Maggio 2006
Monthly Archive
Gio 11 Mag 2006
Posted by Antonio Picariello under
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Omaggio ai più bei film mai realizzati. Queste opere mettono gioia e rendono la vita bella
 Commedia, Francia (1949) nel piccolo villaggio di Sainte-Sévère sur Indre, gli abitanti si preparano con trepidazione al giorno della grande festa annuale. François è il loro postino timido, bonario e goffo, che tenta con ogni mezzo di rendersi utile partecipando agli allestimenti e scatenando, invece, una serie di disastri che ostacolano il lavoro di tutti. Ma, dopo aver assistito a un documentario sull’efficienza dei postini americani, Francois decide di imitarli e di concentrarsi soltanto sul suo nobile impiego, mentre il resto del paese continua a farsi beffe di lui.
Primo capolavoro di Jacques Tati, “Giorno di festa” reinventa il cinema comico volgendo lo sguardo ai grandi artisti del muto americano, da Charlie Chaplin a Buster Keaton e regalando così il poetico ritratto di un uomo che non vuole adattarsi a osservare il mondo con gli occhi distaccati di un adulto.Â
Gio 11 Mag 2006
Posted by Antonio Picariello under
ComunicazioneNo Comments
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MOSTRA “SPAZI, LUCI, FORME, COLORI : L’arte incontra il paesaggioâ€Â ARTISTI Alunni 4°B, 5°A sperimentale, Liceo Artistico “G.Manzù†di Campobasso A CURA DI : Professori Carmen Del Russo, Cristina Franco, Leonardo Micele INAUGURAZIONE : 13 Maggio, ore 17.00 SEDE : Casa Loreto (recentemente restaurata) – Guardialfiera INTERVENTI : Adriana Izzi, dirigente scolastico del Liceo Artistico “G.Manzù†Antonio Picariello, docente e critico d’arte La mostra conclude un percorso analitico interdisciplinare sul tema del paesaggio: realistico, simbolico, idealizzato, ritrovato.Â
Mer 10 Mag 2006
Posted by Antonio Picariello under
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La fantasia e la creatività degli uomini, forse veramente di ispirazione divina, sono in grado di darci capolavori che entrano nella storia dell’Umanità generando quell’aura di mistero che spinge a chiederci come siano stati capaci di tali opere. Così vale per le grandi opere architettoniche di tutti i tempi, per le arti, la pittura, la scultura e quindi anche per le opere letterarie che da secoli e millenni accompagnano il cammino dell’Uomo. Tra queste non si può non annoverare il grande romanzo di avventure sui mari che è il Moby Dick di Herman Melville, che generazioni di giovani hanno letto o visto nelle rappresentazioni cinematografiche che ne sono state fatte e di cui, per chi lo legge con passione, rimane un ricordo indelebile. Parlare di Herman Melville e del suo capolavoro letterario significa innanzitutto sbaragliare il campo da interpretazioni riduttive che sono state fatte in passato da un critica letteraria astrusa e insensata, volta a minimizzare i contenuti del grande romanzo dello scrittore americano. In passato ci si è limitati a dire che “Moby Dick” è un bel romanzo di avventure sui mari adatto ai ragazzi, dandone quindi una interpretazione che si ferma all’apparenza del testo letterale. La critica letteraria contemporanea, accecata di modernità , ha letteralmente dimenticato il lato oscuro delle cose, che è ciò che crea la storia nascosta del genere umano e che è la causa prima di ogni spinta culturale che determina la generazione di capolavori in ogni campo delle arti umane. Anzi, direi di più, non solo la critica letteraria ha dimenticato i prolegomeni del pensiero antico rintracciabili nella letteratura ma, nel caso in specie, non è proprio riuscita ad individuare un’interpretazione alternativa del grande romanzo di Melville, nel senso che non è riuscita a cogliere il profondo substrato esoterico e cosmologico insito nelle pieghe del testo di Moby Dick. Questa grande opera letteraria non ha, infatti, una sola interpretazione “letterale”, cioè il racconto della caccia alla mostruosa balena bianca da parte del Capitano Achab insieme al suo fedele equipaggio a bordo del “Pequod” nei mari oceanici. Il testo presenta anche e soprattutto una interpretazione esoterica e cosmogonica che è sfuggita ai critici, incapaci di individuarla, e che è rintracciabile nelle splendide e ardite allegorie che questo grande scrittore – la cui mente secondo me è andata oltre le porte del tempo – inserì nel testo. I risultato: una speciale miscela, che si può individuare anche nei grandi poemi dell’antichità , in cui le allegorie del testo richiamano il rapporto tra ciò che sta in basso e ciò che sta in alto, per fare del tutto una sola cosa (questo richiamo alla filosofia della tavola smeraldina è il senso più alto di una filosofia cosmica che ha permeato il pensiero umano per millenni e che apparentemente è andato perduto, ma sopravvive nel pensiero di chi, a stento, cerca di recuperarlo con grande difficoltà proprio perché “nascosto” alla cultura ufficiale). Si può dire così che la critica letteraria si è fermata alla prima interpretazione letterale, senza addentrarsi in quella allegorica, – che richiede la comprensione dello specifico substrato culturale di cui l’autore è portatore – più prettamente esoterica, che l’autore ha inserito nel testo, nascondendola ai profani, ma in modo tale da renderla visibile a chi abbia intuito quale sia la più profonda chiave di lettura.[ Giuseppe Badalucco]
Mer 10 Mag 2006
Posted by Antonio Picariello under
ComunicazioneNo Comments

 

INVITOÂ
con preghiera di diffondere Â
Montaquila e la sua storia nell’ambito delle Terre di S. Vincenzo Â
Associazione Amici di S. Vincenzo al VolturnoÂ
Pro Loco Montaquila Â
PatrocinioÂ
Comune di Montaquila Â
giovedì 11 maggio ore 17,30Â
Sala della scuola stataleÂ
Montaquila Â
Saluto dell’ing. Riccardo Lancini, Sindaco di MontaquilaÂ
Saluto del Presidente della Pro LocoÂ
Saluto del dott. Dino Ricci, Presidente Amici di S. Vincenzo al Volturno  Â
arch. Domenico Di MeoÂ
Montaquila nella storia del suo territorio  Â
arch. Luigi ViscioneÂ
L’acquedotto romano del Volturno Â
arch. Franco ValenteÂ
L’iconografia cristiana e le pitture di S. Michele a RoccaravindolaÂ
Il sito dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno ricostruisce le vicende dell’antico insediamento monastico fondato nel VIII secolo alle sorgenti del fiumeVolturno da tre principi beneventani di stirpe longobarda. La storia dell’importante insediamento benedettino, dalla nascita al declino, è ripercorsa sulla scorta di alcuni passi del Chronicon Vulturnense, antico manoscritto medioevale, e degli scavi archeologici. Le indicazioni degli archeologi hanno inoltre permesso una ricostruzione virtuale del sito monastico che permette di farsi un’idea di come dovesse apparire il luogo al visitatore dell’epoca.Â
Mar 9 Mag 2006
Posted by Antonio Picariello under
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Les Arts Anciens
 Diversa dall’arte delle società occidentali, l’arte tradizionale africana era funzionale e parte intrinseca della vita di ogni giorno. Sarebbe impossibile capire le culture africane senza la conoscenza della loro arte. Nelle società tradizionali africane tutto era strettamente correlato: religione, politica, educazione, lavoro, divertimento. Tutte le arti, musicali, orali, plastiche, erano parti essenziali del tessuto culturale e sociale, ed avevano un ruolo centrale nell’unire tutti i membri della comunità attraverso attività corporative. La scultura ha una parte preminente nei rituali religiosi che sono l’ossatura centrale della vita africana. Essi sono l’elemento di coesione attraverso credenze comuni e partecipazione ai rituali collettivi.- La scultura tradizionale africana, la cui funzione è sempre meglio compresa attraverso studi e ricerche, ci presenta visualmente un complesso mondo di emozioni, e di associazioni di idee. Gli individui sono legati, attraverso l’opera d’arte, alle loro tradizioni culturali. Quest’arte fornisce un elemento di continuità nel mondo africano.
Il linguaggio dell’arte è comprensibile da tutti all’interno dell’etnia. Siamo davanti ad un’arte radicata nella vita quotidiana, ma che oltrepassa la dimensione mondana nel suo significato spirituale e sociale.
L’esperienza estetica della scultura tradizionale africana, rinnova, ricrea e rigenera, il gruppo stesso che la esprime. Le immagini piene di forza infiammano l’immaginazione nella sua ricerca di realtà spirituali e rendono questa ricerca vivida e concreta. Un’arte superba senza sentimentalismi o nostalgie parla, attraverso il tempo, ai nostri bisogni.
L’arte tradizionale africana rende lo spirituale tangibile, conferendogli una forma fisica, e permettendoci di partecipare ai suoi misteri. La dimensione estetica della scultura tradizionale africana è una esperienza ricca e gratificante.
Questi oggetti non sono morte reliquie di un mondo che sta scomparendo, ma vive entità la cui voce ci parla attraverso i tempi.  [Vedi:Ezio Bassani; un grande conoscitore italiano dell’arte africana, Le immagini segrete del pianeta, La magica arte africana, Comparatismo come verità del mondo, Solo Shows -Thierry Fontaine -artista dell’Oceano Indiano, Malangatana come Giovanni da Modena, Jack Beng-Thi, plasticien : arte a forte sensibilia, Omar Calabrese, Due parole sugli archetipi… La Critica D’arte Africana]Â
Mar 9 Mag 2006
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 1946-2006
  Lo stemma araldico dell’ Esercito Italiano, è stato concesso con Decreto Presidenziale del 22 luglio 1991.
Lo smalto rosso simboleggia l’audacia, il coraggio ed il sacrificio  cruento espressi in tutte le guerre combattute dall’Esercito Italiano. Il trofeo caratterizza le Armi che compongono la Forza Armata (i fucili la Fanteria, le lance la Cavalleria, i cannoni l’Artiglieria, le asce il Genio, le saette le Trasmissioni); le due sciabole ricordano il valore e l’impegno profusi da tutti i Corpi dell’Esercito nel corso delle campagne risorgimentali. La granata con fiamma costituisce la rappresentazione grafica di tutte le truppe di terra.Lo scudo è inoltre guarnito dai nastri delle decorazioni alla Bandiera di Guerra dell’Esercito. SCUDO: di rosso alla granata d’oro, infiammata al naturale, attraversante i due cannoni di bronzo al naturale, decussati abbassati, con culatta all’ingiù; essi cannoni e granata attraversanti il trofeo d’armi, formato da due lance di nero, decussate con le punte di argento all’insù e con i puntali dello stesso, muniti di banderuola bifida svolazzante, di azzurro; da due sciabole d’argento con l’impugnatura di nero e con le punte all’ingiù, decussate; da due fucili d’argento, con la cassa di nero e con le baionette all’insù, decussati; da due saette d’argento, poste sopra le asce e sotto la volata dei cannoni; da due asce d’argento, con i manici di nero, poste orizzontalmente, con le lame all’ingiù.
Ornamenti esteriori: sullo scudo corona turrita d’oro, accompagnata sotto da nastri annodati nella corona, scendenti e svolazzanti in sbarra e in banda al lato dello scudo, rappresentativi delle ricompense al Valore. Sotto lo scudo su lista bifida d’oro, svolazzante, con la concavità rivolta verso l’alto, il motto “SALUS REI PUBLICAE SUPREMA LEX ESTO“.Realizzate in alluminio, a rilievo opache, oppure lisce e lucenti, nel corso della seconda guerra mondiale, per penuria dei materiali necessari alla loro produzione furono affiancate e sostituite ovunque possibile dalla versione in filato di tessuto che ancor’oggi spicca al bavero delle tute mimetiche. Risulta però difficile, mancando documenti al riguardo, capire come mai proprio la stella a cinque punte o pentalfa, venne decretata come simbolo unitario delle Forze Armate. Già prima del 1871, gli Ufficiali d’ordinanza del Re e dei principi portavano al bavero una stella a sei punte; in quasi tutti gli Eserciti le “stelle†a cinque, sei, otto punte furono e sono usate quali distintivi di grado così come su diverse bandiere nazionali stelle a più punte campeggiano sui diversi colori. Soltanto nelle FF.AA. italiane le “stelletteâ€, oltre a indicare i gradi, hanno il particolare significato del quale si è detto. Peraltro, una donna formosa, con una stella in fronte o sulla corona portata sul capo, era comune nelle figurazioni dell’Italia dell’800. E’ naturale che quella stella, decisamente vistosa, e che suggerì anche il vocabolo “stelloneâ€, sia assurta a simbolo delle fortune d’Italia.
Tanto da apparire al centro dello stemma “provvisorio†della Repubblica Italiana
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Mar 9 Mag 2006
Posted by Antonio Picariello under
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Film premiato ai Nastri d’argento del 1965, “I pugni in tasca” riassume i temi cari a Bellocchio, che all’epoca era ancora molto giovane. Al centro della vicenda si trovano infatti la religione, la famiglia, l’amore, la patria e la proprietà . Sulle montagne prospicienti Piacenza, in una villa un tempo ricca ed ora fatiscente, vive una famiglia borghese in un isolamento pressoché totale. La madre dei quattro figli è cieca e non gestisce l’educazione dei figli nè l’amministrazione della casa. Piuttosto è Augusto, il maggiore dei figli e il capo famiglia, che sembra proiettato con la mente al momento in cui lascerà la villa. Il suo lungo fidanzamento con Lucia, una ragazza di città , dovrebbe infatti portare presto al matrimonio. I due fratelli di Augusto, Alessandro e Leone, e la sorella Giulia mostrano d’avere disturbi mentali. Leone è affetto da epilessia e non è in grado di ragionare. Giulia, apparentemente normale, è invece ferma ad uno stato totalmente infantile ed è legata da un rapporto morboso al fratello Alessandro. Quest’ultimo, infine, soffre pure di epilessia, ma dimostra una fredda lucidità mentale. Egli difatti, concepisce diabolici progetti di omicidio nei confronti di tutta la famiglia. Un giorno, avendone l’occasione, getta la madre in un dirupo e affoga nella vasca da bagno Leone. Rivela poi l’accaduto alla sorella, la quale gli si mostra alleata per eliminare Augusto. Alessandro, però, palesa una freddezza, che spaventa Giulia. Durante una crisi epilettica, la ragazza si trattiene dall’aiutarlo, abbandonandolo al suo destino. PERSONAGGI E INTERPRETI Ale: Lou Castel Giulia: Paola Pitagora Augusto: Marino Masè La madre: Liliana Gerace Leone: Pierluigi Broglio CAST TECNICO ARTISTICO Regia: Marco Bellocchio Sceneggiatura: Marco Bellocchio Fotografia:  Alberto Marrana Scenografia: Rosa Scala Costumi: Gisella Longo Musica: Ennio Morricone Montaggio: Aurelio Mangiarotti (Italia, 1965) Durata: 107′ Prodotto da: Enzo Doria
Lun 8 Mag 2006
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 Marco Neri (Forlì, 1968) ha posto al centro del proprio paradigma artistico il paesaggio, divenuto autentico medium personale di ricerca e sperimentazione. Le sue realizzazioni riflettono un repertorio vastissimo che attinge alla tradizione pittorica del Novecento italiano per giungere ad una progressiva mutazione, riducendo gli elementi presenti nelle immagini o isolandoli in apposite serie (ritratti, architetture, bandiere). In un rapporto non mimetico con la realtà , attraverso uno stile tecnicamente scarno, l’artista ricodifica il linguaggio formale del paesaggio, ereditato dalla cultura tradizionale, dischiudendo alla pittura figurativa contemporanea infinite nuove possibilità . Lo spazio vi figura come un “non luogoâ€, dove sembra percepirsi l’eco delle persone e del loro passaggio. In un’intervista del 2001 egli ha riassunto così le tappe fondamentali del suo percorso: “Ho lavorato per anni sulla deflagrazione dello sguardo attraverso il paesaggio, poi sulla sua implosione nel ritratto. Successivamente ho messo in relazione queste due esperienze attraverso le finestre e nel 2000 ho affrontato il sogno di un’opera “universale”, un paesaggio/ritratto totale, con la restituzione simbolica di tutte le identità e le terre del pianeta.” Il suo Quadro mondiale, composto di 192 tele raffiguranti le bandiere di tutte le nazioni, campeggiava sulla facciata del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2001 (Platea dell’Umanità , a cura di Harald Szeeman).
– Ho conosciuto Marco Neri all’inizio della sua carriera, era un ragazzo simpatico con il dono della sintesi e dello sguardo. A Sant’Arcangelo, in una strana mostra estemporanea, mi regalò due sue opere, figure a china su carta velina. A.P.
Lun 8 Mag 2006
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Questa video storia, mi è stata inviata da un amico.Io la passo agli amici….
Lun 8 Mag 2006
Posted by Antonio Picariello under
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il modello comparativoÂ
Il comparatismo gode di rinnovata fortuna negli anni recenti. Esso da un lato è l’erede di un’eterogenea tradizione di studi di origine ottocentesca, e dall’altro presenta caratteri squisitamente nuovi. Nato all’inizio del XIX (1800) secolo nel campo dell’anatomia e della grammatica, il comparatismo ha poi conosciuto svariate applicazioni sia nelle scienze umane che nelle scienze naturali. Ma il nuovo slancio che esso trova oggi, con particolare riferimento agli studi letterari, è anche il sintomo di una crisi, e per coglierne il significato può essere utile soffermarsi a riflettere sul contesto storico di questa fine millennio. [G.Lella]  [Vedi:Ezio Bassani; un grande conoscitore italiano dell’arte africana, Le immagini segrete del pianeta, La magica arte africana, Comparatismo come verità del mondo, Solo Shows -Thierry Fontaine -artista dell’Oceano Indiano, Malangatana come Giovanni da Modena, Jack Beng-Thi, plasticien : arte a forte sensibilia, Omar Calabrese, Due parole sugli archetipi… La Critica D’arte Africana]Â
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