Giugno 2006


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Afriche, Diaspore, Ibridi
Il concettualismo come strategia dell’arte africana contemporanea a cura di Eriberto Eulisse AIEP Edizioni, Bologna, 2003 Q
uali sono le sperimentazioni artistiche innovative proposte dalle ultime generazioni di artisti africani? Chi sono gli artisti emergenti e dove lavorano? Qual è il loro apporto nella costruzione di un’estetica transculturale e come si collocano nel sistema globale dell’arte?
Nuove sperimentazioni e strategie concettuali degli artisti africani e della diaspora odierni non sono sempre visibili nelle gallerie d’arte e nelle manifestazioni artistiche a livello internazionale. A prevalere, molto spesso, sono invece espressioni “tradizionali” e stereotipate d’arte africana, tese essenzialmente a soddisfare le aspettative esotiche di collezionisti e del mercato occidentale. Due importanti progetti finanziati dal Forum for African Arts di New York alla Biennale di Venezia (2001 e 2003) hanno tentato di contrapporre a certe obsolete concezioni dell’arte africana un nuovo scenario, valorizzando le espressioni più innovative del modernismo concettuale sorte negli ultimi anni. ” Afriche, Diaspore, Ibridi. Il concettualismo come strategia dell’arte africana contemporanea ” è il volume che ripercorre le tappe di queste prospettive curatoriali, tradotte in italiano per la prima volta. Il libro illustra gli sviluppi del modernismo artistico concettuale africano e della diaspora con un ricco apparato illustrativo a colori e in bianco e nero. Numerosi artisti africani oggi interpretano e traducono con nuovi idiomi espressivi il proprio passato e le proprie esperienze soggettive, filtrandoli attraverso le esperienze del colonialismo e del postcolonialismo, della migrazione e della globalizzazione. Afriche, Diaspore, Ibridi tratta del modernismo e del post-modernismo dell’arte africana e della diaspora a partire da una prospettiva elaborata da studiosi e curatori africani. Il libro raccoglie alcuni dei più significativi contributi di una strategia fortemente critica nei confronti di quelle visioni che considerano ancora l’Africa come un continente arretrato, uniforme e privo di sviluppi storici, dove artisti anonimi cercherebbero d’imitare tout court i linguaggi delle avanguardie occidentali. Obiettivo di questa critica è, in particolare, un approccio curatoriale ” neoprimitivista ” che spesso appare in certe biennali e mostre artistiche a livello internazionale. I saggi inclusi nel volume (che raccoglie i contributi di Okwui Enwezor, Salah Hassan, Valentin Y. Mudimbe, Iftikhar Dadi, Gilane Tawadros, Ali Mazrui, Olu Oguibe, Alessandro Triulzi, Florence Alexis ed Eriberto Eulisse) trattano le arti visive contemporanee dell’Africa e della diaspora in tutte le loro estensioni: video, foto, installazioni, performance, arti plastiche. Particolare approfondimento trovano le problematiche della memoria, della diaspora e dell’esilio; la ricerca di nuove identità; la rappresentatività di queste nuove sperimentazioni nel sistema internazionale dell’arte; le questioni inerenti l’estetica transculturale, nonché le realtà sociali e politiche odierne del continente africano. Il libro propone in questa prospettiva una serie di riflessioni ai confini fra arte, antropologia e scienze sociali, tese a riqualificare il concettualismo dell’arte africana come fonte di contributi specifici nel sistema artistico globale. Afriche, Diaspore, Ibridi è un’iniziativa patrocinata e cofinanziata dal Forum for African Arts di New York, e rivolta in particolare al pubblico italiano per proporre, con uno strumento a un tempo agile e specialistico, l’approfondimento d’un ambito di studi e d’espressioni artistiche ancora poco conosciuti.
Il Forum For African Arts di New York è un’organizzazione senza fini di lucro sorta per promuovere mostre e iniziative sulle arti visive dell’Africa contemporanea. Nel 2001, per la 49ma edizione della Biennale di Venezia, ha patrocinato la mostra Authentic/Ex-Centric: Africa In and Out of Africa, curata da Salah Hassan e da Olu Oguibe, e il cui successo è stato sancito dalla critica internazionale. Nel 2003, in occasione della 50ma Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, ha sostenuto la mostra Fault Lines: Contemporary African Art Shifting Landscapes, curata da Gilane Tawadros. Il libro è stato inoltre realizzato in collaborazione con la rivista Nka, Journal of Contemporary African Art (Cornell University, Ithaca, New York), il Programme Afrique en créations (Afaa, Paris), l’International Institute for Visual Arts (inIVA, London) e la bencivartgallery di Pesaro.Temi principali e autori:L’esperienza modernista nell’arte africana: le espressioni visive del Sé e l’estetica transculturaledi Salah M. Hassan Un problema di luogo: revisioni, diaspore, rivalutazioni di Okwui Enwezor Reprendre: enunciazioni e strategie nelle arti africane contemporanee di Valentin Y. Mudimbe Unpacking Europe di Salah M. Hassan e Iftikhar Dadi Noi, moderni cittadini europei di Gilane Tawadros Aspirante all’universalismo: la cultura occidentale in un’epoca di globalizzazione di Ali Mazrui Il concettualismo africano nel contesto globale: la mostra Authentic/Ex-centric alla Biennale di Venezia di Salah M. Hassan e Olu Oguibe Postfazione:Della vecchia giumenta e altri esilii. Alcune riflessioni su memoria ed esilio di Alessandro Triulzi Appendice La creazione artistica contemporanea in Africa: una posta in gioco culturale ed economica di Florence Alexis

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Caterina Morelli,nata a Terni nel 1976, laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, vive e lavora a Bologna.Personali-2005, les travaux de la chambre, a cura di Patrizia Silingardi, 3-31 dicembre, Dulcisinfundo Piccola Galleria, via Carteria, 104, Modena. Collettive- 2006, FIORI/Fiori, a cura di Donatella Airoldi, 21-30 marzo, Galleria Quintocortile, Viale Col Di Lana, 8, Milano. Small, Medium, Large, a cura di Marina Zatta (Soqquadro), 23 marzo–6 aprile, GARD Galleria D’Arte e Design, Via Dei Conciatori, 3i, Roma. 2005, Cavour Art, presentazione di Sara Dragani, 3-11 settembre, Via Cavour, Terni. “Nuove proposte”, 25 ottobre – 5 novembre, Associazione Culturale Renzo Cortina, Via Mac Mahon, 14, Milano. 2003, Plages N° 100, esposizione in occasione dell’uscita del numero 100 della rivista Plages, 1-12 luglio, Galerie WEILLER, 5, rue Git-Le-Coeur, Parigi. Paradossi visuali, esposizione on-line di poesia visiva a cura di Giorgio Moio edizioniricciardi,2002, Mostra d’Arte tessile, Premio Valcellina 2001, 19 gennaio-24 febbraio, ex Filanda, Via Battiferri, 1, Maniago (PN). Biennale di Pittura “Vivere l’Arte”, 15 luglio-20 agosto, Scuola Elementare, Via Isonzo, Domus De Maria, (CA). 2ª Edizione Concorso Nazionale di Pittura Estemporanea, 21-30 settembre, Galleria d’Arte F.I.A.F.T., Via dell’Ospedale, 33, Terni.2001, Dialogo, 30 gennaio-12 febbraio, Aula Guidi, Accademia delle Belle Arti, Bologna.  Corsie, rassegna d’arte in quattro tempi, a cura di Concetto Pozzati, presentazione di Elena Bordignon. 10-31 marzo, Galleria Sessantaquattro Baricellarte, Baricella (BO). Pitture Zoo 03, pezzi unici in via di proliferazione, 19 aprile (in collaborazione con Alice Volta l’evento “Cercasi Attori”) Link, Bologna. Cercasi Cameramen, 17 maggio(evento in collaborazione con Alice  Volta) sede del D.A.M.S. di Via Barberia, Bologna. Filmasi Film, 26 maggio(evento in collaborazione con Alice Volta) T.P.O. Bologna. Scarpetta d’Oro, 20 ottobre-3 novembre, Villa Pisani, Strà (VE). Corsie, a cura di Concetto Pozzati 27 ottobre-10 novembre, ex fabbrica Via Roma 71, Granarolo (BO). 2000, Spazio Giraffe, 21-28 febbraio Le Giraffe, Bologna. 1999, Arte Era, 30 gennaio-2 febbraio Accademia delle Belle Arti, Bologna. Spazio Giraffe, 10-17 maggio Le Giraffe, Bologna. Arte Compressa, 16-30 maggio complesso Palazzo Mazzolani, Faenza (RA). Alice in Bo (performance),21 maggio, centro storico, Bologna.  Spazio Giraffe, 20-27 settembre, Le Giraffe, Bologna. Percorsi……corsi, via delle Moline, 4 dicembre-7 gennaio Via delle Moline, Bologna. 1997, Mostra del fumetto underground, 9-31 gennaio, Centro Sociale Icaro, Terni. –Concorsi -2005, Selezionata per il catalogo della IIª edizione del concorso di pittura “Premio Celeste”. 2002, Vincitrice del concorso “Selezione Nazionale di Poesia” indetto dalla rivista RISVOLTI. 2001, Selezionata per la mostra della sesta edizione del premio internazionale “Scarpetta d’Oro”. Segnalata dalla giuria della 3° edizione del concorso nazionale “Premio Valcellina”. Vincitrice ex aequo del “Concorso Zucchelli” edizione 1999-2000. Riviste e cataloghi – Pubblicazione di alcuni lavori all’interno dei numeri 3 bis, 4 e 5 dell’ ANTOLOGIA AD HOC, rivista amanuense di poesia visiva, curata da Sergio Cena. Pubblicazione di alcuni lavori all’interno dei numeri 97, 98, 99 e 100 della rivista PLAGES, curata da Roberto Gutierrez. Pubblicazione di alcune poesie verbovisuali all’interno dei numeri 9 con presentazione di Mirko Servetti, 10 e 12 della rivista di poesia visiva RISVOLTI, curata da Giorgio Moio, edita da Edizioni Riccardi. Pubblicazione di un lavoro di poesia visiva all’interno del n° 35 (maggio 2005)della rivista OFFERTA SPECIALE,RICETTARIO DI POESIA INTERNAZIONALE, curata da Carla Bertola ed Alberto Vitacchio. Corsie, catalogo pubblicato in occasione della mostra omonima tenutasi a Baricella nel 2001. Premio Valcellina, catalogo pubblicato in occasione della Mostra d’arte tessile tenutasi a Maniago nel 2002. Techne 02, catalogo pubblicato in occasione della mostra omonima di installazioni interattive tenutasi a Milano nel 2003. Paradossi Visuali, catalogo pubblicato in occasione della mostra on-line omonima. Premio Celeste 2005, catalogo pubblicato in occasione della IIª edizione del concorso di pittura “Premio Celeste”.

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Sono una viaggiatrice senza meta, solitaria, mi appassiono ai percorsi poco battuti.

Da un po’ di tempo frequento le terapie “altre”( molto artistiche)

Il mio viaggio è iniziato quando mi è capitato tra le mani il testo di Alejandro Jodorowsky, Psicomagia (1997 ?), ho capito che c’era in giro un genio e ho deciso di conoscerlo..

Ho frequentato i seminari di Alejandro e di Cristobal , suo figlio, che ha integrato alla psicomagia la sua ricerca psicosciamanica:, da loro ho imparato che la creatività sciamanica è l’espansione dello stato di coscienza e del punto di vista su se stessi. e che lo sciamanesimo è un’esperienza-azione trasmissibile, non un’idea

La psicomagia è fantastica (la conosci già) ma per me è importante incontrare queste persone, la relazione che si stabilisce. Per me da artista a artista, per i terapeuti è un benefico incontro con l’arte.

Cristobal si definisce un mistico free lance (ma nel frattempo avrà gia cambiato altre mille “definizioni”)

Con lui si cerca di superare la percezione parziale di se stessi per giungere alla percezione totale di qui e ora, vivere nel presente equivale a far sparire lo spazio ed entrare nella totalità.

L’immaginazione in azione è energia, è il luogo dell’infinito e dell’eterno che esiste dentro di noi, questo luogo è il fine della ricerca psicosciamanica. La vita sociale, personale e familiare è regolata da schemi, in particolare da schemi legati all’aspetto fisico, all’apparenza; finalizziamo il lavoro all’eliminazione di queste regole per arrivare all’essenza pura, alla disidentificazione totale che libera la vera personalità, che è la divinità, il diamante interiore.

Ho imparato la psicogenealogia, un po’ di simbologia, psicomassaggi, tecniche di potenziamento della creatività, lettura del corpo, relazioni d’aiuto, studi sul denaro e sulle relazioni uomo-donna,…

Ritengo comunque che il mio miglior talento è proprio la psicomagia, l’ho applicata con successo su pochissime persone.

Non ti parlerò di ego, di difficoltà emotive o altre cose che conosci già.

Ti parlerò un po’ del mio viaggio, fin dove posso.

Essere coscienti di un problema secondo Alejandro non basta a risolverlo, bisogna compiere un’atto psicomagico (un’azione metaforica che realizza la pulsione), ma fare questo è difficile perché apre il dolore

E’ un atto di coraggio, è il tentativo di allargare un po’ il proprio limite.

E’ difficile raccontare e non scendere in profondità, temo di banalizzare.

Mi sono sottoposta a un’espianto del cuore perché “ciascuno vede ciò che si porta nel cuore” (Goethe)

Poi ho fatto il massaggio della rinascita, ho sperimentato il parto perfetto.

Ogni volta che ripenso a questi atti provo una profonda commozione…
Rinascendo ho ricevuto un nuovo nome (Stella), sui miei nomi ci sarebbe moltissimo da dire… Attraverso i nomi ho fatto un lungo affascinante viaggio alla ricerca di me stessa
Ho fatto molti altri atti, ormai me li prescrivo da sola.
E’ mia intenzione realizzarne qualcuno come performance artistica.
Un “atto” è un momento “teatrale” in cui la rappresentazione simbolica e il coinvolgimento emotivo in qualche modo sciolgono il nodo doloroso. Alejandro ha più volte ribadito che la psicomagia non e’ una terapia artistica, e’ un’arte terapeutica.

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questa lettera di un docente dell’artistico.manifesto.jpg

La riforma Moratti è stata definitivamente approvata e dovrebbe entrare a regime a partire dal prossimo anno scolastico. Nell’ultima orda riformatrice spiccano, fra le altre, le nuove disposizioni ministeriali, che con certezza decreteranno la fine dell’istruzione artistica nel nostro paese e in Europa, data l’unicità delle nostre scuole artistiche. Una fine annunciata e senza appello.
Per quale motivo ogni volta che si riforma o si mette mano a questioni riguardanti la Scuola vanno perdute potenzialità formative e culturali e, soprattutto, posti di lavoro?
I tre corsi del liceo artistico (“corso tradizionale di I sezione”, “corso tradizionale di II sezione” e “corsi sperimentali”) e gli Istituti d’arte, verranno soppiantati da uno degli otto licei morattiani, il liceo artistico con indirizzo “architettura, design e ambiente”, “arti figurative”, “audiovisivo multimedia scenografia”. E’ sufficiente mettere a confronto il monte ore formativo d’indirizzo specifico nelle scuole sopra citate per capire quanto accadrà: – 2.112 ore di discipline pittoriche, ripartite nei quattro anni del corso di liceo artistico di I sezione, spariranno; – 1.580 ore di discipline pittoriche di indirizzo specifico, previste per i quattro anni di formazione del liceo artistico di II sezione spariranno; – 1.056 ore di formazione specifica dei licei artistici sperimentali (progetto Leonardo) ripartite in cinque anni, spariranno.- sparirà altresì l’Istituto Statale d’Arte; Tutte queste “sparizioni” per far posto a 858 ore (ottocentocinquantotto!) di formazione artistica previste dalla “ricetta Moratti”. Perché quest’insensato e devastante ridimensionamento? Vale veramente la pena di strapagare fior di intellettuali e riunirli in commissioni per arrivare a partorire la conclusione che nel biennio orientativo ci saranno ben 2 ore alla settimana per ogni anno di scuola delle materie di indirizzo specifico, contro le 20 o le 16 ore attualmente previste nei licei artistici? Ovviamente no, ne converrete anche voi. A questo punto basterebbe incaricare un solo insegnante, meglio se precario, a svolgere un ambizioso compito: fare il giro delle scuole per informare la clientela/studenti su cosa si farà nel triennio successivo. E’ questa la filosofia dell’orientamento in atto nel futuro biennio orientativo o propedeutico al termine della terza media. Un biennio assolutamente inutile e declassante per la scuola e la sua utenza.
La tanto decantata aspecificità formativa che dovrebbe favorire un’educazione permanente, mettendo nelle condizioni di” imparare a imparare”, si otterrebbe, secondo il modello di scuola morattiana, semplicemente tagliando il numero delle ore specifiche. Che colpo di genio! Purtroppo, nessun ministro o burocrate addetto alla formazione scolastica, si è mai degnato di riflettere con attenzione e serietà sul valore formativo dell’istruzione artistica, che, aspecifica per natura, promuove una serie di dinamiche sul piano intellettuale ed emotivo all’insegna delle capacità di astrazione e della progettualità, dell’immaginazione creativa, dell’estetizzazione critica ed, in ultima analisi, della libertà di pensiero, valori notoriamente legati ad un sapere divergente. La scuola artistica italiana, ammirata e copiata in tutta Europa, potrebbe rispondere in termini di qualità formativa alle richieste del mercato, in cui la qualità rappresenta la vera ed unica chance competitiva che il nostro paese ha per il futuro. Mai capita fino in fondo per i suoi valori formativi soprattutto indiretti, non interessa a nessuno, non è protetta e non potrà difendersi dallo sfascio. Non potrà neppure contare su lobby corporative o sulla percezione comune generale, come è successo nel caso degli educatori della scienza motoria, che nell’ultima bozza del decreto ministeriale per la scuola superiore hanno fortunatamente riottenuto l’ora di educazione fisica precedentemente sottratta dal curriculum formativo. L’istruzione artistica sarà quindi definitivamente cancellata da un paese che detiene non meno del 40% del patrimonio artistico mondiale, ma non ha la minima capacità o volontà di valorizzare e promuovere questa risorsa. Ma forse non è così! Forse tutte queste riforme, a partire dalla riforma dei cicli del ministro Berlinguer, hanno un senso, uno scopo: promuovere una scuola che formi non cittadini all’insegna della pluralità e della libertà cosciente e civile, ma esclusivamente dei produttori e soprattutto dei consumatori funzionali al taglio economico e sociale che negli ultimi anni si sta irrimediabilmente radicando. Infine ho un’ultima domanda da porre al ministro della P.I.: come verranno utilizzati gli insegnanti perdenti posto della materia specifica di indirizzo “discipline pittoriche”? Oltre agli innumerevoli insegnanti precari, ancora in attesa del dovuto ruolo, che perderanno anche il lavoro precario, senza alcuna possibilità di tutela e, visto l’età media , neppure di riciclo in altra realtà lavorativa (ma si sa, dei precari non frega nulla a nessuno!), che fine faranno i molti insegnanti già in ruolo (secondo un calcolo attendibile non ci sarà più la disponibilità del 35% delle cattedre di discipline pittoriche previste dagli organici di diritto) che, vista la contrazione di ore specifiche, perderanno le loro cattedre?  Mi auguro che l’attuale Governo possegga la forza ed il coraggio di abrogare rapidamente l’intera riforma dei cicli scolastici superiori o almeno di porre immediato riparo all’idiota intento di ridurre l’intero attuale approccio formativo artistico a due sole ore settimanali specifiche.
Roberto Guerrini
insegnante precario nel suo diciottesimo anno di servizio

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Siamo nel 1506. Francesco del Giocondo, ricco fiorentino commissiona, a Leonardo, la realizzazione del ritratto della moglie Lisa. Qui comincia la storia misterica del quadro che in realtà non sarà mai concluso in quanto non porta soddisfazione di limite né all’autore, né all’umanità. Normalmente un’opera commissionata, bene o male, dovrebbe essere consegnata al committente, invece Leonardo se la porta al seguito, prima a Milano poi in Francia dove esala il suo ultimo respiro dopo aver venduto il ritratto a Francesco I per 4.000 scudi d’oro. Bisogna arrivare al 22 agosto 1911, per costatare il passaggio di mano del ritratto dalla sovranità al “popolo” e alla volontà del quadro di voler ritornare a Firenze…”Il furto della Monna Lisa venne scoperto. Il poeta francese Guillaume Apollinaire, ideatore del Cubismo, sospettato del furto, venne arrestato e condotto in prigione. Il 7 settembre anche Pablo Picasso venne interrogato in merito, ma entrambi furono in seguito rilasciati. A quell’epoca il quadro si riteneva perso per sempre. Si scoprì che un impiegato del Louvre, Vincenzo Perugia, convinto che il dipinto appartenesse all’Italia e non dovesse quindi restare in Francia, lo rubò uscendo dal museo a piedi con il quadro sotto il cappotto. Comunque, la sua avidità lo fece catturare quando cercò di venderlo a un mercante d’arte di Firenze; il quadro venne esibito in tutta Italia e restituito al Louvre nel 1913.Ma ritorniamo a Monna Lisa. La signora moglie di Francesco del Giocondo. “Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi, lo lasciò imperfecto…” È il dipinto più famoso del mondo un mito popolare nato dai tentativi di risolvere l’enigma del sorriso e dello sguardo di monna Lisa. Non si può dire che abbia un volto di incredibile bellezza; e se fosse veramente Lisa Gherardini, nata nel 1479, sarebbe una ventiquattrenne alquanto appassita. La signora, benvestita e acconciata con cura, siede di fronte al pittore in una posa che è detta “di tre quarti”: non proprio frontale, ma appena ruotata su un fianco. Questa posa, di gran moda nel Cinquecento, ha la funzione di rendere meno statica la figura da immortalare nel quadro attraverso il lieve movimento suggerito dal corpo e dal volto. All’altezza del busto, dietro la donna è visibile una balaustra con passamano in pietra serena ai bordi del quale sono appena percettibili le basi di due colonnine che, quindi, incorniciano idealmente la figura entro un portico. Come imposto dai parrucchieri dell’epoca, la Gioconda ha sopracciglia rasate e un’attaccatura dei capelli alla fronte tenuta piuttosto alta per mezzo di regolari rasature. La mano sinistra non è molto rifinita. Attualmente una equipe di informatici olandesi ed americani tramite la costruzione di un software rileva che il ritratto mette in relazione i tratti del viso rispetto alle emozioni provate, il celebre ed enigmatico sorriso della “Monna Lisa” esprimerebbe gioia per l’83%, senso di superiorità per il 9%, paura per il 6% e collera per il 2%. Ecco come l’evoluzione scientifica ci svela il mistero, ci dice che la nostra contemporaneità è povera, che il periodo di Leonardo era carico di entusiasmo per prendere coscienza del mondo, che il 1911, è un anno magico dove la gente Comune si appropria della propropria identità, anche se con manovre poco accettabili e che oggi il quadro attraverso un libro e un filmetto ben pubblicizzato, richiama in gara addirittura l’ossatura ecclesiastica. Monna Lisa se la ride. Chissà che donna doveva essere la vera icona in carne e ossa.

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La psicomagia è la testimonianza, inquietante per noi occidentali, dell’esistenza di una forma di terapia e di guarigione che si distacca da tutte le forme ortodosse della psicoanalisi-Come invertire la rotta delle nostre paure, sciogliere i nodi del malessere, sfondare i muri dell’incubo? Agendo, risponde Alejandro Jodorowsky. Compiendo un atto paradossale che scuota l’immobilità patologica di cui siamo prigionieri. Un atto dettato dalla voce dell’inconscio e tradotto nella surreale poesia di una quotidianità trasgressiva e onirica. Jodorowsky ascolta, interroga, esplora il labirinto emotivo dei suoi interlocutori e pazienti. Senza interpretare. Senza forzare i significati. Come un regista abituato alle meraviglie e allo stupore del teatro, raccoglie dai gesti sospesi quello che può riavviare l’azione, riaccendere le luci della scena. Prese le distanze dalla sicumera scientifica della psicanalisi, Jodorowsky propone il semplice abbandono all'”atto psicomagico”, la confidenza tra la profondità dell’esperienza e la complice, quasi omeopatica, adesione alle forme del proprio male. Guarire è, in questa “terapia panica”, una parola stonata. Imparare a essere felici, no.-Uno scrittore che non riesce più a scrivere, un uomo che non trova lavoro, una giovane vietnamita che non vuole riconoscere le proprie radici, un ragazzo geloso del proprio fratello, una paralitica che riprende a camminare… Questi, e molti altri casi, sono trattati e descritti in Psicomagia, dove Alejandro Jodorowsky illustra la sua rivoluzionaria terapia. Lo psicomago parla all’inconscio del paziente con il suo stesso linguaggio irrazionale, assegnandogli come prescrizione un atto paradossale – l’atto psicomagico – che si deve compiere anche senza comprenderne il nesso logico. Cosa c’entra infatti il regalare dodici arance a dodici persone diverse con il problema del fallito rapporto con un genitore? O seminare un numero pari di piantine di grano in un vaso a forma di doppio quadrato con la disoccupazione? E come fa Pachita, una vecchia guaritrice messicana, a estirpare tumori e trapiantare cuori senza incidere con il bisturi il corpo del malato? L’originalità della psicomagia risiede nell’utilizzazione del linguaggio inconscio come strumento terapeutico. Se infatti fino a ora si razionalizzava il sogno per spiegare il mondo interiore, Jodorowsky prende a prestito dall’inconscio il codice di simboli onirici per tramutarlo in azioni, parlare direttamente all’individuo e risolvere i suoi problemi.

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