Quattro anni fa, nel febbraio 2016, alla morte del suo professore Umberto Eco, Antonio Picariello – per molti, abitualmente, Tonino – condivideva con i lettori (non solo) molisani un sentito elogio intitolato «Le lacrime del giorno dopo. In memoria del mio professore». Dalle pagine del suo blog o dalle colonne de Il Giornale del Molise, Antonio affidava la sua testimonianza di dolore ma, al tempo stesso, di rispettoso omaggio e ammirazione verso uno dei suoi grandi maestri universitari (certamente in compagnia di Tomás Maldonado), divenuto tale non tanto per la levatura del saggista-romanziere successivamente da tutti conosciuto, ma per il dono prezioso che sentiva di aver ricevuto: l’epifania e il perfetto incastro del senso delle cose apprese, l’eterea elevazione dell’intelletto e dello spirito grazie alla disponibilità di un nuovo sguardo, capace di generare altrettante innovative visioni e sistematizzazioni del mondo, rendendo chi ne adotta l’efficacia il «re dell’universo». Proprio tale ebbrezza di regalità, ricevuta dai grandi, è stata la sua missione di vita, intuendo che la crescita intellettuale fosse un bene troppo prezioso e appagante da poter essere ignorato o addirittura serbato in privato: ecco allora che ogni atto, ogni gesto, ogni discorso, ogni lezione od ogni performance artistica diveniva testimonianza del suo scopo, fatto di una attività culturale, critica, divulgativa e didattica da diffondere per elevare e appagare chiunque ne venisse a contatto.

Scrivere di Antonio Picariello, tanto più nel giorno della sua dolorosissima scomparsa, significa aprire una sconfinata, densa ed emozionante galleria di ricordi, aneddoti, immagini, discorsi, confronti. D’impulso, ciò sembrerebbe valere per chi lo frequentava da vicino, familiarmente, ma io, suo nipote, sono certo del contrario: Antonio Picariello era un attrattore cosmico, un uomo di una ricchezza d’animo e di intelletto che, senza fatica, riusciva a riempire i vuoti o a far debordare i pieni delle esistenze di chi lo incrociava. Uomo eclettico, esteta ed amante del bello nelle sue innumerevoli forme artistiche: dalla musica al cinema, dal teatro alla letteratura, dalla poesia alle arti figurative, sua passione più nota. Sono certo, allora, che ciascun lettore di queste righe provi la mia stessa sensazione di vastità e acceda agli spazi del ricordo più congeniale o più emotivamente vicino.

Per quello che attiene ai miei, sono orgoglioso di dire che Antonio Picariello era anche un fulcro di vita. Rarissime sono state le volte in cui non l’ho consultato prima di una decisione importante; altrettanto rarissime quelle in cui non ci aveva visto giusto. Nel tempo, dalla mia infanzia ai giorni recenti, ha svolto un apprezzato e già vacante ruolo di mèntore, fatto di lunghi approfondimenti pomeridiani su tutto ciò che un bambino evita, lezioni di chitarra (ho suonato per la prima volta grazie a lui – ironia destinale – wish you were here), Passepartout di Daverio invece del tiggì, accesi dibattiti a tutto tondo, illuminanti riflessioni accademiche, senza tralasciare il fascino del suo archetipo più riuscito su di me: Bologna. Fèlsina, come la chiamavano gli Etruschi, non è stata per noi solo una città, ma un crocevia di situazioni, emotività, persone, affetti dove potevamo incontrarci intellettualmente per avere una chiave di volta che sostenesse l’intero arco. Così Paolo Fabbri (anche quello di Guccini) e il DAMS, Omar Calabrese e la semiotica, Umberto Eco e l’Encyclopédie, Tomás Maldonado e il labirinto, Guy Debord e il Situazionismo, Freak Antoni e gli Skiantos, Pazienza e il ’77 sono divenuti i paesaggi di senso per concepire tutte le cose, anche quelle lontane. A proposito, mentre scrivo vanno le canzoni composte e suonate dai Pika-Moll, duo molisano (Picariello-La Molle) di universitari bolognesi… Sfuggendo, però, da un memento personale, è mio compito e mia intenzione celebrare – semmai ve ne fosse bisogno – Antonio Picariello come figura di rilievo (me lo consentirete) nel mondo dell’Arte e della sua critica, così come della Scuola.

Non potrei elencare qui tutte le innumerabili iniziative artistiche nel tempo realizzate: curatela di mostre, esposizioni, performances, land art, documentari, proiezioni, spettacoli teatrali (memorabile la Tosca dell’Opera al Laghetto –­ Venafro, 2019), programmi radiofonici, così come conferenze, convegni ed eventi artistici internazionali – si pensi al Premio Termoli. L’attività saggistica di critico militante – e talvolta di artista pittorico e romanziere sotto lo pseudonimo di Pilò – ha raggiunto il suo acme con l’ideazione e la creazione del movimento artistico internazionale Archetyp’Art (Italia-Africa), mai tralasciando uno sguardo e un’attenzione particolare al caro Molise, tra i numerosi eventi artistici a respiro nazionale e internazionale (Francia, Argentina, Brasile tra i più emblematici). Allo stesso modo, sarebbe impossibile citare la totalità degli artisti con cui ha collaborato, ma va ben sottolineata la molteplicità e la polimorfica capacità di spaziare tra stili, tecniche e vezzi di ognuno, evidenziando, ancora una volta, il ruolo dell’Arte come potente veicolo di scambio, incrocio e crescita. A riguardo, rimanevo sempre stupito dalla simbiosi che il critico imbastiva con la pluralità dei suoi artisti – dai poeti ai pittori, passando per scultori e musicisti – riuscendo a toccare sempre le corde giuste, tali da rendere la vastità delle tecniche e degli stili o la multimedialità delle forme in connessioni vive e vibranti, capaci di mettere a sistema il tutto ed entusiasmare gli animi. Insomma, l’uomo d’Arte, nella sua accezione più completa, era in grado con qualche sapiente connessione rizomatica del pensiero – arte di cui era espertissimo – e con il giusto rimando o la migliore disposizione delle opere, di donare ritmo e metrica allo spartito dell’evento.  

         Al tempo stesso, l’insegnamento, la didattica e la Scuola – che lo ha messo a dura prova di peregrinaggio prima di accoglierlo come docente in ruolo – erano nutrimento fondamentale per il professor Antonio Picariello. Come detto in apertura, il dono prezioso che sentiva di aver ricevuto da Eco, diventava a sua volta il presente da donare ai suoi studenti. Penso, allora, alle sue generazioni di allievi italiani (dalle prime supplenze lombarde e venete, passando per le varie esperienze in Emilia-Romagna) che vedevano accendere nelle sue sapienti orazioni di Letteratura, Storia o Geografia il fuoco della curiosità e avvicinarsi all’ardore della conoscenza mai didascalica o conformante, ma sempre maieuticamente dirompente. Penso ai tanti temi su foglio protocollo che, come nello strumentario di ogni docente, fanno capolino ciclicamente nelle case e negli spazi domestici d’ognuno: il professor Antonio li leggeva con cura e devozione, entusiasta di scoprire in ognuno di essi quel valore epifanico alla stregua di quello ottenuto nella lettura del trattato di semiotica generale. Penso alla passione per la poesia e alla venerazione di Dante Alighieri, probabilmente per la ineguagliabile universalità e profondità archetipale del suo messaggio d’amore che lo stesso Antonio ha sempre ricercato, senza tralasciare le meravigliose e commoventi interpretazioni dei contemporanei (Ho pianto ascoltando I limoni di Montale), ancor più se amici larinesi di lunga data.

Penso, infine, all’uomo Antonio Picariello, tanto nel suo impegno civile di divulgatore e funzionario dell’Arte nei livelli istituzionali (degno di nota il suo incarico di consulenza del Sindaco Giardino presso il Comune di Larino), quanto nei suoi ruoli di figlio, fratello, marito, padre, zio e amico formidabile e onorabile: pur negli alti e bassi che costellano ogni esistenza umana, posso dire senza timore di smentita che Antonio Picariello ha saputo sempre distinguersi e lasciare il segno, come recentemente qualcuno mi scriveva.

Intendo concludere questo doloroso ricordo affidandomi alle sue parole, anche considerandolo come onorifico tributo alla sua altissima visione delle cose: in queste infauste settimane pandemiche, ho frequentato assiduamente i suoi canali web, tra interviste, riflessioni e preziose testimonianze. In particolare, vorrei rimandare voi pazienti lettori al video denominato «Schola», opera che cristallizza la summa del suo pensiero e la sempre cara memoria storica scolastica, al momento della demolizione di una scuola larinese, restituendo, attraverso i propri ricordi di alunno, una sorta di inconscio collettivo junghiano in un misto di potenti evocazioni sonore che si incrociano finanche nel titolo, in un ibrido tra non impeccabile pronuncia inglese ­– do you remember Pink Floyd? – ed ereditaria dizione avellinese.

Ecco, dunque, le toccanti, profonde e illuminanti parole pronunciate in presa diretta qualche anno fa: «Una scuola che diventa la memoria racchiusa negli scaffali, che fra qualche giorno non ci sarà più. I voti, i registri: chi siamo? ecco cosa siamo, questo siamo noi; ecco dove andiamo, andiamo lì. Costruito un mondo se ne fa un altro e il precedente, quasi magicamente, si dimentica, si abolisce. Una forma biologica del divenire: qualcosa scompare per lasciare posto a qualcos’altro che arriva. Siamo uomini, biologia, botanica, minerali; siamo terra e in questa terra, in questa geo che ci aspetta, in questa geo che ci dice tutti i giorni “forza uomini lottate, forza non perdete il senso della vostra vita!” Ogni atto che avviene è un atto unico e prezioso; ogni atto che avviene è il risultato di questa scuola che ci ha dato la formazione e l’avvenire e che questo avvenire incontriamo adesso in questo momento in cui qualcosa sta per scomparire». «Piange il cuore? No. È una consapevolezza della vita; è la vita che si trasforma; noi che sappiamo che la trasformazione è necessaria affinché si possa vivere; sappiamo anche che tutto questo spazio sarà dimenticato se non per questa documentazione che Matteo sta svolgendo mentre io parlo, a braccio, attraverso i  ricordi. […] Siamo i pionieri di quello che avverrà e questa scuola è il nostro luogo della memoria che ci dona la sicurezza per affrontarlo».

Ebbene carissimo zio Tonino e carissimo professore di una intera comunità, mentre scegli questa data per lasciare le cose terrene, io, al contrario, sento il cuore affranto e cerco di trarre, ancora una volta, un indispensabile insegnamento dalle tue apprezzate parole, pensando che la travolgente vita che ti caratterizzava non sia cessata ma si sia trasformata nel potente luogo della memoria che hai costruito e che grazie a te sarà per sempre un sicurissimo luogo di conforto.

Ciao Tonino,

tuo Daniele

regolamento-14-edizione-ph-2018-2

le mie parole non servono più chiamo a difesa i poeti…. non sono un poeta, non sono nulla per poter difendere ciò che tutti noi che abbiamo un’ anima dovremmo difendere senza indugio….

Solo la morte, di Pablo Neruda (da Resindencia el la tierra)
Vi sono cimiteri solitari,
tombe piene d’ossa senza suono,/se il cuore passa da una galleria/buia,buia,buia,/
come in un naufragio dentro di noi moriamo/come annegando nel cuore/come scivolando dalla pelle all’anima.
[…]
A volte vedo/solo bare a vela/salpare con pallidi defunti, con donne dalle trecce morte
con panettieri bianchi come angeli,/con fanciulle assorte spose di notai,
bare che salgono il fiume verticale dei morti,/ il fiume livido
in su con le vele gonfiate dal suono verticale della morte.
La morte arriva a risuonare
come una scarpa senza piede, un vestito senza uomo,
riesce a bussare come un anello senza pietra né dito,
riesce a gridare senza bocca, né lingua, né gola.
[…]
La morte sta sulle brande;/sui materassi che affondano, sulle coltri nere
vive distesa, e all’improvviso soffia:/soffia un suono oscuro che gonfia le lenzuola;
e ci sono letti che navigano verso un porto/dove sta in attesa vestita da ammiraglio.

Cinzia Tani ospite d’onore con Guadagnuolo ad Aprilia per celebrare la Giornata Internazionale della Donna 2018

“Il Convivio sulla nave tra immaginazione e realtà” l’omaggio di Guadagnuolo a Cinzia Tani in “TUTTI A BORDO!

Sarà la città di Aprilia ad accogliere, nella Festa della Donna, l’ospite d’onore la scrittrice Cinzia Tani e l’artista Francesco Guadagnuolo. Mercoledì 7 marzo 2018 alle ore 11,00 presso l’Aula Magna “Duilio Cambellotti” dell’Istituto “Giacomo Matteotti”.  Cinzia Tani, scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva e radiofonica presenterà l’ultimo libro scritto dall’autrice, dal titolo: “Tutti a Bordo!”, Giulio Perrone Editore, inaugurando la 16ª Edizione del Progetto “Arte in Classe” 2018 con la proiezione della videoarte “Tutti a Bordo!” in omaggio a Cinzia Tani realizzato dall’allievo Daniele Colaiacovo.

Mentre l’omaggio di Francesco Guadagnuolo a Cinzia Tani è una grande opera pittorica “Il Convivio sulla nave tra immaginazione e realtà”, che ha tratto dal suo romanzo “Tutti a Bordo!”, affrontando quei personaggi citati nel libro che hanno tutti a che fare con il mare. L’artista immagina di trovarsi in mezzo tra invitati reali e di fantasia scaturiti dalla mente di altrettanti scrittori. Tutti si raccolgono all’interno di una nave seduti ad un tavolo ovale apparecchiato con ogni tipo di pesce. Sulla balaustra la sirenetta, non vuole farsi vedere, controlla gli ospiti. Al convivio partecipano i due grandi navigatori Cristoforo Colombo e Ferdinando Magellano che discutono delle loro scoperte. C’è anche l’eroe Ammiraglio Nelson che racconta le sue imprese. Il Capitano Nemo ascolta interessato i due navigatori. Siede Ulisse con accanto Penelope, che è venuta a riprenderlo dai suoi lunghi viaggi.  Achab racconta le vicende di Moby Dick, la balena bianca. Il Corsaro Nero conversa delle sue avventure, tesoro compreso. Capitan Uncino si fa vedere assieme al pirata Long John Silver con il suo immancabile pappagallo. Robinson Crusoe se ne sta in disparte con Venerdì. Noè aspetta il suo momento quando ha ritrovato gli ultimi animali per salpare con la sua Arca. Hemingway prende appunti per il suo prossimo romanzo in compagnia del suo amico pescatore Gregorio Fuentes. Da una parte Otello infelice per il tradimento di Desdemona, che sta seduta con gli occhi abbassati confortata da Penelope.

Guadagnuolo trae dal libro di Cinzia Tani una riflessione che ci porta a pensare a questi straordinari personaggi che tutti amano il mare calandoli sugli aspetti umani, come se realmente siamo abituati a conoscerli da tempo. Egli riesce ad instaurare la scena come viva e i personaggi esordiscono occupando lo spazio l’uno dell’altro partecipando al grande convivio.

Alla fine del banchetto “gli amici se ne vanno”, così cantava Ornella Vanoni con voce malinconica riportandoci al reale perché, nonostante tutto, la vita esiste, anche se non vorremo mai lasciare quella nave. Con la fantasia costruiamo la nostra vita con la nostra voglia di ripartire. È un modo per dire che nella vita reale non è tutto splendido. Pensando al tono malinconico di questa canzone ci riporta ai nostri problemi quotidiani, c’è poco da sognare.

 

Interverranno: la Dott.ssa Cinzia Tani, il sociologo Michele Rucco, il Dirigente Scolastico Raffaella Fedele e l’artista Francesco Guadagnuolo.

 

 

 

 

 

Massimo Pulini presenta il suo libro “Mal’ occhio” sul pittore Guercino

Massimo Pulini e  il suo libro “Mal’ occhio – I cinque sentimenti di Guercino” (CartaCanta Editore) incentrato sulla figura di uno dei massimi artisti del Seicento: Giovan Francesco Barbieri detto Guercino.

Il volume è stato realizzato con il patrocinio e il sostegno della The Sir Denis Mahon Charitable Trust, la fondazione inglese dedicata al collezionista e storico dell’arte Sir Denis Mahon e da sempre attenta all’ambito degli studi storico-artistici, con particolare interesse verso il pittore emiliano.

Il romanzo di Pulini è il primo a venir dedicato al Guercino, un pittore che fu talentuoso e geniale, malgrado fosse affetto da una grave forma di strabismo. Esposto allo scherno per la sua “diversità”, il giovane Guercino si forma nella solitudine e nello studio, inseguendo un’ossessiva ricerca di una tecnica e di uno stile unico che, negli anni Venti del Seicento, lo porteranno a Roma, dove otterrà un rapido ma amaro successo. Dentro “Mal’occhio” c’è tutta la galassia di relazioni fra arte e potere, assieme ai dilemmi che il pittore si pone nel suo rapporto coi sensi, coi sentimenti e con l’umanità che gli sta attorno. La vasta narrazione si pone parallela ai dipinti e ai disegni di Guercino: si guarda con gli occhi dell’artista, con quel suo sguardo obliquo, che conferisce una nuova profondità al mondo, consentendo di osservare l’umano paesaggio in modo diverso, più profondo e sincero.

 

Dal 17 Febbraio 2018 al 02 Aprile 2018

RIMINI

LUOGO: FAR Fabbrica Arte Rimini

CURATORI: Massimo Pulini

SITO UFFICIALE: http://www.comune.rimini.it/cultura-e-turismo/cultura/far

COMUNICATO STAMPA:
AR Fabbrica Arte Rimini presenta, dal 17 febbraio al 2 aprile 2018, “PET Island” dell’artista Matteo Peretti (Roma,1975), a cura di Massimo Pulini. Inaugurazione: sabato 17 febbraio, ore 16.00.

“PET Island” si compone di numerose installazioni, alcune create site-specific per l’esposizione romagnola, altre di pregressa produzione. Il materiale plastico risulta essere il filo rosso di tutta la mostra, sia in quanto componente principale di tutte le installazioni, sia concettualmente come tematica che riconduce ad altri temi caldi a sfondo sociale come l’inquinamento, il consumismo e la facile mercificazione.

Peretti per creare la sua “PET Island” gioca con spirito ironico e allo stesso tempo critico sulla notizia dell’enorme isola nell’Oceano Pacifico creatasi interamente dagli scarti plastici mondiali, costringendo lo spettatore ad intraprendere una riflessione critica dal punto di vista umano e sociale, oltre che artistico. C’è nel lavoro dell’artista romano una svalutazione dell’essenza elitaria e individualista dell’arte in direzione di una dimensione allargata e collettiva, del tutto attualizzata, capace di veicolare nel gesto artistico un intento sociale.

Per mezzo del lavoro di Matteo Peretti lo spazio museale del trecentesco Palazzo del Podestà e dell’Arengo diventa, come l’isola di plastica, una realtà alternativa che permette una considerazione più acuta sulle tematiche proposte, suggerendo la necessità di ristabilire una più forte e diffusa consapevolezza a livello sia individuale che collettivo. L’attuale stato del nostro pianeta, della società e dell’individuo, impongono un messaggio globale non nichilista o pessimistico, bensì educativo e portatore di speranza per un cambiamento radicale, possibile solo se operato da tutti noi.

La mostra si inserisce nell’evento espositivo “Arcipelago Peretti”, con la presentazione in contemporanea della mostra di Ferdinando Peretti, “Cuba-Giannutri”, al piano superiore del Palazzo.

Il FAR prosegue così le sue iniziative di eventi espositivi incentrati sul confronto generazionale tra artisti all’interno della medesima famiglia, iniziata con “Trittico famigliare”, mostra che riuniva le opere di tre generazioni di artisti, Primo Conti, Maria Novella del Signore e Tommaso del Signore.

L’evento terminerà con l’inaugurazione della terza edizione della “Biennale del Disegno”, importante rassegna dedicata alle opere su carta dall’antichità ad oggi.

La mostra sarà visitabile da martedì a domenica con orario 10.00-13.00 e 16.00-19.00, chiuso i lunedì non festivi.

 

«Bacco morì e nuovamente risorse/ Sul piano siriano e dorato/ Osiride uscì dalla sua tomba/ E con ciò salvò l’umanità/ Similmente, Adone sparse il suo sangue/ Con un’inondazione siriana e gialla/ Zoroastro fece rinascere/ Mithra dalla sua caverna di terra/ E noi oggi in terre cristiane/ Con loro possiamo congiungere le mani»

« Pagina precedentePagina successiva »