazionale: operatrice culturale, giornalista, scrittrice, curatrice, editrice, mecenate.
Lancia alla fine degli anni sessanta la prima sfida aprendo a Pescara lo Studio L.D. una casa galleria strutturata da Getulio Alvani, Ettore Spalletti e Mario Ceroli. Organizza mostre di Burri, Fontana, Capogrossi, Rotella, Pistoletto e propone la Pop Art americana e il Costruttivismo Internazionale.
Sposata al Barone Giuseppe Durini di Bolognano, negli anni ’70 la villa di San Silvestro Colli (PE) diviene un centro di incontro per i protagonisti dell’arte di quel momento storico: tutte le firme del Concettuale e dell’Arte Povera si ritrovano nella sua casa nel segno dell’eccellenza e dell’amicizia. Mario e Marisa Merz, Kounellis, Calzolari, Bagnoli, Bizhan Bassiri,Vettor Pisani, Paolini, Prini, Mattiacci, Boetti, Ontani, De Dominicis, Fabro, Agnetti, Job, Russo, Giuli, Salvadori, Clemente, Chia, Tieri e molti altri. A questo cenacolo permanente partecipano critici quali Bonito Oliva, Celant, Tommasoni, Trini, Menna, Corà , Salerno, Gatt, Izzo e nel contempo trasforma una stalla del vecchio forte borbonico di Pescara in uno spazio di eventi e operazioni artistiche antitradizionali.
Nel’71 incontra l’artista tedesco Joseph Beuys, da questo incontro nasce nel 1974 la prima discussione Incontro con Beuys.
Mentre tra lo spazio di Pescara e la Villa di San Silvestro Colli si svolgono gli avvenimenti maggiori della ricerca estetica degli ultimi trent’anni, l’opera di Joseph Beuys diviene il filo conduttore che trasforma l’intera esistenza di Lucrezia De Domizio che condivide profondamente l’intera filosofia beuysiana e ne diviene militante e studiosa. Venezia, Kassel, Bolognano, Tokyo, Napoli, Veert, Parigi, Londra, Düsseldorf, Seychelles, New York, Roma sono le tappe dell’operazione Difesa della Natura, un’operazione a salvaguardia dell’ambiente e in difesa antropologica dell’uomo e della creatività umana che trova nel rifugio storico delle campagne abruzzesi i momenti più creativi degli ultimi quindici anni di vita dell’artista.
Dalla morte di Joseph Beuys (23 gennaio 1986) Lucrezia De Domizio Durini dedica le sue energie alla diffusione del pensiero beuysiano nel mondo attraverso discussioni, dibattiti, conferenze, pubblicazioni, convegni, tesi di laurea, scritti e mostre nei musei internazionali.
Va ricordata l’antologia dell’Operacio Difesa della Natura al Museo Santa Monica in Barcellona promossa dalla Generalitat de Catalunya 1993, la mostra Diary of Seychelles.
Difesa della Natura promossa dalla Provincia di Perugia alla Rocca Paolina 1996, la Piazza Beuys 1999, il primo Convegno mondiale a Budapest nel 2000, La Mostra JosephBeuys. L’immagine dell’Umanità al Museo MART di Trento 2001, il Francobollo Repubblica di San Marino in omaggio del Maestro tedesco, Il Bosco Sacro di Beuys a Gibellina oltre a numerose manifestazioni internazionali.
Autrice di ventisei libri sul pensiero beuysiano, è da ricordare il Il Cappello di Feltro tradotto in sette lingue e adottato come libro di testo in molte Accademie e Università italiane ed estere, Olivestone, L’Immagine dell’Umanità e la Spiritualità di Joseph Beuys.
Collezionista ed editrice di opere d’arte, presidente della Free International University italiana, insignita nel 1993 da J. Lang a Parigi dell’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e della Letteratura, membro del Tribunale dell’Ambiente, lega il suo nome a donazioni di opere d’arte di Joseph Beuys, ricordiamo tra le più significative in Italia alla Galleria degli Uffizi di Firenze, all’università di architettura a Venezia e al Museo Mart di Rovereto, all’estero “Olivestone†al Kunsthaus di Zurigo, alla Fondazione Mitterand di Parigi, al Guggheneim Museum di New York, ai Musei di Sarajevo, di San Marino, Zagabria e Santa Monica in Barcellona.
Dal 1987 vive e opera a Milano in un loft ricavato dai vecchi capannoni della Caproni, un luogo di incontri internazionali e redazione del periodico “ RISK Arte Oggiâ€, rivista di Intercomunicazione Culturale fondato da Lucrezia De Domizio Durini nel 1990.
È curatrice per la Sezione Italiana del Museo di Sarajevo.
Pescara è forse una delle prime città che rende omaggio ad Umberto Mastroianni, il grande scultore che a suo tempo fu definito “erede di Boccioni†per il dinamismo esplosivo delle sue opere sia plastiche che grafiche, per il centenario della sua nascita . Il grande maestro amava molto l’Abruzzo ed in particolare la Città di Pescara, dove negli anni novanta tenne una memorabile mostra presso la Succursale FIAT.
Grazie all’Assessore alla Cultura del comune Elena Seller si è potuto utilizzare il prestigioso Museo Colonna per l’attuale mostra omaggio inserita nell’ambito di PESCARART. Come già per la mostra della FIAT, anche questa volta ci si è avvalsi della consulenza critica di Floriano De Santi, il massimo esperto dell’opera dell’artista ciociaro. Affianca questa interessante mostra in cui sono esposte non solo sculture, ma anche opere su carta, altre due sezioni dedicate rispettivamente a maestri storici e ad artisti contemporanei curate da Antonio Picariello e Antonio Gasbarrini, studioso quest’ultimo tra i più apprezzati della nostra regione, direttore di quello straordinario centro di documentazione aquilano chiamato “Angelus Novusâ€.
La rassegna Pescarart, giunta alla sua terza edizione, è promossa dal P.A.E. (Pescara Art Evolution) diretta dal maestro Giancarlo Costanzo, ed è stata documentata da un elegante catalogo a colori per le edizioni Sala di Pescara. È molto gratificante notare come in questa manifestazione siano state coinvolte quasi esclusivamente forze culturali ed editoriali operanti sul territorio, e questo non è cosa di poco conto alla luce della sempre ricorrente tentazione di esterofilia. Da rilevare poi come siano state inseriti in rassegna due artisti abruzzesi scomparsi un po’ dimenticati come Elio Di Blasio che fu uno dei più autorevoli esponenti di quella che viene chiamata Scuola Artistica Pescarese che si riuniva attorno alla figura carismatica di Giuseppe Misticoni, fondatore del Liceo Artistico, e Giuseppe Di Prinzio, insigne ceramista. Nutrita poi la pattuglia degli abruzzesi tuttora operanti: Mandra Cerrone, Isabella Ciaffi, Mario Costantini, Giancarlo Costanzo, Duccio Gammelli, Cesare Giuliani, Stefano Ianni, Gabi Minedi, Massimina Pesce, Anna Seccia, Simone Zaccagnini.
Ma torniamo ad Umberto Mastroianni.
Nato a Fontana Liri nel 1910, è morto a Marino nel 1998. Tra i più noti scultori italiani del ‘900, ha eseguito numerosi monumenti tra i quali quello alla Resistenza di Cuneo e quello alla Pace di Cassino. Il riconoscimento più alto lo ottiene nel 1958 con il Gran Premio per la Scultura alla Biennale di Venezia. Nel ’73 gli viene conferito il Premio Feltrinelli e nell’89 il Praemium Imperiale a Tokyo, una specie di Premio Nobel per l’arte. Ha lasciato un museo permanente delle sue opere ad Arpino. Indubbiamente un personaggio in grado di significare appieno nella sua opera la contemporaneità , che sappiamo essere fondata sul dinamismo, la velocità , sul mito della macchina, del progresso, elementi che a suo tempo il movimento marinettiano proprio negli anni in cui nacque Mastroianni propagandava spesso con serate anarchicamente provocatorie. Lo scultore ciociaro è stato anche il grande cantore della resistenza con monumenti sparsi in diverse città a cominciare da quello già citato di Cuneo, davvero imponente. Frenetica, parossistica sia nella composizione che nel cromatismo effervescente la sua vastissima produzione grafica al limite della febbre sempre incombente. Chi abbia avuto la fortuna di conoscerlo, come lo scrivente, non può non ricordare la sua irrequietezza che poteva placarsi solo con un pennarello in mano ed un foglio di carta sul quale vergare i suoi appunti grafici sempre elegantissimi e di grande letizia coloristica. Un vero vento furente sembrava lo coinvolgesse a ogni istante: questo il ricordo che nutro di lui e che ritrovo nelle opere esposte in mostra. Che dire? Un bel regalo che Giancarlo Costanzo e l’Assessore alla cultura Elena Seller hanno fatto alla nostra regione e non solo.
Quanto alla sezione degli artisti contemporanei tutti di livello con opportuni inserimenti di giovani, una citazione meritano, per aver presentato opere di grande raffinatezza estetica e formale, i pittori Gard, Amadio, Bellandi, Braido, Carboni, Ciaponi e Paolo Marazzi, che di Mastroianni fu amico, estimatore e collaboratore (vedi foto). Indubbiamente una mostra che avrà notevole successo di pubblico e di critica e che richiamerà nel capoluogo adriatico numerosi visitatori.
Comunque, mentre partiranno senz’altro le opportune iniziative giudiziarie a tutela di chi è stato ingiustamente offeso e dileggiato con tanta approssimazione e leggerezza, se non per scopi non degni, per amor della verità , della chiarezza ma anche dell’Arte e della Cultura, si preannuncia anche una ulteriore iniziativa –un incontro culturale, sempre al museo Colonna- proprio per chiarire tutti i ricordati aspetti del falso “scoopâ€.
La mani sporche, i nuovi lanzichenecchi ed il sacco dell’Aquila cementificata
Â
di Antonio Gasbarrini *
Â
Le mani sporche sulla città di Federico II. Le iene ridenti, qualche minuto dopo le devastanti 3.32, erano già pronte ad azzannarne la carcassa. Rivoltante scena avvenuta subito dopo con la complicità di alcuni basisti-imprenditori locali i quali non hanno avuto alcun ritegno, con la costituzione del “Consorzio Federico II†in puzza di mafia, nell’infangare l’aulico nome dell’imperatore svevo.Â
Ma, in proposito, ha ragioni da vendere l’urbanista Pier Luigi Cervellati il quale, nella tavola rotonda “Guardarsi dentro†tenuta recentemente nell’auditorium della Regione Abruzzo, ha testualmente affermato: “Chi si stupisce dell’accaduto, dovrebbe riflettere su quanti imprenditori aquilani e no, negli ultimi decenni hanno riso e continuano a ridere per aver potuto costruire sulla faglia attiva di Pettinoâ€. Non era ancora a conoscenza, l’illustre urbanista, dello squallido intreccio affaristico intercorso qualche giorno dopo il sisma tra alcuni costruttori aquilani ideatori del famigerato Consorzio Federico II (“non avente scopo di lucro†com’è scritto nello statuto, ma pronti a festeggiare nei pressi di Palazzo Chigi la sicurissima aggiudicazione di vari appalti) ed i vari indagati già in parte assicurati alle patrie galere, satelliti non tanto occulti del Re Sole della Protezione Civile. Â
E, aggiungo personalmente, quanti politici, faccendieri di ogni risma, proprietari di ex terreni agricoli si sono fregati ed hanno continuato a fregarsi le mani fino al 5 aprile?
La storia è piena di Attila che non hanno risparmiato nella loro furia distruttrice un solo filo d’erba e di lanzichenecchi stupratori del corpo più sacro esistente nel nostro sistema solare: la venerabile natura-territorio-vita a cui dobbiamo tutto il benessere fisico, spirituale, civico e culturale.
Natura-territorio-vita godibile nella verdeggiante conca aquilana adagiata ai piedi del Gran Sasso, fino alla prima metà degli anni Cinquanta del novecento. Per circa sette secoli c’era stata una perfetta simbiosi nella triade città -natura-territorio. Poi, con la vorace espansione fuori le mura medioevali, l’antico equilibrio è stato progressivamente interrotto edificando a più non posso casermette e casermoni sulla faglia, implosi o squagliatisi come neve al sole con il loro mafioso cemento annacquato.
La bruttissima new town di “Aquila 2â€, nel giro di una cinquantina d’anni era cosa fatta con i suoi 25.000 abitanti, quasi tutti emigrati dal centro storico, a sua volta riempito da migliaia di studenti universitari paganti fitti in nero. La città borghese e piccolo borghese liberale prima e clerico-fascista poi, con forti entrature massoniche, cambiava così in modo radicale i suoi consolidati connotati socioeconomici trasformandosi in una parassitaria comunità prosperata sull’abnorme, totalizzante crescita della rendita parassitaria (edilizia, terreni e affitti).Â
Per rendersi ben conto di questo primo sacco cementificato con cui i lanzichenecchi locali hanno deturpato la natura-territorio extra moenia, si può andare in via Duca degli Abruzzi e fermarsi all’altezza di Porta Branconia nei pressi del vecchio ospedale S. Salvatore, dissepolta qualche anno fa. Il desolante spettacolo di quel lunghissimo, disordinato convoglio di case dirette verso un precipizio antiurbano, grida ancora vendetta per aver rumorosamente oltraggiato il plurisecolare silenzio laborioso del sovrastante Convento di S. Giuliano o del maestoso Gran Sasso nella sua scenografica lontananza. Scenografia, dentro le mura, esaltata dalle architetture barocche innestate dopo il terremoto del 1703 sul precedente tessuto urbanistico d’impianto medioevale-rinascimentale, sia con teatralizzanti soluzioni formali che con decorazioni plastiche di matrice religiosa (la chiesa del Suffragio e quella di S. Filippo ne sono state un chiaro esempio).
La mazzata finale alla disordinata lievitazione periferica d’una città -territorio-ambiente dal volto già sfigurato, l’hanno data nel giro di alcuni mesi due nuovi Attila in groppa sullo stesso scalpitante cavallo della Protezione Civile deviata (quella “ristrettissima†degli appalti truccati, s’intende, e non già i sensibilissimi vigili del fuoco o le migliaia e migliaia di generosissimi volontari venuti a L’Aquila da ogni parte d’Italia, anche se inquadrati operativamente in un’arruffata Armata Brancaleone come ha affermato Manuela Menenti, capo dipartimento della Protezione civile).
I due Attila, i sigg. b&b, con un furore distruttivo senza precedenti, hanno devastato nel diametro di una quarantina di chilometri pianure, colline e montagne con la sciagurata cementificazione di ben 19 aree agricole produttivamente essiccate e paesaggisticamente stuprate. Â
Un oceano di verde che aveva sostanzialmente resistito all’inesorabile ingiallire dei secoli, ingoiato in un battibaleno da voraci, più che redditizie muraglie grigiastre fintamente imbellettate con i più svariati colori presi in prestito dalle posticce quinte scenografiche delle fictions televisive.
Mentre le montagne e montagne di rovine sismiche implose nel centro storico (“L’Aquila 1â€) e della periferia (“L’Aquila 2â€) venivano deliberatamente fatte scomparire nel cilindro del grande imbroglione fino ai disperati sfondamenti da parte dei terremotati dello sbarramento militarizzato dei Quattro Cantoni – con le due eroiche giornate delle “Mille chiavi†e della “Rivolta delle carriole –, tutta l’attenzione mediatica dell’opinione pubblica era stata trionfalisticamente concentrata sulla “spezzettata†new town di “L’Aquila 3â€, con le sue cimiteriali c.a.s.e.t.t.e – dormitorio fortemente volute ed esibite come un nuovo miracolo italiano.
Dopo l’inchiesta penale di Firenze, anche noi aquilani siamo riusciti finalmente a capire le ragioni di fondo che hanno determinato tale scempio. Da inquadrare, purtroppo, all’interno d’un unico pacchetto corruttivo e affaristico gravitante attorno ai familistici “appalti gonfiati†legati alle ordinanze della Presidenza del Consiglio-Protezione Civile, appalti spartiti e spartibili tra alcune cricche malavitose.
Non tanto sprovveduti, però, c’eravamo già chiesti – ed ora lo ribadiamo a viva voce – come mai le c.a.s.e.t.t.e antisismiche siano ipercostate a noi contribuenti circa 2.700 euro al mq., contro i 1000-1200 dei moduli abitativi provvisori rimovibili in legno, o i 550 delle meravigliose “piccole case†ecocompatibili in paglia costruite con il determinante apporto di lavoro volontario a Pescomaggiore in quel di Paganica? Un auspicabile intervento chiarificatore della magistratura aquilana, in proposito, ci tranquillizzerebbe.
Preoccupati come siamo per le futuri sorti d’una città storica urbanisticamente plasmata con pietre e mattoni, ora soffocata forse in modo irreversibile dalle colate di  cemento per una seconda volta, non potevamo non sobbalzare sulla sedia alla diversiva quanto grottesca proposta bertolasiana lanciata nell’intervista rilasciata al TG5: “Secondo me un’idea bellissima sarebbe quella di candidare L’Aquila per le Olimpiadi invernali del 2018. In quel momento l’Aquila sarà stata ricostruitaâ€. Ignorava, il nostro grande improvvisatore spendaccione che ha dilapidato milioni di euro durante le tre giornate del G8 a L’Aquila, euro sottratti alla popolazione terremotata, che le proposte di candidature sono già scadute il 31 ottobre scorso. Ma non è solo una questione burocratica. Ci vuole una vera e propria faccia tosta, dopo il totale fallimento d’una ricostruzione mai cominciata, nel prendere impunemente per i fondelli bucati i circa 30.000 aquilani desparecidos (sistemazioni autonome, alberghi e caserme). Â
Ed il loro sogno, attualmente, è lo stesso di S. Giuseppe da Copertino, inopinatamente inserito qualche anno fa, in occasione delle celebrazioni per il quarto centenario, tra i Grandi Eventi  finanziati dalla Protezione Civile: continuare a guadagnarsi il classico “tozzo di paneâ€.
Facciamo parlare il Santo protettore dei cafoni fontamaresi con alcune frasi siloniane: «Questo santo dunque era un cafone e si fece frate, ma non riuscì mai ad imparare il latino; quando gli altri frati recitavano i salmi, egli rendeva onore alla Vergine, dovunque si trovasse, anche in chiesa, facendo capriole. Maria Santissima per […] premiarlo gli diede il dono della levitazione. […] Si racconta che quando egli comparve di fronte al trono divino […] il Santo espose quel che desiderava: “Signore, un gran pezzo di pane biancoâ€. […] Iddio […] chiamò dodici angeli e ordinò loro che, ogni giorno, dalla mattina alla sera, per “omnia saecula saeculorum†, rifornissero San Giuseppe da Copertino del miglio pane bianco che si cocesse in paradisoâ€.
Affiatatissimi cantanti in falsetto b&b: avete inteso l’antifona?      Â
Â
* Critico d’arte – Art Director del Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus, fondato nel 1988 (L’Aquila, Via Sassa 15, ZONA ROSSA). Attualmente “naufrago†sulla costa teramana. antonio.gasbarrini@gmail.com
Museo d’arte moderna e contemporanea Colonna – Pescara Italy
The exhibition of Contemporary Art “Pescarart 2010” is the first event that brings together in one event historic and contemporary masters around the figure of another great master of the thickness of Umberto Mastroianni who is paid tribute with a parallel exhibition. The exhibition was divided into 3 sections, therefore, takes a multifaceted character and polisemantico activating potential and the degree to arouse attention and participation of a large number of public art lover. Comparative phenomenology between “big” artists of the past and the contemporary is also supported by the professionalism and recognition of participants recognized that among the many factors contributing to the high value of the event in anticipation of an event defined in its original quality and uniqueness of history.
Exhibition: visual arts exhibition, III Edition “PESCARART 2010” sponsored by the Association. Cult. PAE (Pescara Art Evolution) divided into three sections.
The first with Homage to the Maestro Umberto Mastroianni (on the centenary of the birth)
edited by Floriano De Santi,
the second section with an exhibition of 30 historic Masters by Antonio PICARIELLO: MARCELLO Avenale – Joseph Beuys – Franz BORGHESE – ALDO Borgonzoni – Remo BRINDISI – ENZO BRUNORI – DOMENICO CANTA TORE – CARLO CARRA ‘- Antonio CORPORA – Elio DI BLASI — GIUSEPPE DI Prinz – PIERO DORAZIO – LUIGI FACCIOLI – Tano Festa – LUCIO SALVATORE FON-TANA RIVER – Beppe GUZZI – George Grosz – Umberto Mastroianni – MARIO MERTZ – JUN SEPPI Migneco – LUIGI MONTANARINI – JOHN PITTONI – CESARE Puccinelli – MAN RAY – BROWN SAETTI – Mario Schifano – Mario Sironi – JOHN STRADONE ANDY WARHOL.
The third with the participation of 40 Contemporary Artists by Gasbarrini diAntonio: VITTORIO AMADI0-DARIO Ballantine – LUCA BELLANDI – TONI Bellucci – Mirella Bentivoglio – Tomas BINGO – SILVANO Braida – LILIAN CALLEGARI – GAETANO COAL – Mandra Cerrone – ISABELLA Ciaffi – STEFANO CIAPONI — Mario Costantini – GIANCARLO COSTANZO – Lorenzo D’ANGELO – Isabelle de HAIS – NICOLAS DINGS – DUCCIO Gammell – Ferruccio Gard – France GIULIA – Cesare Giuliani – STEFANO IANNI – PAUL MARAZZI – ERIK MATTIJSSEN – MANUELA Mazzini – GABY MINED – FAUSTO Minestrini – CARLO OBERTI – Ciro PALLADINO – Massimino FISH – MASSINO POMPEO – MAURO REA – ROB REGEER – Zuzana RUDAVSKA – MARCELLO SCOPELLITI – ANNA DRY-MARIO SERRA – FRANCO SINISI – ANNA hook-and-SIMONE ZACCAGNINI
At the conference and presentation of the exhibition, the artist will speak Bing Thomas will present his book “Value vagina” with a preface by Gillo Dörfles – Ed Traces. Creator of the show Giancarlo COSTANZO
Editors: Floriano De Santi – Antonio Picariello – Antonio Gasbarrini
Patronage: Department of Culture City of Pescara
Department of Culture Province of Pescara
Presidency of the Council Abruzzo Region
Superintendency of Artistic and Ethno-anthropological for Abruzzo AQ
University of Abruzzo
Participation: NPO = “Let’s help them to live”
Opening Saturday 06 Marzo 2010 hours 18.00. Greetings from the civil authorities and the press conference of the exhibition curators and artists.
Locations: Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Vittoria Colonna” http://muvi.org/museovittoriacolonna
Time & Period: Until March 30, 2010 —
16-20 hours Sunday and Monday afternoon
Tuesday to Saturday 09-13 and 16-20
From 01 to April 30, 2010 the exhibition will continue in the premises of
Fiat dealers Danell, (house D rings) in Via Raffaello, 30 Pescara
– From 01 hours of 30 April 2010 business. (Catalog in place)
La overdose di flussi e riflussi delle immagini più disparate ingoiate quotidianamente nella dominante, imperialistica società spettacolare preconizzata con oltre mezzo secolo d’anticipo da Guy Debord, impone, se non si vuole crepare di bulimia, una disintossicazione.
Frequentando, magari, con più assiduità i musei d’arte (antica, moderna e contemporanea) dove la benefica, auratica tirannia del reperto e dell’opera, riesce ad accorciare le inevitabili distanze separanti il transeunte dall’eterno, o meglio, la “verità relativa†dalla “menzogna assoluta†(mediatica, in particolare).
Già . L’opera d’arte “autentica†– e ben lo si percepisce in questa densa rassegna pescarese – porta e tra/sporta, ontologicamente, frammenti profumati d’una indomabile creatività prometeica ch’è all’un tempo sfida alla violenza perpetrata dagli dèi, e, rivolta verso ogni tipo di prevaricazione umanoide.
Di fronte (guardando) e non di scorcio (vedendo), si riconquisti, allora, lo scorrere lento di un proustiano tempo ritrovato. Indugiando (Gadamer) più del dovuto nei pressi ravvicinati di ogni opera. Guardandola fissa per sfidarla vis-a-vis. Svelandone così gli ambigui enigmi cifrati del suo ostinato silenzio, dei suoi cenni ed accenni, delle sue continue trasmutazioni ermeneutiche.
Le tele, le grafiche, le sculture qui copiosamente esposte attraversano, poeticamente e linguisticamente, i sussulti modernisti e avanguardisti di un fantasmagorico Novecento prolungato fino ai nostri giorni con la folta presenza di artisti contemporanei.
S’inventino, perciò, percorsi visivi personali empaticamente compatibili con la propria sensibilità . Andando avanti e indietro; scompaginando virtualmente l’ordinato, razionale allestimento espositivo; mischiando a piacimento le carte cronologiche, stilistiche e “movimentiste†rigidamente canonizzate da una storia dell’arte non sempre all’altezza d’una montante complessità scientifica e socio-culturale.
Si ritorni più di una volta su questo rinfrescante prato, complice testimone d’un amplesso fruitivo esponenzialmente moltiplicato: anche i vizi, talvolta, possono essere taumaturgici.   Â
Â
* Alias “Il Naufrago† (critico d’arte aquilano terremotato in esilio sulla costa teramana)
Pescart III. Il linguaggio ritrovato
Antonio PICARIELLO
Â
“Mi interessano le zone d’ombra. Quando mi convinco di aver capito qualcosa a grandi linee, il che è il massimo che si possa fare, allora mi piace spostarmi verso altre aree d’oscurità .” Gerald Edelman
Umberto Mastroianni: la dialettica dell’avanguardia
Â
Â
Â
Nella produzione di Umberto Mastroianni possono essere distinti parecchi percorsi secondo il giro dei raccordi linguistici: il lavoro plastico e monumentale, non irreggimentati in linee predisposte, confinano così con la grafica e la pittura, con la scenografia e l’oreficeria. Si ha innegabilmente un diramatissimo reticolo di esperienze e di acquisizioni. Ma tra una sponda e l’altra l’interscambio è costante, tanto che si deve supporre sia unico l’organizzatore forte del quadro espressivo: identico lo stile costitutivo; in sostanza coerenti le nozioni base del discorso, che in qualche modo fanno blocco. Il moto perpetuo testuale non è insomma scorciato da una mano opposta. È un fatto straordinario, se solo si considera l’enorme riserva di passione e creatività messe in atto dallo scultore di Fontana Liri, con la mole conseguente di materiali prodotti. Molto più, tuttavia, quando si giunge a verificare un piano semantico sempre tracciato con una dovizia di diversioni e, soprattutto, sempre avvicinato al gancio del confronto con l’avanguardia.
Mastroianni ha avvertito intensamente il ritmo del proprio tempo; e con pari intensità l’ha sentito cadere. La sua fantasia ha dilagato nella dimensione verticale del profondo, immettendosi nelle cose. L’intensità è stata ricercata nella coltre di buio della materia, voltata al confronto con lo spazio e la storia. La caratterizzazione linguistica dei suoi testi ha espresso sin dall’inizio un preciso modo di definire la forma. Da cui un lessico tuttavia proporzionato a un continuo arricchimento delle relazioni sintattiche dell’espressione. Sopra il limitare della soglia di conoscenza, natura e cultura sono presto entrate in confronto. La levigata tenuità ornamentale delle prime opere ha incontrato la storia, in primo luogo quella dell’arte. È stato un universo rivelato a se stesso e poi verificato attraverso il lavoro degli altri.
Certo, non è revocabile in dubbio che in Mastroianni agisca una forte tendenza anticonservatrice. Quel tanto che in lui è venuto riaffiorando attraverso i depositi di memorie avvicinatigli dal passato, ciò che ha accumulato nel raffronto coi maestri, quel tanto finalmente che è rimasto in lui di ancestrale, profondo o archetipico, sono stati il reciproco di una eccezionale unificazione linguistica dovuta alla storia e all’arte contemporanea. Nell’ordine nuovo della cultura figurativa europea del secondo dopoguerra, Mastroianni è però un irregolare. Può concomitare alle innovazioni e concorrere con esse, ma al medesimo tempo salvaguarda i diritti della tradizione. In lui il veemente incalzare delle mere unità ritmiche e stilistiche si articola nella classica misura di un respiro che non s’accontenta del contingente; e che tenta, con il nuovo, ogni volta la scalata al cielo. Per ciò stesso, in lui l’ispirazione si alimenta alla fiamma dell’esistenza concreta, ma al contempo supera il dettaglio minuto e ogni ordine accessorio, per alto che sia, alla ricerca dell’intonazione più avanzata. Allo stesso modo, tutte le volte i risultati raggiunti sono messi in discussione e trascesi. Detto pulitamente, è ciò che in Mastroianni potremo definire dialettica dell’avanguardia: destino intessuto di tempo che sa inseguire la totalità trascrivendo all’interno del proprio spazio vitale l’universo di discorso della propria epoca.
L’Omaggio a un Maestro come Umberto Mastroianni, continuamente proteso nello sforzo di superare il classicismo e rinnovarlo attraverso la sperimentazione, esprime la cifra esatta dello spirito con cui la mostra è stata ideata. Ripercorrere la produzione storica di artisti come Marcello Avenali, Lucio Fontana, Man Ray, Mario Schifano e Andy Warhol, è il modo più corretto per introdurre tematiche relative all’arte più strettamente contemporanea, quella cioè dei quaranta artisti che sono protagonisti della terza sezione della mostra.
Â
Pescarart 2010 propone un confronto costruttivo fra i linguaggi che hanno rivoluzionato e continuano a rivoluzionare il mondo dell’arte. Il raggruppamento in un unico evento di Maestri storici e contemporanei, unitamente all’iniziativa di solidarietà “Aiutiamoli a vivere†che accompagna la mostra, fa di Pescarart 2010 un momento simbolo per la città di Pescara, in cui si coniugano fermenti sociali e culturali di altissimo profilo. Attraverso iniziative di questo genere si attivano dinamiche di confronto, dibattito e partecipazione, indispensabili in un contesto di crescita civile e di maturità culturale. Nello stesso tempo, Pescarart può candidarsi a buon diritto a diventare un punto di riferimento per l’arte contemporanea non solo abruzzese, segnando un passaggio di portata storica nel settore della ricerca artistica contemporanea.
Manifestazione: Mostra arti visive, III Edizione “PESCARART 2010†promossa dall’Ass. Cult. PAE ( Pescara Art Evolution ) articolata in tre sezioni. La prima con Omaggio al Maestro Umberto MASTROIANNI (in occasione del centenario della nascita ), la seconda sezione con l’esposizione di 30 Maestri storici da Marcello AVENALI ad Andy WARHOL, la terza con la partecipazione di 40 Artisti Contemporanei. Testo in catalogo  di Antonio GASBARRINI.
In occasione della conferenza e presentazione della mostra interverrà l’artista Tomaso BINGA che presenterà il proprio libro “Valore vaginale†con prefazione di Gillo DORFLES – Ed. Tracce.
Curatori: Floriano DE SANTI – Antonio PICARIELLO
Patrocinio: Assessorato alla Cultura Comune di Pescara
Assessorato alla Cultura Provincia di Pescara
Presidenza del Consiglio Regione Abruzzo
Soprintendenza Beni Artistici ed Etnoantropologici per l’Abruzzo AQ
Università d’Abruzzo
Partecipazione: ONLUS = “Aiutiamoli a vivereâ€
Inaugurazione Sabato 06 Marzo 2010 ore 18.00. Saluto delle Autorità civili e conferenza stampa dei curatori della mostra e degli artisti.
Sedi: Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “ VITTORIA COLONNAâ€
La mostra di Arte Contemporanea Pescarart 2010 è la prima manifestazione che raggruppa in un solo evento Maestri Storici e Contemporanei attorno alla figura di un altro grande Maestro dello spessore di Umberto MASTROIANNI a cui viene reso Omaggio con una mostra parallela.
La mostra, articolata in 3 sezioni assume quindi un carattere poliedrico e polisemantico attivando  la potenzialità e il grado di destare attenzione e partecipazione di un vasto numero di pubblico amante dell’Arte.
La fenomenologia comparativa tra “ i grandi†artisti  del passato e i contemporanei viene sostenuta anche  dalla professionalità riconosciuta e riconoscibile dei partecipanti che tra i tanti  elementi contribuisce   all’elevato  valore della manifestazione in previsione di un evento definibile nella sua originale qualità e unicità storica.
Tomaso BINGA nata a Salerno vive e lavora a Roma.
In arte ha assunto un nome maschile per contestare con ironia e spiazzamento i privilegi del mondo degli uomini. Si occupa dal ’70 di “Scrittura Verbo-Visiva†ed è tra le figure di punta della Poesia Fonetico-Sonora-Performativa.
 E’ stata docente presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone.
Tra i suoi progetti: Scrittura asemantica (1972), Scrittura Vivente (1975), Dattilocodice (1978), Biographic (1985), Picta/Scripta (1995), Ideazione/Esecuzione, progetto multimediale (1997).
Tra le innumerevoli partecipazione a mostre, rassegne e festival in Italia e all’estero sono da ricordare:1978 e 2001, Biennale di Venezia; 1981, Biennale di S. Paolo do Brazil; 1986, Quadriennale di Roma; 1995, III Festival di Polipoesia di Barcellona; 1998, “Poesia Totaleâ€, Mantova; 1999, Festival Internazionale d’Art Vivant “Polisonnerys” di Lione e VII Convegno Internazionale Art Media dell’Università di Salerno; 2005, personale antologica Autoritratto di un matrimonio, MLAC dell’Università “La Sapienza†di Roma; nel 2008 al VIFestival Internazionale “Art Actionâ€, Monza, a cura di Nicola Frangione.
Attiva organizzatrice dirige dal ’74 il centro culturale “Lavatoio Contumacialeâ€, Roma, e dal ’92 partecipa, in qualità di Vice Presidente, alla gestione della “Fondazione Filiberto Mennaâ€, Salerno.
Indice Tracker Art 2008
Maria Vittoria Berti, Il fascino dell’inganno: arte digitale,       pp. 12-13
Boris Brollo, Stupido come un Pittore,                     p.  13
Lorenza Cariello, L’estetica del Brutto,                             pp. 13-15
Vitaldo Conte, Vita e storie di Danger Art,                       pp. 15-18
Lucresia Dono, Eros Arte (come ‘sguardo multiplo’),         pp. 18-20
Paola Ferraris, Il secolo lungo: l’arte tra ricerca e propaganda,   pp. 20-23
Antonio Gasbarrini, La nemesi delle avanguardie: dai futuristi ai
situazionisti,                                          pp. 23-26
Luigi Fabio Mastropietro, La scena del corpo dissolto, Â Â Â Â Â Â Â Â Â pp. 26-30
Mirko Nottoli, Ad ogni arte la sua critica,                  pp. 30-31
Antonio Picariello, Critica contemporanea, metalinguaggio del
“termine…â€,                                          pp. 31-32
Vittorio Riguzzi, La promessa tradita,                     pp. 33-34
Giuseppe Siano, Dall’“Arte di massa†al “Bene Culturaleâ€,       pp. 34-47
Roberto Terrosi, Oltre l’arte,                            pp. 47-50
Roberto Vidali, Sulla Pittura,                             pp. 50-51
Indice Tracker Art 2007
Paola Ballesi, La nascita del linguaggio visivo,             pp. 54-57
Elena Carlini, Condivisioni,                             pp. 57-58
Vitaldo Conte, SottoMissione d’amore (la rosa rossa come arte),      pp. 58-59
Francis Desiderio, Che cos’è l’AIAP,                          pp. 59-60
Brigida Di Leo, Il video e l’arte contemporanea,                pp. 60-64
Antonio Gasbarrini, Dal bivio analogico all’incrocio digitale,      pp. 64-66
Sergio Lombardo, Eventualismo,                          pp. 66-69
Patrizia Mania, Arte imperfetta,                          pp. 69-70
Luigi Fabio Mastropietro, Eidestetica dell’oltreuomo,         pp. 70-73
Antonio Picariello, In anticipo alla III guerra mondiale,      pp. 73-75
Lucien Rama, Dall’Arte Povera all’Arte Spettacolo,         pp. 75-76
Alice Rubbini, Senza titolo n. 2,                          pp. 76-78
Giuseppe Siano, Performance topologiche ed «isole logiche»,      pp. 78-81
Irene Zangheri, Scene da un crimine,                        p.   82
Antonio Zimarino, Quale pensiero? E per quale arte?,         pp. 82-85 Indice Tracker Art 2006
Omar Calabrese, Sull’avvento di un’estetica di massa,         pp. 88-90
Carlo Fabrizio Carli, Apologia della dissidenza,         pp. 90-92
Marta Casati, Non intorno al cosa ma al come,            pp. 92-94
Vitaldo Conte, Anomalie e malie, Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â pp. 94-95
Brigida Di Leo, Arte e museo,                            pp. 95-98
Bruno Falasca, Formazione e lavoro,                        pp. 98-101
Antonio Gasbarrini, Terrorismo / iconoclastia / avanguardia,      pp. 101-103
Daniele Goldoni, Musica, tecnica, pubblico,                  pp. 103-106
Ivana Mulatero, Alterità  e mutazione antropica,             pp. 106-108
Francesco Nicolino, La “pittura†delle scimmie,                pp. 108-110
Antonio Picariello, Archetip’Art: la guerriglia,               pp. 110-111
Giuseppe Siano, Appunti per una logopedia artistica,         pp. 112-114
Irene Zangheri, Azzeramenti,                             pp. 114-115
Indice Tracker Art 2005
Paolo Balmas, Nuovi Linguaggi? Tutto qui?,                pp. 118-121
Danila Bertasio, Chi è il critico d‘arte?,                    pp. 121-123
Boris Brollo, Western Critic “Omaggio a Benito Jacovittiâ€,      p.  123
Rino Cardone, Il novecento un secolo di meravigliosi sbalordimenti,   pp. 123-126
Vitaldo Conte, Corpo/scrittura come racconto e anomalia,      pp. 127-128
Valerio Dehò, Aspettando la fine,                          pp. 128-129
Brigida Di Leo, C’è ancora qualcosa di nuovo da cercare nell’arte?,   pp. 130-132
Isabella Falbo, Il paradigma della contemporaneità ,             pp. 132-133
Antonio Gasbarrini, Simulazione e contaminazione digitale: arte o
similarte?,                                               pp. 133-135
Linda Kaiser, Altra Arte,                                      pp. 135-136
Adriana Martino, L’arte nell’epoca del digitale,                     p.  136
Enrico Pedrini, Dall’Indeterminazione all’interattività delle reti,    pp. 136-139
Antonio Picariello, Trackerart,                                 pp. 139-141
Francesco Piselli, Alcuni compiti dell’estetica,          pp. 141-142
Giuseppe Siano, L’arte nelle neotecnologie,             pp. 142-147
Francesco Solitario, Tattilità visiva e metafisica della visione,   pp. 147-151
Indice Tracker Art 2004
Danila Bertasio, L’arte e la parola,                     pp. 154-155
Boris Brollo, Prospettive per una nuova classicità ,         pp. 155-156
Lorenzo Canova, Lettera per un metodo personale, Â Â Â Â Â Â Â Â Â pp. 156-157
Rino Cardone, L’umanesimo artistico dell’uomo nuovo universale,          pp. 157-159
Giovanna Coppa, L’inseguimento di….,               p.  159
Valerio Dehò, Che tempo che fa,                  pp. 159-160
Francesco D’Episcopo, Frontiere  critiche,            pp. 160-161
Brigida Di Leo, Pubblico, artista, critico, le tre facce del creatore
d’arte,                           pp. 161-162
Antonio Gasbarrini, Vademecum del trackercriticico,         pp. 163-164
Miriam Mirolla, Il futuro della critica, a partire da un’autocritica,    pp. 164-166
Antonio Picariello, Il gioco comparativo negli Archetipi Primari,   pp. 166-168
Giuseppe Siano, Altre brevi riflessioni sull’arte tra “Bene culturaleâ€
e neotecnologie                        pp. 168-169
Enzo Nicola Terzano, L’arte della critica,            pp. 169-170
Laura Turco Liveri, Nuovi segni e nuovi linguaggi estetici?,      pp. 170-172
Roberto Vidali, La decima ora,                               pp. 172-173
Errata corrige: l’autore del testo Tattilità visiva e metafisica della visione, si chiama Francesco Solitario e non Andrea Solitario, come erroneamente riportato anche nel presente volume a pag. 147.
Alla ricerca delle 99 Cannelle: io, la mia ombra, due gatti ed un operaio romeno
di Antonio Gasbarrini *
Ci voleva una tenera giornata di fine ottobre per farmi riconciliare con una piccolissima parte del corpo martoriato della mia città .
C’è voluto un pizzico di fortuna, per indurmi ad oltrepassare, in perfetta buona fede, il varco incustodito che dalla Villa Comunale immette dritto dritto in Via XX Settembre: qui a suo tempo ho abitato, appena sposato, al n. civico 29 dove sono nate e cresciute le mie tre figliole.
Ci voleva un cielo azzurrino, leggermente striato, per alleviare lo sguardo ferito da quelle familiarissime case bombardate, da quelle serrande sghembe, da quei fiori appassiti su balconi squinternati, scrutati al rallentatore.
Non ci volevano, ma tant’è, le lacrime venute giù senza alcun preavviso, all’incrocio con Via Campo di Fossa e di fronte alla Casa dello studente: adesso, il cuore avrebbe voluto arrestarsi per condividere al meglio, in un perfetto, trascendentale silenzio, il dolore dei parenti ed amici di quei condómini e giovani universitari morti per una malvagia, non perdonabile, colpa altrui.
C’è voluto uno sforzo immane per staccarsi dalle macerie insanguinate e proseguire fino alla Chiesa di S. Chiara, anch’essa devastata dal sisma insieme al convento, dove nel corso degli anni più di un frate mi ha accolto, con braccia aperte, nei silenziosi spazi della nutrita biblioteca.
Come al solito, ogni volta che mi ri/trovo nell’interdetta  zona rossa del Centro Storico, è solamente la mia ombra a farmi compagnia. Anzi no. Questa volta due gatti, uno tigrato, l’altro bianco e nero, miagolano affamati. Mi limito a fotografarli con il cellulare, se non altro per portarmi dietro, una volta rientrato nella costa, il pungente ricordo della loro solitudine.
Già : la solitudine dei gatti. E quella prevedibile degli aquilani via via stipati nei ghetti-dormitorio delle 19 little-towns, o recentemente deportati, senza alcun riguardo per le loro effettive esigenze, dalle tendopoli agli alberghi più sperduti della provincia aquilana?
Meglio non chiamarla in causa, altrimenti il sangue mi monta sulla testa! Ma, mi chiedo e Le chiedo, dove nascerà , dove abiterà (indubbiamente saranno molte le chances del nuovo venuto: container, camper, roulotte, casetta in legno, appartamentino-c.a.s.e.), dove crescerà il mio sfortunato concittadino? Se dovesse andargli bene, lo vedremo sgambettare tra le metalliche colonne delle c.a.s.e.tte o giocare a pallone sui verdastri slarghi cementificati?
Prendendo per buone le ultime esternazioni del Suo saldissimo governo cloroformizzante il Parlamento a suon di decreti legge e di voti di fiducia, dovrebbe avere circa dieci anni prima di poter rivedere la sua mirabile città con gli stessi occhi sgranati dei genitori al cospetto di quella stratosferica Bellezza di Piazze, Fontane, Chiese, Monumenti, Vicoli, ritessuti con orgoglio dagli avi dopo il devastante sisma del 1703.
Per questo nascituro terremotato e per la superficialità con cui Ella, da buon dilettante e dilettantesco urbanista da strapazzo ha sinora finto di affrontare l’immane tragedia aquilana, riuscendo persino ad inventare, da collaudato piazzista e per i Suoi cinici fini propagandistici, la “consegna rateale†delle casettine-c.a.s.e., che m’indigno! Nemmeno durante il Fascismo s’era visto il “Duce costruttore†delle Città -littorio inaugurare cento volte lo stesso plesso.
A vedere le vicine, antiche concerie accartocciate, implose in una manciata di secondi dopo secoli di ostentata solidità , ti chiedi quali saranno le strategie migliori della futuribile ricostruzione per riannodare i fili di una memoria non solo spezzata, ma, forse, definitivamente abrasa.
A scacciare le nuvole nere di un montante pessimismo, ci pensano, mentre il profilo incappucciato con un telo di plastica della sventrata Chiesa di S. Vito ti viene incontro come fosse un fantasma, le concertanti note acquatiche provenienti dalle 99 Cannelle. Allora, era proprio vero! A parte qualche danno, come avevo letto ed intravisto in televisione, uno dei più celebri e celebrati monumenti aquilani, aveva resistito da par suo, alla traditrice aggressione delle 3.32.
Vado così incontro, con un forsennato batticuore che fa da basso continuo alla scrosciante sinfonia, a quello che non è più un evanescente miraggio, ma una struggente realtà : l’abbraccio circolare con la delicata bicromia biancorosata di quelle pietre immortali protette dalla cancellata in ferro emigrata nella notte dei tempi dalla Chiesa di S. Maria di Collemaggio, è un tutt’uno.
Come avevo già fatto tante altre volte e come avevo insegnato a più di un amico, mi sono messo al centro del “trilatero†volgendo le spalle all’iscrizione lapidaria voluta dal progettista Tancredi da Pentima nel 1272. Ho chiuso gli occhi per ascoltare con la massima concentrazione quelle coralline voci stereofoniche provenienti dalle stesse viscere di una terra non più maledetta, ma benigna.
La magia di una laicizzata rinascita battesimale, dell’innocenza riconquistata (la mia e quella riconquistabile dai miei concittadini invitati perciò ad affluirvi in massa, appena l’avvenuta messa in sicurezza di Borgo Rivera lo consentirà ), la stessa, se vogliamo, delle donne che nell’immediato dopoguerra qui lavavano e qui stendevano le loro candide lenzuola.
Più di uno studioso ha messo in luce la matrice esoterica di questo intrigante iperspazio architettonico ch’è dentro sì la primeva storia della fondazione della città , ma ne è contemporaneamente al di fuori, essendo proiettato con i suoi taglienti getti delle “improbabili†99 cannelle, tra gli interconnessi tempi-spazi del mistero esistenziale. (Provate a contarle e ricontarle: il risultato non sarà mai lo stesso, anche se il simbolico numero è stato così ottenuto in progress dai pragmatici aquilani, tra un restauro e l’altro succedutisi nel corso dei secoli: 2 ai lati dell’ingresso, 22 nella facciata nord, 38 in quella est, 29 in quella sud, altri 2 agli angoli tra le due facciate; da aggiungere poi, le 6 cannelle senza mascheroni).
Allora, “Che fare� si chiedevano i siloniani cafoni fontamaresi, e, continuano a chiedersi gli esiliati (tali sono anche nelle little towns) concittadini aquilani. Una bruciante risposta? Eccola: riappropriarsi, simbolicamente e visivamente, della città morta. In che modo? Il 6 aprile del 2010 ri/cominciando, magari, da questo spazio imbevuto di una sacrale magicità , la loro risalita verso il Centro antico. Andando a zig zag e non in processione. Seguendo anarchicamente i richiami ancestrali della deriva psicogeografica dei Situazionisti. Spostandosi a caso, per l’intera giornata, liberamente, senza cibo e senza meta, dentro le protettrici mura uterine della loro città fondata sull’acqua (Acquila è una delle etimologie più accreditate) ed innalzata con le pietre. Adesso sbriciolate, metamorfizzate in tonnellate e tonnellate di macerie indecorosamente ammucchiate, quasi fossero un puzzolente sterco e non già schegge impazzite d’una fragrante memoria sfregiata.
Nell’invocato rito di purificazione, si sorseggi ogni tanto l’acqua delle 99 Cannelle “raccolta†nelle borracce, inseparabili compagne di strada dei camminatori di montagna. Guardando in alto per scorgere l’avvento ed assecondare il primaverile volteggio di un’aquila regale. Fermandosi per riprendere fiato. Perdendosi, ritrovandosi e abbracciandosi: nonostante tutto.
* Critico d’arte – Art Director del Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus, fondato nel 1988 (L’Aquila, Via Sassa 15, ZONA ROSSA). Attualmente “naufrago†sulla costa teramana. antonio.gasbarrini@gmail.com